Dall’indagine 2023 dell’Osservatorio Fedeltà è emerso che più di 6 aziende su 10, se potessero, rifarebbero il programma fedeltà in modo diverso dalla versione attuale e che solo l’11% delle imprese italiane è molto soddisfatto del programma. Dati, questi, che mettono in luce una forte esigenza di redesign dei vari ambiti della loyalty. I problemi possono essere diversi: il programma non impatta sui kpi identificati (per esempio frequenza di acquisto o scontrino sono bassi), oppure la penetrazione del programma sul fatturato è bassa e il numero di nuovi iscritti al programma è stabile o in diminuzione. O ancora, il programma ha una buona penetrazione su fatturato e transazioni, ma i tassi di engagement dei membri e i tassi di redemption dei premi e delle iniziative nel programma sono bassi. Per tutte queste ragioni si può pensare di ridisegnare il programma fedeltà, ovviamente tenendo conto dell’efficacia dei diversi elementi di un programma loyalty. E in questo senso riteniamo utile condividere i risultati di studi condotti da colleghi accademici in paesi diversi che hanno testato l’impatto di certi elementi dei programmi fedeltà.
Apriamo questa rassegna con uno studio del 2021 (Gopalakrishnan e altri) che ha analizzato l’efficacia di un programma fedeltà di una catena di saloni di parrucchieri da uomo negli Stati Uniti. Il programma ha una meccanica molto semplice: il cliente riceve un coupon di 5 dollari ogni 100 spesi, da redimere nei 90 giorni successivi all’emissione. Non sono previsti diversi livelli del programma e il periodo di osservazione a disposizione è di 30 mesi: 10 mesi pre lancio e 20 mesi post lancio. L’analisi si basa su una coorte di circa 5.000 clienti acquisiti tra i 6 e i 9 mesi precedenti al lancio del programma fedeltà, il 34% dei quali si iscrive al programma stesso. Lo scontrino medio ammonta a 21 dollari: quindi è necessario avere almeno 5 acquisti per riscuotere un coupon. Valutando il redemption rate, emerge che il 5% dei membri del programma ha utilizzato 1 coupon durante il periodo di osservazione.
Su cosa viene misurata l’efficacia di questo programma fedeltà? Lo scontrino medio, il tasso di attività dei clienti (quanti clienti risultano attivi in un determinato periodo), l’average interpurchase time (il numero di giorni che intercorre in media tra due acquisti consecutivi per cliente) e il customer lifetime value, calcolato su un orizzonte temporale di 5 anni. La particolarità del contesto di analisi è che l’azienda dispone di dati a livello individuale di acquisto sia per i membri sia per i non membri.
Una prima analisi descrittiva (si veda il grafico) mostra già una serie di risultati interessanti: il valore dello scontrino medio è simile tra i due gruppi di clienti, ma altri kpi presentano già differenze, soprattutto per quanto riguarda l’average interpurchase time, il numero di transazioni medie e il tasso di attività. Queste differenze – come sappiamo – sono attribuibili in parte al fenomeno dell’autoselezione: di solito chi aderisce alle iniziative di loyalty tende a mostrare dei comportamenti più favorevoli per l’azienda rispetto a chi non aderisce. Questo accade in quanto il cliente membro del programma a priori potrebbe avere caratteristiche diverse (per esempio essere già un cliente alto spendente, avere livelli di fiducia più alta). Quindi le differenze tra membri e non membri in termini di successivo comportamento di acquisto tendono a dipendere in parte da questa diversità e non esclusivamente dall’efficacia del programma. Pertanto, per depurare i risultati dall’autoselezione sono stati costruiti dei modelli statistici che, prendendo in considerazione l’informazione disponibile per entrambi i gruppi precedentemente al lancio del programma fedeltà, hanno generato delle stime di efficacia più affidabili, correggendo per l’autoselezione.
