< PreviousCOPERTINAPromotion MAGGIO GIUGNO2018Il gruppo torinese si avvale del marketing comportamentale e della tecnologia delle customer data platform per restituire percorsi di fedeltà in real time ritagliati su esigenzee aspettative dei singoli utentiFulvio FurbattoCEO di ADVICE GROUPADVICE GROUPNUOVI PARADIGMI DI LOYALTY, TRA MARKETING COMPORTAMENTALE E INTELLIGENZA ARTIFICIALE9COPERTINAPromotion MAGGIO GIUGNO2018Andrea Demodena Francesca Cannella L a “A” del logo è rappre-sentata da due onde che s’incrociano, a ricordare che si può andare anche controcorrente. È ciò che si è proposto di fare Fulvio Furbatto quando nel 2006 ha fondato a Torino Advice Group (la “A” del logo l’ha disegnata personal-mente), puntando fin da subito sul digitale per ingaggiare e fidelizzare i consumatori: oltre 1.000 progetti di fi-delizzazione che hanno coinvolto più di 10 milioni di persone e mappato circa 6 miliardi di azioni-utente. Oltre 40 brand, da Lavazza a Barilla, da Plasmon a Coca-Cola, da Groupama ad AS Roma, da Santander a Sam-montana, da Parmareggio a Peroni; e ancora Becks, UnipolSai, Mulino Bianco, L’Erbolario, Chubb, Dompé, ma anche Expo2015, Quattroruote e molti altri. Oggi Advice Group è tra le aziende a più alto tasso di crescita in Euro-pa, secondo il Financial Times Rank 2017, e vincitrice di numerosi premi, come, tra i più recenti, i Promotion Magazine Loyalty Awards 2012 per “Pan di Stelle collection”, i Loyalty Awards Emea 2014 per “Accademia Tre Marie”, il premio Mediastars 2015 per “Expo2015 - Padiglione Azerbai-jan”, il Grand Prix Relational Strategies 2016 per “Tesori del Gusto” (brand Parmareggio e Casa Modena) e, di nuovo, vincitrice dei Loyalty Magazi-ne Awards Emea 2018 con la ghost loyalty di UnipolSai nella categoria "loyalty without a name". Da qual-che anno, inoltre, Advice Group ha iniziato un percorso d’internaziona-lizzazione che l’ha vista aprire sedi nei mercati emergenti dell’America Latina. Punto di partenza della formula messa a punto da Furbatto è che i program-mi di loyalty non devono essere pen-sati per pochi heavy user (in particola-re i clienti alto-spendenti), ma devono abbracciare una strategia più ampia per coinvolgere tutti i clienti, anche gli occasionali, permeando ogni tou-chpoint per recepire le informazioni da ogni utente e configurare percorsi unici e personalizzati all’interno della relazione marca/cliente. “Oggi le aziende investono molto nella loyalty - dice Fulvio Furbatto - ma non sono capaci di parlare ai consumatori, che tendono a essere sempre meno fedeli, com’è dimostra-to dall’elevato tasso di switch da un brand all’altro. Come fare perché la loro attenzione non si volatilizzi? Ciò che noi proponiamo è di abbandona-re i programmi e i reward tradizionali, che faticano a raggiungere il loro obiettivo di fidelizzazione, a favore di un nuovo paradigma basato sull’analisi del comportamento, una nuova forma di loyalty in cui il marchio cede valore sotto forma di maggiore coinvolgi-mento e servizi rapidi e personalizzati che premiano giorno dopo giorno (attimo dopo attimo) non tanto l’atto di acquisto quanto le interazioni di valore intercorse con gli utenti”. L’agenzia sviluppa campagne di enga-gement promotion e real time loyalty, rivolte sia al consumatore sia al trade, basate sulla mappatura dei comporta-menti degli utenti attraverso strategie di loyalty digitale e digital crm (dal community management alla big data analysis, passando per i relationship program). Per farlo Advice si avvale della propria cdp (customer data platform), piatta-forma che, lavorando con tecnologia di business intelligence e machine learning, analizza le informazioni raccolte e autoapprende per svolgere funzioni di data mining e marketing automation. Sono sistemi di mappatu-ra che - in tempo reale - raccolgono, connettono e integrano i dati a dispo-sizione, non solo quelli legati ai dati ADVICE GROUPNUOVI PARADIGMI DI LOYALTY, TRA MARKETING COMPORTAMENTALE E INTELLIGENZA ARTIFICIALE Oggi le aziende investono molto nella loyalty, ma non valorizzano i comportamenti dei consumatori, che tendono a essere sempre meno fedeli, com’è dimostrato dall’elevato tasso di switch da un brand all’altro COPERTINA10di acquisto, ma anche