Lo scorso anno, i prodotti a marchio del distributore hanno raggiunto, sommando i canali dmo e discount, un fatturato di 26 miliardi di euro, con un aumento del 2,4% rispetto al 2023 e addirittura del 35,4% rispetto al 2019. Se a produrli fosse una sola azienda, sarebbe la quarta in Italia per fatturato. I dati, raccolti dall’analisi Teha (The european house – Ambrosetti) per Adm (Associazione distribuzione moderna) mostrano dunque un segmento in crescita, anche in termini di occupazione e di attenzione dei consumatori e dei produttori al tema della sostenibilità.
“La marca del distributore – ha sottolineato il presidente di Adm Mauro Lusetti – si dimostra, nel contesto della distribuzione moderna, una leva di crescita per il tessuto economico del paese: è un acceleratore per i ricavi e per gli investimenti delle piccole imprese che contemporaneamente stimola le scelte sostenibili”.
L’analisi Teha (“Il ruolo guida della distribuzione moderna e della marca del distributore per la transizione sostenibile della filiera agroalimentare), presentata all’interno di Marca by Bolognafiere, mostra che le aziende il cui giro d’affari deriva per oltre l’80% da prodotti mdd hanno incrementato il loro fatturato, dal 2015 a oggi, dell’8,5%, un dato migliore della media dell’industria alimentare (+3,9%). Ad accompagnare la crescita anche l’aumento degli occupati (+5,5% nel periodo 2015-2023 per un totale di 447mila persone che diventano 2,9 milioni considerando l’intera filiera) e del valore aggiunto (+9,3%). Contro i picchi dell’inflazione, l’analisi rileva che l’mdd ha generato quasi 20 miliardi di euro di risparmi per le famiglie, dal 2020 a oggi.
Secondo i dati presentati da Adm, più di 8 consumatori su 10 fanno riferimento alla distribuzione moderna per la spesa alimentare (65%% tra supermercati e ipermercati, 16% discount, il restante 20% diviso tra mercati rionali, produttori, gastronomia). “La distribuzione moderna – commenta Valerio De Molli, managing partner e ceo Teha – genera in Italia 208 miliardi di euro di valore aggiunto, il 10% del pil tra il valore diretto (oltre 27 miliardi) e la filiera indiretta (181 miliardi). Un settore chiave che da anni coniuga la sostenibilità nella sua accezione più ampia alla crescita, ascoltando le esigenze del mercato: secondo una nostra ricerca recente tre quarti degli italiani intervistati sono stati disposti a spendere fino al 20% in più per un prodotto sostenibile”.
Negli ultimi 10 anni, la distribuzione moderna ha ridotto del 30% le emissioni, passando da 8,7 kg di Co2 per euro generato a 6,2 kg, diventando così un riferimento per molti comparti e per le aziende della filiera produttiva. “Secondo un sondaggio realizzato con Adm in questi ultimi mesi – prosegue De Molli – oltre il 46% delle imprese dell’industria alimentare migliorerà l’efficienza dei processi produttivi, ma è la distribuzione moderna che assume il ruolo di guida per il 58% delle imprese alimentari coinvolte: oltre la metà di loro ha dovuto introdurre cambiamenti per soddisfare i requisiti di sostenibilità della distribuzione moderna, con un impatto molto o abbastanza significativo”. Sempre in ottica di sostenibilità, grazie alla collaborazione con Banco Alimentare, sono state recuperate 14mila tonnellate di cibo nel 2024.