Per iniziare facciamo una premessa sul panorama economico delle famiglie italiane che sembra essere più florido di quanto non traspaia da un sentiment di instabilità. Lo scorso anno il risparmio delle famiglie è aumentato di 80 miliardi, su un totale di oltre 5.200 miliardi di euro: circa 3.000 euro a famiglia nonostante l’inflazione galoppante. Meno liquidi ma più investitori per proteggere il potere d’acquisto.
Sicuramente stanno aumentando le distanze tra benestanti e incapienti ma la fotografia fatta da Fabi, la Federazione autonoma bancari italiani che ha presentato il suo rapporto lo scorso 17 febbraio, racconta un paese economicamente sano. Del resto che gli italiani fossero ottimisti sulle prospettive per il 2024 ne avevamo avuto notizia già l’anno scorso come riportato su Promotion il 21 dicembre 2023. Tuttavia le indicazioni davano una maggiore attenzione alla spesa che si dovrebbe mantenere stabile nel grocery e subire una flessione per ciò che riguarda invece abbigliamento e beni fisici in favore di esperienze. La sfida manageriale si sostanzia quindi nello sviluppare strategie in grado di proteggere valore. Può essere allora utile fare il punto sulle evoluzioni dello scenario nel mondo della consumer loyalty leggendo i segnali che a livello internazionale arrivano da alcuni rapporti predisposti da Antavo (panel di 600 intervistati e 30,5 milioni di interazioni clienti sulle piattaforme gestite), Open Loyalty (panel di 105 esperti di programmi loyalty program) e Gartner.
Le ricerche internazionali confermano che il focus delle aziende sarà concentrato sull’aumentare il valore del cliente nel tempo, diminuire il churn, incrementare la frequenza di acquisto e aumentare il roi. Vista così, niente di nuovo sotto il sole. Quello che sembra interessante è l’indicazione che verranno preferiti investimenti in retention rispetto a quelli in acquisizione. Tuttavia le tendenze sembrano raccontare di un grande futuro alle spalle. Temi già presenti sui tavoli degli specialisti che continuano a ritornare. Vediamo quali sono le parole d’ordine che emergono dalle ricerche.
Segmentazioni predittive. Per Open loyalty i trend che per i manager intervistati avranno un maggiore impatto sul loyalty marketing nei prossimi 2-3 anni sono le segmentazioni predittive, la gamification e i reward esperienziali. Gli stessi indicano che amplieranno gli investimenti a breve proprio nella gamification e nelle meccaniche basate sui game per rendere l’esperienza più interessante e coinvolgente introducendo configurazioni miste, transazionali e esperienziali con meccaniche di challenge, tappe, livelli, rendendo il campaining più piacevole e coinvolgente. Le aziende confermano di voler puntare in maniera maggiore sulla marketing automation, considerata la chiave per perseguire le segmentazioni con l’arricchimento informativo, come anche introdurre reward esperienziali in maniera da rendere il programma unico, incrementare i tassi di redemption e l’utilizzo dei benefit aiutando l’azienda a differenziarsi dai competitor. Il ruolo dell’Ai e le applicazioni nei programmi di loyalty saranno fortemente legati all’analisi predittiva e alla segmentazione svolgendo un ruolo fondamentale nella riduzione dell’abbandono dei clienti e nell’ottimizzazione dei margini attraverso un migliore utilizzo dei dati.
Un tema comune implica l’iperpersonalizzazione, sfruttando i dati per campagne e offerte su misura a ogni punto di contatto, allontanandosi dagli approcci standardizzati per la segmentazione di microtarget per tipi di clienti diversi.
Retention vs acquisition. A questi indicatori si affiancano quelli dell’analisi condotta da Antavo che ha rilevato come le aziende intendano aumentare il proprio investimento nella fidelizzazione dei clienti rispetto all’acquisizione. Da non sottovalutare quindi le trasformazioni dettate da privacy, il ruolo dei dati di prima parte nelle nuove strategie di comunicazione e la protezione dall’impatto delle dinamiche recessive. L’81,4% dei responsabili dei programmi ha confermato che il loro programma di loyalty è stato utile durante la crisi economica, ma che è necessario per 6,5 su 10 di loro rinnovare il programma sia da un punto di vista tecnologico di replatforming, per favorire la facilità di integrazione e coperture omnicanale, sia di meccaniche.
