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chetti dei maghi di Wall Street. Ma
non pensate però che Go accolga i
suoi clienti in magazzini squalli-
di tipici di certi discount italiani.
Piuttosto nei suoi punti di vendita
più ordinati e allegri di certi su-
permercati italiani suggerisce loro
“acquisti intelligenti” in linea con
la sua dichiarata missione di for-
nire ai clienti “a fun place to find
bargains on brands they trust”.
Nei suoi outlet potete trovare, ben
ordinati, referenze di marca che
altri non sanno vendere o che ma-
nager dall’“occhio bovino” hanno
fatto produrre incautamente in ec-
cesso. I buyer di Go canalizzano
tutto, con tatto, “con discrezione”,
per porre rimedio agli errori dei
fornitori “senza distruggere le loro
relazioni con gli altri canali con-
venzionali della distribuzione”.
La cessione del prodotto a prezzi
stracciati è sempre “venduta” come
un evento eccezionale e irripetibi-
le, anche se i “wall of savings” di
Go sono sempre belli alti e volumi-
nosi.
Nei fatti, questo rapporto venne
ufficializzato nel 1971 quando Del
Monte firmò il primo esplicito ac-
cordo di fornitura a Go. Prima di
allora i grandi marchi consegnava-
no il prodotto e negavano ipocrita-
mente di non sapere dove l’insegna
se lo fosse procurato. Fu così che
molte altre “verginelle” cedettero
progressivamente alle lusinghe del
terminator, che con una telefona-
ta risolve problemi sgombrando il
magazzino .
Nel lungo periodo d’incubazione
del suo odierno successo Go trat-
tava quasi esclusivamente prodotti
confezionati secchi: era tutto mol-
to semplice, pratico e profittevole.
Poi negli anni successivi vennero
portati vari affinamenti. L’inces-
sante ruotare della “wheel of re-
tail” irrobustiva il ruolo di questo
“centro di smaltimento” capace
di attrarre clienti in gran numero
con sconti del 50-70% sul prezzo
regolare. Pertanto nel 1982 i figli di
P
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maggio 2012
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