all’interazione valoriale marca-utente, quindi per esempio member get member, survey, azioni social e referral, partecipazione a eventi e molto altro. La piattaforma di Advice permette anche di tracciare la navigazione anonima degli utenti e le cosiddette azioni “passive” - servizio che già svolge nel settore automotive (visualizzazione di pagine web e dei listini, monitoraggio dei configuratori auto ecc.) - per poi suggerire azioni e servizi personalizzati che portino van-taggi concreti all’interno di un’expe-rience continuativa e premiante. I dati raccolti permettono di creare database anagrafici e comportamentali sempre aggiornati che arricchiscono il crm aziendale. “Le customer data platform - sottoli-nea Furbatto - sono la chiave di volta della ‘ghost loyalty’, la loyalty che c’è, perché di fatto i consumatori vengo-no ingaggiati e premiati, ma non si vede, perché si dispiega in una serie di iniziative che non sono etichettabili nelle attività di fidelizzazione classiche, perché hanno meccaniche diverse. Amazon Prime, il servizio di Amazon che ingaggia, coinvolge costantemente i propri utenti e li ricompensa con vantaggi one to one, è un caso emble-matico di ghost loyalty che dimostra come il nuovo paradigma permetta di raggiungere risultati ottimali in termini di vendite e soddisfazione della clientela”. Ed è con un approccio di ghost loyalty che Advice Group ha riformulato le attività di comarketing di UnipolSai Assicurazioni. Una cdp dedicata ha connesso tutte le attività promozionali attivate nell’ambito dei progetti di co-marketing nel corso di 3 anni (dal 2015 al 2017), realizzando 20 progetti con numerosi partner (tra cui Mediaset Premium, Infinity, Di-sney Pixar, Bosch, Amazon e Apple). Progetti che a prima vista potevano sembrare scollegati tra loro, ma che in realtà sono diventati parte dello stesso percorso d’ingaggio e fidelizzazione. “La loyalty - spiega Furbatto - non è il punto di arrivo ma un viaggio da per-correre day by day insieme al consu-matore. È una rivoluzione che mette al centro l’utente, le sue esigenze, le sue opinioni, le sue emozioni”. Loyalty revolution non solo per i top brand Un solo ampio progetto che si dirama in diverse iniziative su più mezzi, tutte egualmente premianti per il consumatore. È questa la formula alla base di “Più Mukki più vinci”, l’attività di behavioural loyalty messa a punto da Advice Group per il brand della Centrale del Latte della Toscana che, iniziata (nel 2015) come collection digitale, si è evoluta arrivando a coin-volgere tutti i touchpoint del marchio lattiero-caseario. Oggi alla raccolta punti sono collegati anche un concorso, una short collection, un digital loyalty program, l’app dedicata e una serie di eventi organizzati sul terri-torio (come Mukki day, Stalle aperte e Mukki sport) ed evolverà con la creazione di una vera e propria community, per offrire ai clienti Mukki uno spazio di interazione digitale tra loro e con il brand stesso. Tutti i touchpoint sono connessi a una cdp (customer data platform) che integra le informazioni raccolte, le analizza e le riclassifica per dialogare in tempo reale con i consumatori. Il progetto ha previsto anche l’invio di survey alla user-base in cambio di vantaggi, e quasi il 30% dei consumatori interpellati ha risposto ai questionari, contribuendo a stimolare la brand awareness e a trasformare il programma di loyalty in uno strumento di r&d per l’azienda. Da quando è stato avviato “Più Mukki più vinci”, il brand Mukki è riuscito a costruire un database anagrafi-co e comportamentale dei propri clienti, utile per interagire in modo personalizzato e suggerire nuovi acquisti, raggiungendo importanti risultati in termini di coinvolgimento degli utenti, al punto che nel 2017 il numero di coloro che si sono registrati al programma è triplicato rispetto all’anno precedente. Advice Group si è recentemente aggiudicata i Loyalty Awards di Londra 2018 nella categoria "Loyalty without a name" con l'attività di ghost loyalty realizzata per UnipolSai.Promotion MAGGIO GIUGNO2018A osservare il marketing nel largo consumo non si può fare a meno di notare una sorta di disturbo che affligge molte delle aziende: la difficoltà a mettere a fuoco il consumatore. Una