Avere il nome del candidato a fior di labbra? Ma certo! Basta donare alle elettrici uno stick di burro di cacao con le generalità dell’aspirante parlamentare e il logo del partito. È solo uno dei tantissimi gadget che i candidati alle elezioni amministrative e a quelle politiche regalano agli elettori nella speranza di essere contraccambiati con un voto, anzi per non fallire nello scopo alcuni anelanti alla carica procurano loro il normografo. È questo un gadget di grande utilità quando il cognome del politico è poco usuale e il votante, scrivendolo nell’apposito spazio per le preferenze, può concorrere alla sua vittoria, così basta seguire con la matita il tracciato proposto dal normografo.
Se per la stragrande maggioranza dei partiti politici in Europa il momento elettorale arriva mediamente ogni 3-5 anni, c’è però un quotidiano da gestire che è anche una sorta di spartiacque fra due ordini di pensiero.
Ci sono partiti in Europa (e relativi candidati) che adottano il merchandising solo in prossimità delle elezioni e lo elargiscono generosamente agli elettori con l’obiettivo di imprimere il loro nome nella memoria dei votanti e convincerli a preferirli nel segreto della cabina elettorale. I gadget che vengono distribuiti coprono una gamma estremamente vasta tanto quanto correlata al budget disponibile nonché alle mire del candidato per ottenere lo scranno. Cappellini e magliette sono alla portata di molti politici e pubblici amministratori, come pure le immancabili penne a sfera, adesivi, badge, fazzoletti da annodare al collo e mug di ceramica. Altri articoli sono invece più ricercati e tentano di cavalcare l’onda ecologica con un messaggio di sostenibilità ambientale. Fra questi prevalgono le borracce per l’acqua, semi di fiori, quaderni e block-notes di carta riciclata.
Ben diversa è la strada scelta dai partiti che hanno fatto del merchandising una fonte di reddito continuativa, che apporta sostanziosi contributi. Fra questi partiti “business-oriented” alcuni hanno aperto una vetrina online, accessibile nel loro sito web ufficiale, dove come in qualsiasi sito di ecommerce si può caricare il carrello e pagare online, ricevendo a casa i prodotti. Per altri movimenti e partiti la vendita avviene invece nei gazebo posizionati nelle piazze in occasione di eventi o nelle sedi del partito. Così, invece di ricevere il gadget in omaggio dal candidato, è il simpatizzante che ci mette di suo per finanziare la campagna elettorale e per sostenere tutta l’attività del partito.
In Italia i partiti politici non hanno ancora veramente scoperto il business del gadget da vendere ai sostenitori (eccezion fatta durante i raduni in cui è tutto uno sventolare di bandiere e di folle in camicia o maglietta nel colore del partito) e preferiscono sollecitare donazioni in denaro per il loro sostentamento complessivo. Un veloce giro nei siti web dei partiti politici in Europa mostra, qualunque sia la loro posizione nell’arco parlamentare, una certa uniformità nel preferire e sollecitare il sostegno pecuniario, se alcuni partiti lasciano libertà di donazione, altri stabiliscono quote via via crescenti fino a ottenere il titolo di golden donator.
Il confronto con quanto avviene in Usa presenta un gap differenziale non solo per il vertiginoso giro d’affari generato dal merchandising, ma anche per l’ampiezza del ricorso a questo strumento di marketing elettorale. Negli Stati Uniti è un’industria vera e propria che ruota attorno alle elezioni presidenziali (ma anche a quelle di mid-term che portano al rinnovo di Camera, Senato, Governatori degli Stati). Si mette in moto una macchina politico-amministrativa enorme e non meno cospicua è l’industria che fornisce a Repubblicani e Democratici un armamentario di gadget il cui valore economico è nell’ordine di centinaia di milioni di dollari. Praticamente non c’è prodotto food e nonfood che non sia adattabile alla campagna politica, spesso le scritte e le immagini sulle referenze da vendere non solo riprendono il logo del partito, ma includono anche messaggi, o alludono a scelte politiche “sopra le righe” (come le recenti magliette Gulf of America, che travisano la storica denominazione Gulf of Mexico).
Se i gadget sono tanti e forse ancora tanto c’è da inventare, quel che sembra essere assente è un’unicità distintiva. Praticamente gli stessi oggetti sono impiegati da tutti i partiti, cambiano solo gli elementi di identificazione come i loghi, i nomi dei candidati e gli slogan. Nel proliferare delle opportunità è comunque meglio non farsi prendere dalla foga e scegliere con una certa oculatezza evitando l’errore di un candidato al Bundestag in Germania. L’aspirante parlamentare ha regalato ai propri potenziali elettori bustine di preservativi con tanto di logo del partito, se forse è riuscito a convincere qualche sostenitore, sicuramente si è giocato la possibilità di avere una nuova generazione di elettori.