< Previous48ENGAGEMENT&LOYALTYPromotion MAGGIO GIUGNO2018nell’apprendere che i prezzi dei premi del catalogo erano più elevati di quelli di mercato, e il 10% di questi consu-matori “frustrati” ha dichiarato di voler uscire dal programma fedeltà e di voler cambiare compagnia aerea. Secondo lo studio, la politica migliore sarebbe quella di allineare i prezzi del catalogo a quelli di mercato, con scostamenti di entità trascurabile per la clientela. Il secondo studio è stato invece condotto da un team internazionale di ricercatori (Olanda, Germania, Usa e Spagna) per valutare i programmi fedeltà multi-tier, ovvero i programmi che propongono ai clienti diversi livelli di membership, determinati sulla base di criteri legati al loro comportamen-to di acquisto (Bijmolt e altri, 2018). Esempi di questo tipo di program-mi sono My Starbucks Rewards di Starbucks, con due livelli di member-ship (Green e Gold), e Best Western Rewards di Best Western con 5 livelli di membership (Blue, Gold, Platinum, Diamond, Diamond Select). I livelli vengono assegnati in funzione delle azioni del cliente: ammontare speso, frequenza di visita o acquisto di deter-minati prodotti o servizi. Il team dei ricercatori ha individuato, attraverso una rassegna di casi internazionali, una serie di potenziali pericoli dei multi-tier loyalty program che devono essere tenuti in considerazione per evitare ef-fetti negativi in termini di profittabilità. Un primo problema nasce dalle aspettative. I clienti che appartengono al livello top di un programma hanno aspettative molto elevate e un episo-dio di disservizio da loro vissuto può generare un effetto particolarmente negativo. Un secondo problema, più consistente, nasce quando dei clienti devono scendere di livello nel pro-gramma a causa di un cambiamento nel loro comportamento di acquisto. Studi accademici hanno dimostrato che i clienti sono molto più sensibili a un declassamento rispetto a un avan-zamento di livello nella membership dei programmi fedeltà (Wagner e altri, 2009). il cliente potrebbe attribuire il downgrading a un comportamento opportunistico o non corretto dell’a-zienda, e questo innesca una spirale negativa che può portare fino alla perdita del cliente e alla sua preferenza per un competitor. Le ricerche analizzate mostrano inoltre che la scelta delle variabili e delle soglie su cui basare i criteri per attribuire un livello ai clienti non è affatto facile e scontata. Metriche incentrate sull’am-montare totale della spesa possono favorire i clienti altospendenti di categoria, mentre l’utilizzo di metriche relative di categoria (come la share of wallet o la share of requirement) favorisce i mediospendenti. Talvolta i livelli di spesa di un cliente dipendono più da variabili situazionali, come per esempio il numero dei componenti familiari, che da fedeltà attitudinale o da disponibilità a spendere. Una sba-gliata attribuzione dei livelli può quindi penalizzare alcuni gruppi e portare conseguenze negative. Inoltre, una correzione delle soglie dei livelli “in corsa”, ovvero quando il programma è già stato lanciato, può causare molta frustrazione nella clientela. Per concludere, se da un lato la mec-canica multi-tier può rappresentare un’opzione interessante per vivacizzare il programma fedeltà, dall’altro espone al rischio di effetti molto negativi che possono essere provocati dalla deter-minazione dei criteri per l’attribuzione dei livelli.NON SEMPRE IL SUCCESSO È SINONIMO DI GUADAGNO Nel 2012 il retailer statunitense Sears ha lanciato il programma fedeltà “Shop your way”, che consentiva ai clienti di accumulare punti in proporzione all’ammontare speso e beneficiare di sconti riservati e di prodotti accessibili in anteprima, di restituire gli acquisti anche senza scontrino, di usufruire di sconti sul carburante e di non avere costi di spedizione per le spese effettuate sul canale