specie di miopia che porta l’industria a visualizzare distintamente solo ciò che ha più vicino: il distributore. È quanto sostiene anche da queste pagine Daniele Tirelli, direttore di Amagi e presidente di Retail Institute of Italy. Eppure il mercato rende disponibili lenti per correggere questo difetto. Ci sono tecniche d’ingaggio per connettersi al mercato (le promozioni), tecnolo-gie per raccogliere i dati, competenze per analizzarli e farli fruttare per costruire una relazione solida e duratura tra brand e cliente. È questo il tema di Touch, l’evento organizzato da Promotion Magazine, giunto al suo quarto anno, che si è svolto lo scorso 30 maggio presso la futuristica Samsung Smart Arena, un punto di osservazione per comprendere il mercato, guidati dallo sguardo attento di alcuni protagonisti che hanno provato a rispondere ad alcune domande essenzia-Durante la quarta edizione di Touch sono stati analizzati gli approcci, le esperienze e le strategie che compongono il nucleo centrale delle attività di customer engagement volte al miglior utilizzo delle nuove tecnologie Christian CarosiPromotion MAGGIO GIUGNO201812La loyalty deve essere ripensatanell’era del data driven marketing SCENARI61% il tasso di switch dei clienti da un brand all’altro87% il tasso di abbandono del programma di fidelizzazione da parte dei clienti13Promotion MAGGIO GIUGNO2018SCENARIli: come fare marketing? Ovvero come stabilire una relazione con il mercato che consenta di stringere un patto di fiducia con i consumatori, misurarne la soddisfazione e interpretarne i bisogni in modo da rispondere con prodotti (e atteggiamenti) da loro sempre più graditi? Come diminuire i flop legati al lancio di nuove referenze ed essere nel 10% dei prodotti nuovi che si salvano dalla selezione innaturale del mercato, secondo quanto si chiede Daniele Tirelli nel suo saggio “Darwin al super-mercato” (in corso di pubblicazione)? “Le imprese - ha spiegato Fulvio Furbatto, ceo di Advice Group, devono attivare tutti i loro touchpoint, offline nello store fisico o online nel web o nei dispositivi mobile, per rac-cogliere informazioni, per semplificare la customer journey, per personalizza-re l’ingaggio e costruire una relazione emozionale che vada oltre l’atto di acquisto. La loyalty non è un program-ma di reward, ma il comportamento che deve avere un’impresa per stare sul mercato. Finché la fidelizzazione verrà considerata soltanto come una leva tattica per incentivare gli acquisti, assisteremo al naufragio della relazione con il consumatore, come dimostra l’elevato tasso di switch da un brand all’altro (61% dei clienti) e l’elevato tasso di abbandono del programma di fidelizzazione (87%). E questo è tanto più grave in quanto il 90% delle azien-de investe in attività di engagement e loyalty, con la convinzione di far bene, a fronte di un solo 15% di consuma-tori che si dichiara soddisfatto. Eppure oggi è possibile personalizzare l’espe-rienza d’acquisto di ciascun utente, grazie all’integrazione tra business intel-ligence e machine learning, dotandosi di piattaforme customer data platform che raccolgono e analizzano i dati provenienti da tutti i touchpoint e definiscono cluster comportamentali Alpitour con il suo programma punta alla fedeltà allargataAttivo da ottobre 2016, il programma fedeltà di Alpitour “You & Sun” si è evoluto nel tempo per rispondere meglio alle esigenze di un gruppo turistico integrato che è arrivato a coprire tutta la filiera della vacanza, dal tour operating all’aviation, dall’in-coming all’hotel management e alle agenzie viaggi. “Il 94% del nostro business - spiega Elena Usilla, responsabile crm & social media di Alpitour - è intermediato e solo il 6% dei prodotti viene acquistato attra-verso il nostro sito e il nostro call centre; inoltre, l’acquisto di una vacanza avviene in media ogni 2 o 3 anni e conseguentemente era nata l’esigenza di trovare il modo di coinvolgere i clienti an-che in momenti diversi da quelli dell’acquisto”. Ne è derivata una strategia diversa da quella classica che prevedeva il solo ac-cumulo dei punti sulla base della spesa, a favore di un programma più dinamico e ingaggiante che coinvolge i clienti aderenti al programma, gli agenti di