È
davvero possibile annoverare tra i grandi nell’arte di vende-
re negozi che hanno eliminato tutto il superfluo e persino le
shopping bag per il cliente? A mio parere sì. Per questo pro-
pongo il caso di un assoluto fuoriclasse del “minimalismo”:
Costco Wholesale Club. Certo, la differenza tra questo hangar stipato
di merce collocata su pallet e il Crystals di Las Vegas pubblicato su
Promotion Magazine 139 è tanta. Tuttavia, per osservazione diretta
posso affermare che entrare in uno dei 500 Costco sparsi negli Usa
costituisce una “consumer experience” di una certa consistenza.
Il programma è semplice: comprare tutto l’immaginabile di un enor-
me assortimento esposto su una superficie che può raggiungere an-
che i 20.000 mq. Per quanto strano e spoglio possa apparire questo
ambiente, esso è in grado di comunicare la frenesia dello shopping
sfruttando innanzitutto due fattori. Il primo è il sentirsi parte di un
club che consente l’accesso a questa caverna gremita di tutto ciò di
cui una famiglia di classe media può aver bisogno. Peraltro, chi ha
sottoscritto la tessera annuale d’ammissione può portare con sé un
amico che ne è sprovvisto (e che probabilmente cercherà ben presto
una propria autonomia sottoscrivendola anch’egli). Il secondo fatto-
re si fonda sull’idea di poter frugare liberamente nel luogo proibito
per eccellenza, ovvero il magazzino di un grande retailer. Questo è
il sogno nascosto di tutti i consumatori, sotto le sembianze dei qua-
li si nasconde, tanto o poco, il vorace “cacciatore di occasioni”. In
barba ai richiami di luci, decori e colori degli shopping mall, poter
prelevare direttamente le merci dalle scaffalature di stoccaggio ha
Price-chopper per antonomasia, il retailer
americano accatasta merce per soddisfare
il vorace cacciatore di occasioni, che torna
a casa con il bagagliaio pieno, ma più ricco
di prima per aver risparmiato
Costco e la filosofia
del troppo di tutto
Osservatorio Popai
di Daniele Tirelli*
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SPAZI
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luglio 2012