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40 gennaio 2012

Cristina Ziliani*

I l primo messaggio importante per i loyalty marketer è che la loyalty è una “frontiera mobile” e sta mostrando proprio quest’anno un nuovo passaggio evolutivo. I consumatori e le imprese hanno ormai familiarizzato con la forma più semplice d’iniziativa di fidelizzazione: il programma o club “di massa”, definito così perché sostanzialmente differenzia il trattamento dei clienti tra “chi è dentro” il programma e chi è “fuori”. Chiamiamo di “massa” questa fase del loyalty marketing anche perché la comunicazione del programma avviene soprattutto con approcci del marketing “classico” e l’uso dei dati per personalizzare trattamento e proposte al singolo cliente è

minimo. Dagli inizi degli anni ’90 questo modo di fare loyalty, ben esemplificato dalle carte fedeltà del mondo retail, si è diffuso e in parte omologato in tutto il mondo. Qualche dato: negli Usa dal 2006 a oggi il numero di programmi fedeltà cui è iscritta la famiglia media americana è salito da 12 a 18 (Colloquy, 2011); nel mondo operano oltre 100 grandi programmi multipartner, spesso denominati coalizioni, con una base clienti di oltre 650 milioni di individui, ovvero quasi il 10% della popolazione del pianeta; in Italia la quota di consumatori che fa acquisti nei supermercati e ipermercati utilizzando abitualmente una carta ha raggiunto il 90% (Nielsen 2011).

Le evidenze potrebbero continuare. Una quota del budget di marketing delle imprese italiane è destinata ormai con regolarità a iniziative loyalty. L’indagine condotta tra luglio e settembre 2011 dall’Osservatorio Fedeltà dell’Università di Parma mostra che in media il 20% del budget di marketing

In un contesto sempre pIù affollato dI programmI, le Imprese ItalIane sono chIamate a dIfferenzIarsI e a darsI un posIzIonamento dIstIntIvo se voglIono che l’InvestImento nella loyalty abbIa un rItorno

La nuova frontiera è differenziarsi

è destinato alle iniziative di “loyalty di massa”, mentre un ulteriore 10% viene investito nelle attività di loyalty che chiameremo “micro”, ovvero mirate a stimolare comportamenti specifici, fondandosi su dati di cliente e canali diretti di contatto con il medesimo.

Si tratta, com’è ovvio, di una fotografia media, che cela situazioni molto diverse tra loro, in buona parte riconducibili alle specificità settoriali delle attività di loyalty: nel campione di oltre 50 grandi imprese

che hanno risposto al questionario proposto dall’Osservatorio si ritrovano sia aziende dove prevale il marketing “non loyalty” (è il caso dei produttori di beni di largo consumo alimentari) sia imprese che puntano fortemente sulla loyalty micro, come la distribuzione non alimentare e l’e-commerce.

Quattro vie per la differenziazione

Il gioco competitivo nel loyalty marketing, come nel marketing tout court, è quello della differenziazione, se si vuole che l’investimento abbia un ritorno per l’impresa. Com’è possibile dunque differenziarsi in un contesto sempre più affollato di programmi, tra i quali il consumatore si muove agevolmente riconoscendo con sicurezza chi gli riconosce più valore e chi invece è meramente un me too? A nostro avviso le imprese possono perseguire quattro vie: differenziare le reward, ovvero il modo di premiare la fedeltà della clientela; cambiare il modello di programma; darsi un posizionamento distintivo; passare a un approccio micro utilizzando i dati di cliente.

Facciamo alcune riflessioni su ciascuno dei

Nel corso del tempo i programmi fedeltà hanno assunto

configurazioni più complesse rispetto al modello di club per i clienti migliori affermatosi agli inizi

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