viag-gio e persino il pubblico non cliente che si trova a entrare in contatto con il mondo Alpitour, per esempio attraverso il canale social con la possibilità di parte-cipare a un instant win (in palio buoni sconto da 100 euro per una vacanza). Per poter accedere al club è richiesta la registrazione con i propri dati personali, e si partecipa all’estrazione di un viaggio nel mese dell’iscrizio-ne. Nel caso di acquisto di un pacchetto è previsto un sistema premiale che non punta tanto sulla soglia di spesa, ma incentiva con sconti gli acquisti successivi; per i clienti altospendenti, poco attratti da scontistiche, sono previsti vantaggi diversificati, dall’alto contenuto emozionale. “I risultati del primo anno - dice Usilla - sono stati decisamente positivi: 11.550 soci iscritti, il 15% dei quali ha effettuato più di un viaggio, 4.800 buoni emes-si, grazie anche al coinvolgimen-to di 18 aziende partner, 1.300 giocate valide al mese sui canali social da parte del pubblico, oltre 450 giocate valide al mese da parte degli agenti di viaggio”. Antonio Votino (Icteam) ed Elena Usilla (Alpitour).SCENARIPromotion MAGGIO GIUGNO2018utili per avviare un dialogo persona-lizzato con ogni singolo consumatore. È però necessario che all’interno dell’azienda ci sia maggior collabo-razione tra marketing management e it ed è importante acquisire nuove figure professionali (molte aziende lo stanno già facendo) come il data scientist, in grado di ricavare insight da enormi quantità di dati, allo scopo di contribuire a definire obiettivi aziendali e soddisfare esigenze specifiche del mercato”. La tecnologia è certamente funzio-nale a innescare quel circolo virtuoso capace di sancire il patto di lealtà tra marca e mercato che rappresenta il vero processo di fidelizzazione. Ne è convinto Antonio Votino, respon-sabile divisione loyalty e direct marketing di Icteam: “Le aziende hanno oggi tutti gli strumenti per seguire il cliente lungo tutto il percor-so di acquisto, dal suo domicilio fino al punto di vendita, sia esso fisico o digitale, fino a oltre la transazione e seguirlo nelle sue interazioni con il prodotto o la marca. Un’accorta strate-gia di loyalty crea una relazione che va gestita nel tempo, rispettando le regole poste all’origine del patto con il cliente e tutti gli stakeholder, rappresentati per esempio dal trade e dal distributore”. Un esempio virtuoso in questo senso è il programma fedeltà di Alpitour “You & Sun”, che prevede il coinvolgimen-to sia degli acquirenti (con attività di gaming, couponing, sconti) sia degli agenti di viaggio, mediante attività di gaming e incentivi, attraverso una piattaforma online collegata anche ai profili social. Gli strumenti d’ingaggio, di acqui-sizione dati e di analisi sono senza dubbio determinanti per supportare le strategie delle aziende. Rappresentano il motore del marketing. Occorre però che, all’interno dell’azienda, ci sia chi Al supermercato si combatte la guerra delle preferenze A chiusura di Touch la tavola rotonda “Darwin al supermer-cato. È il cliente a scegliere o è già tutto deciso dall’inse-gna?” ha visto confrontarsi Rossella Brenna, mar-keting & sales director di Unes, e Matteo Ghidi, responsabile marketing e trade marketing di Parmareggio, con Danie-le Tirelli, presidente di Retail Institute of Italy e direttore generale di Amagi, e autore del saggio “Darwin al supermercato” (in corso di pubblicazione). Il tema principale viene scandito subito in maniera chiara: i consumatori riescono davvero a fare scelte in base alle loro preferenze oppure non fanno che riconosce-re categorie di prodotti e marche collocate secondo un ordine che ben poco dif-ferisce da insegna a insegna? E Tirelli sostiene che nel supermercato si coagulano le spinte e le pressioni di agenti economici diversi che cercano di far sopravvivere il loro prodotto e afferma che sarebbe interessante studiare il ciclo di vita di un prodotto con un metodo analogo alla biologia per capire l’aspetto ontologico del prodotto, e quali sono i motivi alla base delle preferenze dei clienti. “Il consumatore - replica Rossella Brenna - prima di tutto si pone il problema di dove andare a fare la spesa: nel negozio di prossimità, ma-gari meno fornito e più