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« Previous Page Table of Contents Next Page »68 gennaio 2012
si fa poco o niente per muoversi in questa direzione. Piuttosto ci si limita a definire dei segmenti di clienti, dedicando a ciascuno di loro un piano di marketing specifico e risorse in funzione delle priorità. Spesso si raccolgono informazioni su di essi, che vengono poi distribuite all’interno dell’azienda per migliorare la conoscenza del mercato servito.
I builder (30% dei rispondenti, operanti in genere in società più piccole) provano a distribuire le risorse in funzione dei bisogni dei clienti, con un approccio basato sull’apprendimento derivante da tentativi reiterati. Per passare da forme di test a un approccio più sistematico, hanno però bisogno di un mandato da parte dei vertici aziendali. Kpi come la quota di mercato o la fedeltà vengono utilizzati per misurare l’efficacia delle azioni implementate. Negli Stati Uniti JetBlue e Zappos rappresentano esempi di aziende che si trovano in questa fase.
I driver sono solo il 5% dei rispondenti e non sono classificabili in funzione della dimensione dell’azienda di appartenenza. Si distinguono per un buon livello di interazioni interne e per uno staff esperto, in grado di gestire la brand experience sia sul fronte degli altri reparti sia nei confronti del mercato. Il prossimo passo per i direttori marketing che si trovano in questo stadio è quello di avere dei responsabili per segmento di clientela, in grado di personalizzare tutte le
variabili del marketing mix (scelta organizzativa di più facile realizzazione nel settore dei servizi e dei beni non banali).
Gli orchestrator (16% dei rispondenti, presenti soprattutto nel segmento business to business) hanno una gestione già personalizzata dei rapporti con la clientela, non solo per le variabili accessorie del marketing mix ma anche per il prodotto o servizio di base. Un buon esempio è Fidelity con i suoi segmenti di investitori. Orchestrare l’intera azienda intorno al cliente significa quindi allinearla ai suoi bisogni, sincronizzare la brand experience attraverso i reparti, i canali e tutte le forme di contatto, sviluppare e utilizzare le informazioni sulla clientela e fornirle un valore percepibile.
Le informazioni relative alla clientela è il tema intorno al quale sono ruotati gli interventi degli speaker presenti alla Loyalty World Conference di Londra. L’investimento nei programmi fedeltà oggi è sempre più giustificato dal flusso costante di informazioni fornite sui comportamenti della clientela. Una quantità enorme di dati che tecniche e strumenti analitici sempre più sofisticati consentono di
trasformare in azioni di marketing che interessano ormai l’intera azienda.
Se una volta, infatti, tali informazioni venivano utilizzate prevalentemente per realizzare azioni promozionali tattiche di vendita, volte a favorire il riacquisto, la frequenza di visita o la crescita della share of wallet, oggi alimentano processi decisionali attinenti al disegno delle caratteristiche stesse del prodotto o servizio offerto, alla sua logistica distributiva, nonché alle strategie di posizionamento di prezzo.
In un periodo caratterizzato dalla profonda crisi economica e finanziaria, che ha portato da una parte a profondi cambiamenti nelle percezioni, negli atteggiamenti e nei comportamenti della clientela e dall’altra a una fase di stagnazione dei consumi, conoscere bene i propri clienti non rappresenta più solo un vantaggio competitivo, ma diviene una condizione indispensabile per garantire la sopravvivenza delle aziende stesse. Perché solo “riconoscendo” i clienti profittevoli si può lavorare nella costruzione di un rapporto solido e duraturo con loro. L’alternativa è infatti di perderli a tutto vantaggio di concorrenti vecchi e nuovi in grado di soddisfare in modo migliore i loro bisogni.
E, siccome il cliente è re, fino a quando permetterà alle aziende che non costruiscono con lui un rapporto soddisfacente di fruire della generosa quantità di informazioni che consente loro di raccogliere, al fine di consentire di conoscerlo e, quindi, soddisfarlo meglio?
Se questo è lo scenario, assume sempre maggior importanza il ruolo degli intermediari che per conto delle aziende raccolgono i dati e li trasformano in insight così potenti da alimentare non solo le tattiche ma anche le strategie delle marche. Parliamo dei leader nel settore delle coalition, come Aimia, LoyaltyOne e Loyalty Partner, ma anche di quelli nel campo del retail customer centric, come 5one, Dunnhumby e Eyc.
La quantità di dati grezzi è enorme, anche perché i punti di contatto con la clientela si sono moltiplicati, grazie al web e alle soluzioni per smartphone e tablet, oltre che per i crescenti investimenti realizzati in nuovi media in store. Le direzioni sistemi delle aziende, d’altro canto, non hanno a disposizione le risorse necessarie per sviluppare gli strumenti più innovativi da offrire agli utenti interni, coinvolti nell’approccio marketing che mette il cliente al centro. Anche per questo l’offerta di strutture che offrono questo servizio strategico in outsourcing, definite in ambito internazionale “datarati”, è in continua crescita. ●
*Around Marketing – www.aroundmarketing.it
L’occhio globale
In tempi di crisi conoscere bene i propri clienti non rappresenta più solo un vantaggio competitivo, ma una condizione indispensabile per la sopravvivenza delle aziende
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