Più emozione, meno razionalità. Si conferma che ci si concentrerà sul premiare i comportamenti non transazionali e offrendo ricompense esperienziali ma con un taglio nuovo. Il 52% di chi pianifica di lanciare un programma di loyalty nei prossimi due anni lo immagina più emotivo che razionale. Tutto questo in una logica di microtargeting. Il 67,1% dei rispondenti pensa che il microtargeting paghi e che i benefici siano maggiori dei costi con un valore della spesa dei clienti che riscattano reward personalizzati più che quadruplicato rispetto agli altri. Sul piano delle novità cresce una tendenza degna di nota: le iscrizioni, i programmi ad abbonamento e i programmi di fidelizzazione a pagamento o premium. In totale, il 26% delle aziende che prevedono di lanciare un programma di fidelizzazione nei prossimi due anni ha dichiarato di voler introdurre un programma esclusivamente a pagamento o una combinazione di programmi di fidelizzazione gratuiti e a pagamento.
Ai generativa. Contestualmente in questo scenario si inserisce la quarta rivoluzione industriale (4ir). “In questa accezione – la definizione è data da Salesforce – s’intende la crescente compenetrazione tra mondo fisico, digitale e biologico. È una fusione di progressi in intelligenza artificiale, robotica, Internet delle Cose, stampa 3d, ingegneria genetica, computer quantistici e altre tecnologie”. Ci interessa molto riflettere sulla intelligenza artificiale, in particolare su quella generativa che sta sconvolgendo il mercato della comunicazione e della creatività, per la sua prepotente capacità di simulare la creazione di contenuti e accelerarne la produzione di contenuto. In realtà l’intelligenza artificiale, o meglio il machine learning, è qualcosa che i pionieri esperti di marketing e loyalty conoscono e utilizzano da almeno 10 anni, soprattutto nell’ambito predittivo, sia sulle customer base sia nella marketing automation. Sempre che la convergenza sia avvenuta tra componenti crm, loyalty e it. Gartner evidenzia alcune previsioni collegate alla rivoluzione della GenIA. Entro il 2026, l’80% dei ruoli creativi avanzati sarà incaricato di sfruttare l’Ai generativa per ottenere risultati differenzianti, richiedendo ai cmo di spendere di più per il talento. Più della metà dei team di marketing (64%) sta già sfruttando l’Ai per creare campagne. Tuttavia, le prime esperienze digitali create con l’aiuto della GenIA sono di basso livello. La prima sfida sarà quella di formare i dipendenti sul prompt engineering e le diverse applicazioni. Sempre secondo Gartner centrale sarà il tema della autenticità dei contenuti. Entro il 2026, il 60% dei cmo dovrà adottare misure tecnologiche di conferma della autenticità dei contenuti e il monitoraggio dando maggiore spazio ai contenuti originali generati dagli utenti (ugc) e validato dall’azienda per contrastare le potenziali alterazioni indotte dalla Ai generativa. Il declino dei social media è un altro insight da tenere bene in evidenza. Entro il 2025, il decadimento della qualità dei social media potrà spingere il 50% dei consumatori a limitare significativamente il loro utilizzo. Per le aziende sarà molto importante disporre di un programma di fidelizzazione differenziato per compensare il calo dell’uso dei social aggiungendo benefici esperienziali.
Gartner li definisce “acoustic brand”, sono quelli che saranno privi di Ai. Entro il 2027, il 20% dei marchi si orienterà verso il posizionamento e la differenziazione basati sull’assenza di Ai nel loro business e nei loro prodotti. Il suggerimento è quello di allineare le pratiche GenIA con le aspettative dei consumatori. La consapevolezza dei consumatori che i contenuti sono generati da Ai e le percezioni di utilizzo di queste tecniche di comunicazione possono generare problemi di fiducia nel marchio e rischi reputazionali. Da queste indicazioni emerge una necessità di fondo. Nei prossimi anni (anzi mesi!) sarà necessario ripensare profondamente i modelli organizzativi e i vincoli interdisciplinari nelle imprese rispetto alle dinamiche dei comportamenti dei consumatori che sono molto più rapidi delle capacità di adattamento aziendali.
Pensare e agire da startup. Inoltre vanno ripensate le integrazioni tra loyalty e comunicazione in quanto sempre di più il replatforming annunciato produrrà una convergenza fortissima tra programmi di comunicazione di brand, customer retention e own media. Se verrà confermata l’intenzione di puntare su questo aspetto si assisterà a un significativo riorientamento degli investimenti media. Non ultimo il ruolo dei consumatori nella generazione e propagazione dei contenuti e dei valori del brand, sempre più coinvolti nei processi di co-creazione della marca. Non solo GenIA quindi. Infine non dimentichiamoci di quello che succede all’interno dei metamondi dove gamification e content creation sono il pane quotidiano di un’intera generazione di nuovi consumatori. Ma di questo non si vede nulla nei report.