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del lancio, quando questo è stato
l’argomento più trattato su Twitter.
E attribuibile anche alla qualità,
alla dimensione multiplayer che
garantisce la socializzazione e alla
presenza in comarketing di marche
come Bulgari, Quicksilver e Klm.
Coca-Cola, invece, stimando che
il 60% degli spettatori durante il
Super Bowl sarebbero stati con-
temporaneamente collegati con un
secondo schermo (smartphone o ta-
blet), ha utilizzato il soggetto pub-
blicitario degli orsi polari on air in
quel periodo per creare un party in
diretta contemporaneamente alla
partita di football americano, con
i simpatici bestioni che commen-
tavano le azioni, le pubblicità, non-
ché i tweet e i messaggi su Facebook
degli spettatori. Il risultato? Oltre 9
milioni gli americani che hanno
partecipato al party degli orsi, per
una media di 28 minuti ciascuno,
contro i 2,5 minuti stimati a priori
dal team marketing. E una crescita
del 38% dei follower di Twitter du-
rante l’incontro.
Pepsi risponde con un programma
di comunicazione su Twitter piani-
ficato per 52 settimane e legato al
mondo della musica. Si tratta del
più grosso budget nella storia di
questo social medium, attraverso il
quale saranno annunciati concerti
improvvisati in piccole location,
resi disponibili anche in streaming
sulla piattaforma di Pepsi. I follo-
wer della marca su Twitter potran-
no anche influenzare la scaletta dei
concerti. E ogni settimana la pagina
di Pepsi conterrà un aggiornamento
sui gusti dei follower e le tendenze
più recenti nel mondo della musi-
ca, e consentirà inoltre di scaricare
brani gratuiti.
In Gran Bretagna Pepsi Max e
Cadbury saranno le prime marche
a lanciare una campagna pubbli-
citaria televisiva coordinata con
Shazam durante la finale del pro-
gramma del sabato sera “Britain’s
got talent”, che attrae una media di
10 milioni di spettatori. Obiettivo
di questo esperimento è verificare
la possibilità di coordinare l’uso
della televisione e di un “secondo
schermo”, valorizzando eventi tele-
visivi per coinvolgere attivamente
il pubblico. Nuove modalità di uti-
lizzo sfruttate anche durante l’ulti-
mo Super Bowl da diversi investi-
tori pubblicitari, chi per donare 1
dollaro a una charity per ogni spot
“taggato” chi, con finalità più pro-
saiche, per reindirizzare gli utenti
su un portale di ecommerce.
Insomma il digitale è sempre più
importante per il marketing delle
aziende, se è vero che Kraft Foods
ha appena strappato a PepsiCo Bo-
nin Bough il suo guru per tutte le
attività sul web e i social media.
E l’importanza risiede non tanto
e non solo nella possibilità di lan-
ciare promozioni volte a incremen-
tare le vendite quanto piuttosto
in quella di rendere possibile una
relazione con i clienti, dando loro
voce all’interno dell’azienda, ride-
finire il proprio posizionamento,
diventare amici, partner, complici,
conquistare fiducia e credibilità,
capire meglio il proprio mercato,
raccogliere informazioni e, in sin-
tesi, migliorare il life value di cia-
scun consumatore.
Tutto oro ciò che luccica? Forse no,
se sono attendibili i risultati di una
recente ricerca dell’Ehrenberg-Bass
Institute, che ha rilevato com’è an-
cora meno dell’1% la quota dei fan
delle 200 marche più importanti
presenti su Facebook che si fanno
coinvolgere a qualche titolo in una
relazione o dialogo. Anche marche
mito come Nike, Old Spice, Harley-
Davidson, Porsche, Ford Mustang,
Jack Daniels e Tiffany & Co. hanno
un livello medio di coinvolgimen-
to di 0,66%. Le 10 con una base di
fan più ampia scendono addirittura
a 0,36%. I livelli di coinvolgimento
più alti sono stati registrati nelle ca-
tegorie degli alcolici, delle auto, dei
cosmetici e dell’elettronica. Quelli
più bassi in dolciumi, prodotti di
largo consumo, catene distributive,
piattaforme social e applicazioni.
Un risultato non sorprendente, te-
nendo conto che tutte le aziende di
prodotti e di servizi di marketing
hanno cominciato ad approcciare il
mondo del web con la vecchia e ina-
datta cultura della comunicazione
classica, bombardando l’interlocu-
tore con comunicazioni intrusive e
non rilevanti. Il contrario di quanto
insegna anche il Bignami del cu-
stomer relationship management.
Senza dimenticare poi la famosa
legge di Pareto. Se il 20% dei clien-
ti rappresenta l’80% delle vendite
delle marche, essi devono diventare
l’oggetto del desiderio dei responsa-
bili marketing. E se gli altri non si
lasceranno coinvolgere, poco male.
*www.aroundmarketing.it
Stimando che il 60% degli spettatori
durante il Super Bowl sarebbero stati
contemporaneamente collegati con
un secondo schermo (smartphone
o tablet), Coca-Cola ha utilizzato il
soggetto pubblicitario degli orsi polari
on air in quel periodo per creare un
party in diretta contemporaneamente
alla partita di football americano.
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luglio 2012