ecommerce. L’iniziativa ha ottenuto il gradimento della clientela, tanto che gli acquisti dei membri del programma erano arrivati a rappresentare il 65% del fatturato nel secondo quadrimestre 2013, per poi salire al 75% nel secondo trimestre 2014. Tuttavia, Sears si è reso conto che il grande successo in termini di redemption aveva avuto un impatto negativo (e inaspettato) sul conto economico: “Shop your way” aveva sì contribuito a migliorare l’esperienza dei clienti, ma la marginalità era scesa a causa dei costi relativi all’introduzione del programma e dei costi legati alla redemption. L’errata attribuzione dei livelli nei programmi fedeltà multi-tier può penalizzare alcuni gruppi e creare effetti negativi50ENGAGEMENT&LOYALTYL’ERA DEI DATI di Federico Rocco CEO di KETTYDO+ @Federico_Rocco federicoroccoPromotion MAGGIO GIUGNO2018 A fronte di un crescente investimento in branded content è ancora lenta l’adozione di strumenti di misurazione e analisi dei risultati che consentano alle aziende di sapere con immediatezza di risposta ed efficacia l’esito delle proprie azioni di comunicazione Sempre più si dibatte su temi quali le strategie di azione real time, microprofilazione, per-sonalizzazione, automazione e omnicanalità. I reparti marketing delle aziende e le unità produttive delle agen-zie loro partner ripensano i propri assetti, organizzandosi per supportare questi nuovi trend che hanno come comune denomi-natore l’uso del contenuto per avvicinare, ingaggiare, convertire e fidelizzare il pubbli-co di riferimento. Inutile dire quanto sia più oneroso passare da un approccio in cui si produce e pianifi-ca sostanzialmente in modalità broadcasting (poco contenuto destinato a tutti) a un approccio in cui si costruiscono differenti storie appositamente studiate per differenti audience (a ciascuno il suo contenuto). Nei conti delle aziende del mercato statunitense, negli ultimi tre anni si è rilevato un innalza-mento del 30-40% dei costi operativi che ricadono all’interno delle voce “content pro-duction” e non si fa fatica a vedere come stia accadendo qualcosa del genere anche nel nostro paese, facendo la felicità delle piattaforme di distribuzione pubblicitaria, social network in primis, che hanno posto al centro la profilazione e la targettizzazione. In questo scenario si può notare come sia ancora lenta l’adozione di strumenti e me-todologie di misurazione dei dati e di analisi dei risultati che consentano alle aziende di sapere con immediatezza di risposta ed efficacia l’esito delle proprie attività di comunicazione. I player di mercato che però adottano in modo efficace strategie e produzioni di branded content hanno un volume di misurazione delle stesse strategie pari al 500% in più rispetto ai loro competi-tor (Bcg, Branded Content, 2016). Ciò vuol dire che, generalmente, il ciclo con cui i dati vengono raccolti, aggregati, rappresentati in una vista unica, analizzati e portati agli occhi degli interlocutori deputati a prendere deci-sioni, in un contesto real-time come quello attuale, richiede un lasso di tempo troppo lungo. Usando una metafora calcistica, è come fare la pagella dei calciatori un mese dopo la partita, anziché la mattina successi-va all’evento. Eppure un ciclo più continuo e ravvicinato di misurazione delle performance, né men-sile né settimanale, ma quotidiano, porta una serie di vantaggi competitivi di gran lunga più rilevanti dei costi che ne derivano: dalla normalizzazione del dato stesso (se misuro raramente, il dato che misurerò non sarà uniforme e credibile) passando per il continuo affilamento della strategia di azioni e contenuti, fino alla costante ottimizzazio-ne degli investimenti media. Si sente sempre più parlare, infine, di “agile marketing” e di quanto questo approc-cio possa aiutare le aziende a conoscere i propri clienti, adeguando le iniziative di marketing il più velocemente