picco-lo, ma sicuramente più como-do, o in un grande punto di vendita, con un assortimento gigantesco che può anche mettere a disagio chi deve acquistare. Certamente, dove entrano in gioco le promozio-ni, diventa vincolante la scelta di assortimento della catena o del singolo punto di vendita, e si affievolisce la capacità di distinguersi dalla concor-renza. Unes sta creando una selezione di prodotti di cui si fa garante: lo ha sperimenta-to con la linea ‘Il Viaggiator Goloso’, nata con l’intento di creare ricette ad hoc e un rapporto con la filiera della produzione per offrire prodotti unici e distintivi oltre che con un rapporto qualità/prezzo unico. Fondamentale è il punto di vendita, che rappresenta sempre più un touchpoint di comunicazione al cliente; e un ruolo fonda-mentale per la proposizione attiva dei prodotti hanno gli addetti alle vendite”. Tirelli sottolinea che i convenience fanno emergere un dato spesso trascurato, ossia che il tempo impiegato negli acquisti e negli atti di consumo è una parte essen-ziale del valore e prezzo, ma sostiene che la maggior parte delle aziende nazionali e di medie dimensioni si accon-Da sinistra Matteo Ghidi, Rossella Brenna e Daniele Tirelli.1415Promotion MAGGIO GIUGNO2018SCENARIdecide il percorso, traccia la direzione e convince i passeggeri a intraprendere il viaggio. “La leva emozionale - sotto-linea Giuseppe Maria Ardizzone, managing director di Roncaglia Relationship Marketing e stra-tegic planner di Gruppo Ronca-glia - è prioritaria, dal momento che la relazione tra cliente e marca ha un indice superiore a quello della raziona-lità e la capacità attrattiva dell’aspetto emozionale è superiore al valore della marca. Il ricorso massivo alla tecno-logia rischia di ridurre la loyalty a un aspetto meccanicistico, spersonalizzan-do la relazione con il cliente e trasfor-tentano di entrare nel punto di vendita con i loro prodotti senza preoccuparsi di verifica-re quanto essi siano effettiva-mente compresi e graditi ai consumatori che costituiscono il loro target. In pratica sono sorprendentemente guidate da una logica di prodotto, più che da un’attenzione al consu-matore, sono attente soprat-tutto a vendere il prodotto al retailer e non al consuma-tore. Da qui l’alto tasso di fallimenti di nuove marche e nuovi prodotti (ne muoiono 8 su 10). “È vero - ammette Ghidi - che per noi il cliente è anche la distribuzione, ma non ci dimentichiamo del cliente-consumatore, cercando di realizzare un prodotto che possa soddisfare un bisogno o soddisfarlo meglio rispetto agli altri. Prima di andare sul mer-cato con una nuova referenza osserviamo ciò di cui hanno bisogno i consumatori, quali sono le tendenze, cercando di leggere i numeri che, per quanto asettici, danno una visione del mercato. Poi testia-mo le nuove proposte con i consumatori e condividiamo i dati con la distribuzione, com’è successo di recente con ‘L’Abc della merenda’, un mix di parmigiano, grissini e succo di frutta, che va a intercetta-re il bisogno avvertito delle mamme di merende sane e di alto contenuto nutrizionale e il desiderio dei bambini di avere un prodotto buono”. Sempre a proposito del lancio di nuovi prodotti, Tirelli sostiene anche che l’industria di medie e piccole dimensioni dovrebbe ribaltare l’importan-za della distribuzione nume-rica rispetto alla ponderata. “Noi dobbiamo partire con una copertura ponderata - risponde ancora Ghidi - perché dobbiamo coprire almeno il 40% dei punti di vendita nei primi tre mesi di lancio, altrimenti il retailer non inserisce il prodotto nel suo volantino”. Il rischio, però, secondo Tirelli, è quello di sprecare risorse comunicando a tutti in maniera indiscrimi-nata senza considerare che magari il proprio prodotto è presente solo in alcune cate-ne: “Il concetto fondamentale della pubblicità è quello che viene chiamato ‘stock of goodwill’, ovvero ‘accumulo di sensazioni positive’. La pubblicità non funziona come stimolo immediato all’azione. Affinché un individuo sia indotto ad agire prendendo in considerazione l’acquisto di un prodotto, occorre che i messaggi pubblicitari siano ripetuti e si accumulino fino a una certa soglia. Insomma, la pubblicità premia chi si fa ve-dere: impulsi isolati vengono