Quali sono i risultati? Il programma fedeltà aumenta significativamente la frequenza di acquisto del 6% in media, riducendo il tempo medio di riacquisto di circa 3 giorni. Nessun impatto risulta esserci in termini di scontrino medio. Il programma fedeltà, inoltre, aumenta significativamente (dal 77% all’82%) la probabilità che il partecipante sia attivo. Infine, il programma fedeltà aumenta il customer lifetime value della base clienti in media del 29%. E si tratta di un programma fedeltà con una meccanica molto semplice: spendo, raggiungo una soglia, ottengo un coupon da redimere entro 3 mesi.
Un secondo studio (Bombaij e altri), del 2022, si è invece concentrato sul verificare l’impatto delle caratteristiche delle short collection sul redemption rate e sulle vendite. I ricercatori hanno analizzato 879 short collection erogate da 86 retailer grocery in collaborazione con un’agenzia loyalty in 45 paesi dal 2006 al 2019. I distributori coinvolti sono attivi a livello locale e internazionale in paesi come Italia, Francia, Stati Uniti, Brasile, Giappone, Sud Africa, Indonesia ecc. Tutti i programmi hanno una struttura comparabile: i consumatori ottengono dei bollini quando raggiungono una certa soglia di spesa e una volta accumulato un certo numero di bollini possono redimere il premio con o senza contributo.
I ricercatori hanno analizzato diverse variabili delle campagne: la durata, il numero di premi unici offerti, la percentuale di sconto offerta sui premi, espressa come lo sconto massimo con cui il cliente poteva ottenere il reward (se il premio è redento senza contributo al raggiungimento della soglia di bollini questa variabile assume un valore pari al 100%). Rispetto al retailer che eroga la short collection è stato anche misurato se ciascun distributore avesse o meno un programma fedeltà strutturato e il tipo di politica di pricing praticata (every day low price versus high-low) e la quota di mercato dell’insegna. Osservando alcune statistiche, riprese nella tabella, si nota subito la variabilità sia in termini di redemption rate (da 0,60% a 83%) sia in termini di durata (da 4 a 26 settimane) e di numero di premi unici offerti (da 1 a 24). Il 70% dei retailer presi in esame dallo studio ha un programma fedeltà strutturato, la maggioranza pratica una strategia di pricing high-low mentre è presente notevole variabilità rispetto alla quota di mercato.
Quali sono i risultati dello studio? La durata della collection ha un effetto a “U rovesciata” sul redemption rate: 18 settimane è il periodo che massimizza il redemption rate, mentre short collection di durata inferiore alle 13 settimane non riescono ad avere un impatto significativo sul redemption rate. E anche short collection più lunghe di 18 settimane sono sempre meno efficaci. I risultati mettono anche in evidenza come al diminuire del contributo richiesto per redimere il premio aumenti il redemption rate. Invece, il numero dei premi unici offerti non ha un effetto sul redemption rate. Per quanto riguarda le caratteristiche del retailer, la short collection ha un impatto significativo e positivo sul redemption rate se il distributore non ha già un programma fedeltà strutturato (la contemporanea esposizione a due iniziative di loyalty cannibalizza in parte l’effetto), se adotta una strategia high-low price e se ha una quota di mercato elevata.
Una seconda analisi è stata poi condotta su un subset di short collection per le quali erano disponibili anche i dati di vendita: i risultati mostrano che il 90% circa delle short collection analizzate si sono rivelate profittevoli, con un aumento della spesa media dei redemers del 19%. Questo studio mette quindi in luce quali leve delle short collection sono più o meno efficaci rispetto al redemption rate e soprattutto evidenzia l’importanza del contesto in cui queste attività di loyalty avvengono: a seconda del tipo di retailer i risultati in termini di efficacia possono cambiare. Pertanto, anche il contesto di sviluppo di una determinata attività va tenuto in debita considerazione nelle valutazioni del programma e del redesign.
Marco Ieva
È ricercatore di Marketing all'Università di Parma, dove insegna Customer relationship management and customer analytics e svolge attività di ricerca scientifica sui temi dell'omnichannel customer experience, del loyalty management, del retailing e della marketing innovation. Dal 2012 è senior researcher dell’Osservatorio Fedeltà dell'Università di Parma, nel cui ambito collabora su progetti di ricerca, analisi dei dati e formazione sul tema della fidelizzazione della clientela. www.osservatoriofedelta.it