Sempre più si dibatte su temi quali le strategie di azione real time, microprofilazione, personalizzazione, automazione e omnicanalità. I reparti marketing delle aziende e le unità produttive delle agenzie loro partner ripensano i propri assetti, organizzandosi per supportare questi nuovi trend che hanno come comune denominatore l’uso del contenuto per avvicinare, ingaggiare, convertire e fidelizzare il pubblico di riferimento.
Inutile dire quanto sia più oneroso passare da un approccio in cui si produce e pianifica sostanzialmente in modalità broadcasting (poco contenuto destinato a tutti) a un approccio in cui si costruiscono differenti storie appositamente studiate per differenti audience (a ciascuno il suo contenuto). Nei conti delle aziende del mercato statunitense, negli ultimi tre anni si è rilevato un innalzamento del 30-40% dei costi operativi che ricadono all’interno delle voce “content production” e non si fa fatica a vedere come stia accadendo qualcosa del genere anche nel nostro paese, facendo la felicità delle piattaforme di distribuzione pubblicitaria, social network in primis, che hanno posto al centro la profilazione e la targettizzazione. In questo scenario si può notare come sia ancora lenta l’adozione di strumenti e metodologie di misurazione dei dati e di analisi dei risultati che consentano alle aziende di sapere con immediatezza di risposta ed efficacia l’esito delle proprie attività di comunicazione. I player di mercato che però adottano in modo efficace strategie e produzioni di branded content hanno un volume di misurazione delle stesse strategie pari al 500% in più rispetto ai loro competitor (Bcg, Branded Content, 2016). Ciò vuol dire che, generalmente, il ciclo con cui i dati vengono raccolti, aggregati, rappresentati in una vista unica, analizzati e portati agli occhi degli interlocutori deputati a prendere decisioni, in un contesto real-time come quello attuale, richiede un lasso di tempo troppo lungo. Usando una metafora calcistica, è come fare la pagella dei calciatori un mese dopo la partita, anziché la mattina successiva all’evento.
Eppure un ciclo più continuo e ravvicinato di misurazione delle performance, né mensile né settimanale, ma quotidiano, porta una serie di vantaggi competitivi di gran lunga più rilevanti dei costi che ne derivano: dalla normalizzazione del dato stesso (se misuro raramente, il dato che misurerò non sarà uniforme e credibile) passando per il continuo affilamento della strategia di azioni e contenuti, fino alla costante ottimizzazione degli investimenti media.
Si sente sempre più parlare, infine, di “agile marketing” e di quanto questo approccio possa aiutare le aziende a conoscere i propri clienti, adeguando le iniziative di marketing il più velocemente possibile in base al feedback del pubblico. Credo che in questo senso, una delle priorità debba essere l’approccio agli analytics, poiché se il ciclo apprendimento-azione deve essere infinito e il tempo di reiterazione breve, il momento riservato alla misurazione deve essere istantaneo.