difficilmente memorizzati e spesso vengono cancellati da messaggi più potenti perché invasivi. Ed è difficilissimo misurare l’efficacia di una campagna di advertising in funzione dei trend di vendita. Credo che nessuno ci sia mai riuscito”. Comunque resta il problema di fondo che la comparazione dei prezzi così come la inten-diamo non è possibile, consi-derato che su 450.000 codici ean disponibili, il supermerca-to ne può ospitare 8-10.000. “Con così tanti prodotti - conclude Tirelli - riuscire a creare un legame tra consu-matore e marca è alquanto difficile e la comparazione dei prezzi tra un supermercato e l’altro praticamente im-possibile. In un mercato così saturo e combattivo, più che la pubblicità possono venire in aiuto le promozioni mirate che contribuiscono a mettere in relazione il brand con il consumatore finale”. mando il programma di fidelizzazione in una commodity, omologando premi e meccaniche. Per questo occorre pun-tare soprattutto sui contenuti comuni-cativi, sullo storytelling. Un programma di fidelizzazione non deve esaurirsi nel raggiungimento di reward, oppure in un gioco o nella partecipazione a una missione se-condo un ormai classico schema di gaming, ma deve stimolare un’intera-zione emozionale con il consumatore per coinvolgerlo in un processo di comunicazione coerente con i valori della marca e finalizzato a compren-derne le scelte”. Giuseppe Maria Ardizzone16SCENARILa csr torna protagonista ma cala il coinvolgimento Per l’Osservatorio Sustainability Sentiment, cresce l’attenzione alla sostenibilità, ma diminuisce la capacità delle aziende di coinvolgere gli stakeholder Christian CarosiIl ruolo della sostenibilità riprende vigore all’interno delle imprese, ma diminuisce la capacità da parte delle aziende di coinvolgere gli stakeholder. È quanto risulta dalla quinta edizione dell’Osservatorio Sustainability Senti-ment, realizzata dalle società Message e Aida Partners e presentata il 7 giu-gno scorso presso Auditorium Banca Farmafactoring di Milano. La ricerca ha cadenza biennale e coinvolge prin-cipalmente csr manager, investor rela-tion officer, responsabili marketing e responsabili della comunicazione con un questionario online. Ogni edizione prevede un tema mo-nografico di approfondimento: in que-sta, Sustainability Sentiment è tornato, dopo il 2014, ad analizzare lo stato del-lo stakeholder engagement. Dalla ricerca emerge che è aumentata (+ 125% rispetto al 2015) la quota di manager che dichiara che è cresciuto il ruolo della sostenibilità nei cda e so-prattutto che la sostenibilità è entrata in una fase più matura, dove la correlazio-ne tra la sua implementazione nei pro-cessi e la convinzione che essa crei va-lore è diretta. In questo contesto, essa contribuisce a creare valore tout court per il 79% degli intervistati (+ 14% ri-spetto al 2015) e crea valore sui mer-cati finanziari per il 72%. Il 94% delle imprese correla le proprie performance di sostenibilità con almeno un indica-tore (valore condiviso, valore reputa-zionale, valore aggiunto, profitto e fat-turato): per esempio, cresce del 172% rispetto al 2014 la quota di intervistati che dichiarano che nella propria azien-da la sostenibilità è messa in relazione con il profitto e diminuisce del 62% la quota delle aziende che non correlano alla sostenibilità alcun valore. Nel 2017 la misurazione delle perfor-mance viene considerata tra gli ele-menti gestionali della sostenibilità me-glio implementati dalle imprese, con una valutazione mai raggiunta nelle passate edizioni: i rispondenti danno una valutazione che migliora dell’11% rispetto al 2015. Sono anche aumenta-te le tipologie di strumenti usate nelle attività di stakeholder engagement: per esempio, rispetto al 2014 si registra un maggior impiego (+ 94%) dell’analisi di materialità (la rilevanza dei singoli portatori d’interesse individuati attra-verso la mappatura degli stakeholder), dei panel di stakeholder (+ 76%) e di focus group (+ 46%). La sola nota do-lente è che le imprese perdono punti proprio nella capacità d’implementare lo stakeholder engagement: la valuta-zione degli intervistati in merito alla ca-pacità delle aziende di mettere in atto le attività di coinvolgimento degli sta-keholder non