possibile in base al feedback del pubblico. Credo che in questo senso, una delle priorità debba essere l’approccio agli analytics, poiché se il ciclo apprendimento-azione deve essere infinito e il tempo di reiterazione breve, il momento riservato alla misurazione deve essere istantaneo. Performance della comunicazione da misurare quotidianamente LA TUA VIA D’USCITARealizzare prodotti innovativi, originali e sicuri attraverso la nostra creatività e l’impiego delle risorse tecnologiche interne all’azienda; in accordo con le esigenze dei nostri clienti. QUESTA E’ LA NOSTRA MISSION52ENGAGEMENT&LOYALTYMICRO E MACROdi Antonio VotinoCHIEF BUSINESS DIVISION LOYALTY AND DIRECT MARKETING di ICTEAM antonio.votino@icteam.it @AntonioVotino Instaurare una relazione ispirata a valori di correttezza e sincerità, anche in situazioni difficili, mantenendo le promesse iniziali e comportandosi seguendo un codice cui si è scelto di aderire, è il modo migliore per un brand o un’insegna per legarsi alla clientela Dire bugie è parte del com-portamento umano, ma men-tire a un cliente può rappre-sentare un grave errore. Viene da chiedersi se ha ancora sen-so professare una lealtà nei compor-tamenti commerciali, in un contesto come quello attuale, dove le regole scritte e non scritte sono appannaggio del più forte. Lealtà è rispetto degli impegni presi, senza sotterfugi o procrastinazioni, parte dei va-lori che l’azienda vuole condividere con i clienti oltre che con tutti i suoi dipendenti. Instaurare una relazione ispirata a valori di correttezza e sincerità, anche in situazioni difficili, mantenendo le promesse iniziali e comportandosi seguendo un codice cui si è scelto di aderire, è il modo migliore per un brand, un punto di vendita, un prodotto per legarsi alla clientela. Il codice di riferimento può essere esplicito oppure tacito. È proprio in questa dinamica che la strategia di fidelizzazione della clientela deve operare, instaurando azioni coerenti tra il comportamento, la comunicazione, la condotta del personale e i valori - an-che economici, di durata, di qualità della relazione - che l’azienda ha dichiarato di accettare e condividere con la clientela. E con questi concetti siamo su un livello molto più alto della “buona fede” che regola per esempio le normative sulle promozioni (buona fede significa com-portamento teso alla lealtà e al legittimo affidamento delle parti in un rapporto giuridico), e che diventa un “atto legale” per il solo fatto di aderirvi (per il cliente) e di proporlo (per l’azienda), come avviene nei regolamenti delle operazioni fedeltà o dei concorsi. Per questo, oltre alla lealtà, va sviluppata come valore fondamentale nei rapporti commerciali la fiducia, che con la lealtà costituisce il secondo elemento di unione tra azienda e cliente. Fiducia significa credere nella capacità di produrre valore per il cliente, significa essere certi che con la sua collaborazione si va nella stessa direzione, significa vedere le pro-prie relazioni commerciali come dei link che servono a migliorare il benessere e la prosperità della società tutta; significa ancora che per l’azienda i clienti non sono controparti con cui ci si deve accordare su un prezzo, ma portatori di esigenze da sod-disfare al meglio, rendendo ogni collabora-tore dell’azienda portatore di un pezzo di soluzione a quelle esigenze. Fiducia e lealtà sono le armi per vincere la battaglia della competizione, per tracciare la strada di una lunga relazione con la clientela. Misurare la lealtà è possibile grazie ai sistemi di loyalty management, aiutati anche dalla digitalizzazione e dalla portabilità delle in-formazioni fornite dall’uso di smartphone e mobile app, che stanno aggiungendo al loyalty marketing non solo la visione della transazione, ma anche la visione del com-portamento adottato sui social network dai clienti. Ne deriva che è attributo della lealtà co-municare correttamente e con chiarezza al cliente e attuare una trasparenza sia delle regole sia delle informazioni commerciali e transattive. Lealtà e fiducia fondamentali nella relazione con la clientela Promotion MAGGIO GIUGNO201854ENGAGEMENT&LOYALTYPromotion MAGGIO GIUGNO2018 Le squadre di calcio sono diventate marche sotto ogni profilo e come tali devono produrre contenuti e coinvolgere i tifosi in multicanalità, creando esperienze senza soluzione di continuità tra digitale e fisico e ricambiandol’interesse dei propri fan in modo personalizzato I club calcistici devono solo coccolare i loro brand lover In quasi tutti i settori la mag-gior parte dei brand si strugge alla ricerca della formula segre-ta per fidelizzare i propri con-sumatori ricorrendo alle più svariate strategie di comunica-zione, marketing e crm.Poi esistono marche con una customer base nativamente iperfidelizzata che nono-stante questo vantaggio competitivo fanno poco o nulla per monetizzarla: parliamo del mondo dello sport. Qui la relazione tra fan e brand nasce da un concetto di loyalty pri-mordiale e non commerciale. Una fedeltà già conquistata che non soffre competizio-ne e churn rate, ma necessita solo di essere gestita. In Italia questo assunto è particolarmen-te evidente per il mondo del calcio che, rispetto ad altri sport, ha enormi poten-zialità grazie a customer base importanti, composte da brand lover con una reattività elevatissima agli stimoli. Solitamente le informazioni di questi utenti non vengo-no raccolte oppure sono gestite in modo disorganizzato, disomogeneo e non adatto per successivi processi di monetizzazione e loyalty. Oggi ci sono poche realtà attive: eccellenze come il Real Madrid, il Barcello-na o il Manchester United o il Manchester City, casi reali nei quali il brand vive al di là dei risultati della squadra e viene gestito come un prodotto a tutti gli effetti. Secon-do i Red Devils non si tratta più di essere un club o di organizzare partite e campio-nati: le squadre sono diventate marche sotto ogni profilo e come tali devono produrre contenuti e coinvolgere i tifosi in multicanalità, creando esperienze senza soluzione di continuità tra digitale e fisico. Ma questa è solo la punta dell’iceberg, perché il tifoso di oggi si aspetta che la sua squadra ricambi il suo interesse in modo personalizzato. Come fare quindi a costrui-re una fan journey 1to1? Prima di tutto in-tegrando i touchpoint: dal sito web all’app, ai canali social, all’eventuale chatbot, ma anche ai canali fisici, come l’esperienza allo stadio, negli store della squadra o in eventi correlati. Ogni touchpoint e iniziativa dovrà riportare a una customer data platform che, analizzando le azioni compiute, assegnerà a ogni tifoso un rank (user value), per poi coinvolgerlo, a seconda del cluster, in iniziative mirate promosse dal club o dagli sponsor in base al profilo dell’utente e allo storico delle azioni effettuate. Se per la marca dell’industria il percorso è più complesso, a causa della forte infedeltà di consumo e delle filiere complesse, per i brand dello sport il tema è un altro: come mettere il fan al centro? All’estero sono attivi solo i top team, mentre in Italia le potenzialità inespresse sono elevatissime, con poche squadre che si muovono in que-sta direzione, tra le quali l’As Roma è oggi forse il caso di maggior successo. Lo sport è un settore nel quale, con sforzi inferiori a quelli dell’industria di marca, si potrebbero raggiungere risultati importanti in termini di loyalty monetizing. I fan sono tutti consu-matori pronti a farsi coccolare dal proprio club, ma i club si sentono abbastanza azien-da da poterne approfittare? DIGITAL STRATEGYdi Fulvio Furbatto CEO di ADVICE GROUP www.advicegroup.it @FulvioFurbattoCrediam ne valor dellrel ion,creiam rel iond valor.Upsell | agente esclusivista di prodotti di marca per il