migliora, anzi, è l’unico elemento di gestione della sostenibilità a peggiorare (- 1% rispetto al 2015); inoltre, diminuisce (- 4% rispetto al 2015) il numero di aziende che rie-scono a implementare le istanze degli stakeholder. Con una cultura della sostenibilità che mette radici nelle imprese, anche se con qualche difficoltà - conclude la ri-cerca - ascoltare gli stakeholder rappre-senta un primo passo, ma la gestione sostenibile non può prescindere dal fatto che le aziende mettano al cen-tro le persone e le comunità facendo entrare lo stakeholder engagement nei processi aziendali in modo continuo e pervasivo. Promotion MAGGIO GIUGNO2018LE AREE D’INDAGINE DELL’OSSERVATORIO L’Osservatorio fotografa e misura tutti i fattori in grado d’influenza-re l’adozione della sostenibilità: l’evoluzione del livello di adozione della sostenibilità come modello di gestione, misurando la rilevanza dei vincoli e le eventuali strategie messe in atto per affrontarli; la percezione dell’importanza attri-buita alla sostenibilità nell’econo-mia, nella finanza e nella società italiana e il livello di diffusione della cultura della sostenibilità nelle aziende; la percezione del con-tributo dell’attività di stakeholder engagement all’affermazione della sostenibilità e alla creazione del valore; l’evoluzione delle modalità di misurazione delle performance di sostenibilità e la loro implemen-tazione. +125%la crescita del numero di manager che dichiarano che è aumentato il ruolo della sostenibilità nei cda rispetto al 2015 +172% la crescita del numero di manager che dichiarano che nella propria azienda la sostenibilità è messa in relazione con il profitto … E, TRA L’UNO E L’ALTRO, ANCHE I DIVERSI MESTIERI©2018 Russell Brands, LLCFOR PRINTERS TO PROMO TEAMSTHE ONE079_RS_adv_Promotion Magazine_210x138,4_WT.indd 110-04-18 13:42Promotion MAGGIO GIUGNO2018SCENARI4%coloro che corrispondono al profilo degli influser su un campione di 1.000 intervistati 62% gli influser che superano i 35 anni … E, TRA L’UNO E L’ALTRO, ANCHE I DIVERSI MESTIERI©2018 Russell Brands, LLCFOR PRINTERS TO PROMO TEAMSTHE ONE079_RS_adv_Promotion Magazine_210x138,4_WT.indd 110-04-18 13:42Non sono molti, ma sono in grado di intuire e condividere innovazio-ne e originalità Amano provare le novità, che siano prodotti, brand o stili di vita originali; le cercano soprattutto in rete e, sempre online, diffondono le proprie scoperte nella cerchia degli amici e conoscenti (attraverso il passapa-rola o la condivisione sui social). Sono gli early adopter (a parlarne per primo fu il sociologo ameri-cano Everett M. Rogers nel 1962, quando pubblicò il libro “Diffusion of Innovations”, illustrando come le innovazioni si diffondono nella società e come alcuni gruppi di persone siano più inclini a rece-pire le novità prima degli altri), che l’agenzia di comunicazione Influse ha ribattezzato “influser”, perché costituiscono un target che “influenza le tendenze e i consumi di domani”. E proprio Influse ha commissionato a Doxa un ricerca quali-quantitativa che ha permesso di stabilire che gli influser, definiti come “anticipatori di consumi”, rappresentano il 4% del campione di 1.000 intervistati, mentre il 57% risponde alle caratteristiche dei “curiosi”, il 18% agli “esplo-ratori”, il 17% agli “osservatori” e il 3% e 1% rispettivamente ai “conservatori” e agli “ortodossi”. Dall’indagine emerge che gli influser sono per la maggior parte uomini (75%), non necessaria-mente giovanissimi (il 62% è over 35, mentre il 38% è millennial), per lo più diplomati (62%, mentre i laureati sono il 25%) e abitano in prevalenza nel sud e nelle isole (38%) e nel nord-ovest (37%). La survey si sofferma poi su una serie di caratteristiche e abitudini che accomunano gli influser, a partire dalla dimestichezza con il web e dalla preferenza per i media online per la ricerca e la diffusione di informazioni sui temi di maggiore interesse. Tra gli argomenti preferiti vi sono la tecnologia, il mondo del food, i viaggi, l’intrattenimento, il wellness (fitness, sport, benessere e cura di sé) e la moda. (F. C.)Pochi, ma anticipatori di consumi. Sono gli influser Una ricerca di Doxa svela che sono soprattutto uomini e non necessariamente giovanissimi Next >