promozionaleUpsell S.r.l. | via Vespri Siciliani, 35 - 20146 Milano | tel. +39 02 87382864 - 334 5716702 | commerciale@upsellpromotion.it | www.upsellpromotion.it56ENGAGEMENT&LOYALTYSENZA FRONTIEREdi Sonia TravagliniMANAGING DIRECTOR di PROMOSFERA s.travaglini@promosfera.it www.promosfera.it @promosferaint Le aziende italiane sono fortemente limitate dalle interpretazioni che le autorità hanno applicato alla normativa dei concorsi allo scopo di tutelare i consumatori, rendendo molto difficile, se non impossibile, l’utilizzo dei social a fini concorsuali nel nostro paese Internet ha reso possibile interagire in modo diretto e senza intermediazioni con il proprio target, e i social con-sentono addirittura la comuni-cazione diretta e bidirezionale fra aziende e clienti. Poter parlare, dunque, con i propri utenti in tempo reale è una grande conquista e una grande risorsa, che si traduce però nella necessità delle aziende di trovare un modo sempre accattivante e innovativo di proporsi al proprio target. Ecco che, in questa impresa, prestano un aiuto fondamentale le iniziati-ve premiali capaci di catturare l’attenzione e arrivare a un’utenza più allargata median-te il meccanismo della viralità, a patto che i contenuti, anche grafici, siano divertenti e sufficientemente cool da incentivare gli utenti alla condivisione. In questo, tuttavia, le aziende italiane sono fortemente limitate dalle interpreta-zioni che le autorità hanno applicato alla normativa dei concorsi, rendendo molto difficile, se non impossibile, l’utilizzo dei social a fini concorsuali nel nostro paese. A prima vista, sembrerebbe una posizione incomprensibile, soprattutto in relazione alla motivazione legata all’allocazione dei server dei social fuori dal territorio italia-no. Invero, occorre tener presente che le partecipazioni che si realizzano mediante l’utilizzo dei tool di Facebook o Instagram non sono in grado di garantire sufficien-temente la tutela della fede pubblica e si prestano ad arbitrarietà, che sarebbero in netto contrasto, soprattutto quando i pre-mi sono di particolare appeal, con tutti i paletti che la nostra normativa impone per garantire la tutela dei partecipanti. In tal senso rappresenta un’interessante opportunità il recente innalzamento del valore minimo dei premi che determina l’esclusione di un’iniziativa dall’ambito ap-plicativo del dpr 430/01: anche premi da 25 euro, infatti, possono risultare sufficien-temente attraenti per attivare promozioni interessanti e divertenti all’interno dei social network, con un buon ritorno di re-demption, senza che s’inneschino meccani-smi di estrema competizione che mettono a rischio la tutela della buona fede e delle pari opportunità. Inoltre, nulla vieta che iniziative concor-suali di maggior spessore, con premi di alto valore in palio, collocati in uno spazio web indipendente dalle piattaforme social, possano essere comunicate con successo all’interno dei social network, anche con campagne a pagamento che, con investi-menti limitati, favoriscono la moltiplicazio-ne dei contatti raggiunti. Anche all’estero, d’altra parte, benché non vi siano limitazioni o divieti relativi alla possibilità di veicolare concorsi sui social, si fa molto spesso ricorso ad apposite applicazioni esterne che, pur dando l’im-pressione di non uscire dalla piattaforma, consentono di registrare i partecipanti e le azioni di partecipazione in database sepa-rati in cui non è possibile manomettere o alterare le azioni compiute, garantendo in questo modo una corretta tutela della fede pubblica. Veicolare concorsi sui social si può nonostante alcune limitazioni Promotion MAGGIO GIUGNO2018YALOS by Fornace Ferro Murano s.r.l. - Fond. San Giovanni dei Battuti,4 - 30141 Murano - Venezia (VE) - Italyinfo@fornaceferromurano.it - www.yalosmurano.com - tel. +39 041 736788 - fax +39 041 736454Style & Design Made in MuranoNext >