< Previous38ENGAGEMENT&LOYALTYPromotion NOVEMBRE DICEMBRE2018Come dicevamo, anche gli “storici” rfm e cltv non hanno la diffusione che meritano. Dopotutto esistono da quasi un secolo, contro i vent’anni dell’nps (net promoter score). Vale la pena segnalare che l’nps, in generale poco utilizzato, ha una penetrazione molto diversa: praticamente ignoto all’industria e alla gdo, che pure è av-vezza alla misurazione, è più utilizzato nel retail non food (un’azienda su tre) e nei servizi (una su due). Abbiamo verificato che continua a esservi un’associazione significativa tra l’avere una funzione dedicata in azienda e il realizzare misure sistema-tiche di efficacia: ciò è vero per tutti i settori. In media, tra le aziende con una funzione dedicata alla loyalty il 65% fa misure, mentre tra le azien-de in cui la loyalty è un obiettivo trasversale solo il 45%. La differenza è statisticamente significativa. In uno scenario di mercato dove proliferano le soluzioni di marketing automation e di analytics, che sempre più spesso incorporano soluzioni avanzate di machine learning, in grado di fornire previsioni accurate, in real time per milioni di clienti, che di fidelizzazione: 47% in media. Con riferimento al mondo retail (com-prensivo di food e non food) possia-mo ricostruire il progresso fatto nel tempo, poiché monitoriamo questo settore da molti anni. Nel 2011, 2012 e 2018 gli investimenti loyalty pesava-no rispettivamente 30%, 36% e 43% del budget di marketing. Poiché fare loyalty non significa più (solo) avere un programma fedeltà, come vent’anni fa quando l’Osser-vatorio ha iniziato i suoi studi, ma si è evoluto verso fare azioni basate sui dati rivolte al singolo cliente o a segmenti di clienti (crm), dieci anni fa abbiamo incominciato a rilevare gli investimenti loyalty in percentuale del budget di marketing, divisi in “loyalty di massa”, ovvero per azioni loyalty rivolte indistintamente a tutta la clien-tela, e “loyalty micro”, ovvero perso-nalizzate. Oggi l’investimento loyalty delle aziende italiane è ripartito quasi alla pari tra attività rivolte a tutta la clientela (26%) e targettizzate (21%). Le nostre indagini anni fa si concen-travano quasi sempre sul retail, per cui solo per questo settore è possibile fare una lettura evolutiva di questa ripartizione, e possiamo constatare che il peso delle attività di loyalty mi-cro è andato aumentando nel tempo (nel retail comprensivo di food e non food): 4% nel 2011, 12% nel 2012, 20% nel 2018. Quindi l’investimento per personalizzare la loyalty è passato in sei anni dall’essere un ottavo del budget loyalty a un terzo cinque anni fa, a quasi la metà oggi. Se fare loyalty si è evoluto in crm, e più recentemente in cem (customer experience management), ossia la gestione della customer experien-ce, un altro aspetto chiave che può dare indicazioni sul committment delle aziende verso la fidelizzazione riguarda la raccolta sistematica di consentono addirittura di passare dal customer lifetime value al customer future value, sembra che le imprese italiane siano rimaste indietro. Se consideriamo poi che solo una azienda su cinque ha in programma di fare cambiamenti in futuro su questo fronte delle misure di performance del-la strategia di loyalty, possiamo dire che se il cambiamento ci sarà, sarà lento. Vedremo che un ruolo non seconda-rio può essere giocato dai fornitori di servizi per la loyalty, cui dedicheremo un articolo di approfondimento nel prossimo numero. Nella nostra esperienza, le aziende che misurano la fedeltà e l’efficacia delle proprie strategie di loyalty sono anche quelle disposte a investire di più in questo campo. Ma quanto spendono le aziende italiane per la fidelizzazione? I valori assoluti sono ovviamente poco indicativi, poiché scontano situazioni molto diverse per settore, dimensione dell’impresa e numerosità del cam-pione, ma è interessante considerare il peso dell’investimento in loyalty rispetto al totale degli investimenti di marketing. Oggi quasi la metà del bud-get di marketing è dedicato ad attività L’investimento in marketing per settore 53%50%42%57%64%20%16%27%16%33%25%16%34%26%21%Non loyalty Loyalty “di massa” Loyalty “micro” Totale campione Servizi Retail non foodGdoIndustria A CURA DELL’AZIENDAIL TUO PARTNER PER LA DATA INTELLIGENCELa comprensione del mercato è sempre più guidata dall’analisi dei dati, ma affinché le imprese siano in grado di acquisire informa-zioni sui consumatori, assumere decisioni e disegnare strategie che incrementino le revenue, occorre affidarsi a specialisti com-petenti. EXCELLE nasce nel 2012 a Milano con l’obiettivo di fornire una consulenza verticale nella data intelligence ad aziende di tutti i settori e dimensioni, istituzioni, istituti di ricerca, enti no profit e agenzie.EXCELLE interviene dove esiste uno schema di loyalty o di pro-filazione, che sia generato da una carta fedeltà o da una piatta-forma di ecommerce, sviluppando analisi basate su metodologie e tecniche che integrano canali tradizionali e digitali, dati interni aziendali (per esempio crm) e dati provenienti da ricerche di mer-cato. Impiegando i sistemi già in uso presso i clienti o mettendo a disposizione la propria infrastruttura tecnologica in modalità “Pay X use”, gli analisti e senior partner di EXCELLE forniscono analisi a valle dei processi e disegnano soluzioni: dall’analisi alla model-listica predittiva fino all’implementazione di attività di marketing.Partner di Sas (società specializzata in analytics da oltre 40 anni), EXCELLE è costituita da un team multidisciplinare con anni d’esperienza nelle migliori aziende italiane e internazionali e un solido know-how in ambito di business & customer intelligence, analytics, advanced & predictive analytics e machine learning.Nell’ambito dei loyalty program la forte expertise raggiunta in ogni disciplina della data intelligence fa sì che i servizi di EXCELLE coprano tutti gli aspetti di una campagna promozionale: profilazio-ne e segmentazione dei clienti, analisi del comportamento d’ac-quisto, analisi della customer retention e modelli predittivi di churn; identificazione target, analisi per incrementare la marginalità dei prodotti, sviluppo del conto economico della carta; misurazione delle campagne, reporting, dashboard, modelli di ottimizzazione, modelli predittivi sul cross/up selling e sul potenziale d’acquisto; identificazione di nuovi target strategici, sviluppo di modelli rfm, calcolo del customer life time value; modelli di forecasting, analisi del customer journey, analisi delle associazioni e delle sequenze di acquisto, sviluppo di modelli di next best action; valutazione degli investimenti in comunicazione, analisi sulla rete di vendita e sulle performance commerciali.I clienti acquisiti a oggi (tra cui Leroy Merlin, Bricocenter, Actio-nAid, Unicef, Airc, Banca Mediolanum, CheBanca!, Unicredit; e, ancora, Vodafone, Fater, Renault, Bantoa, Saldi Privati, Doxa, Si-mon Kucher & Partners) dimostrano la varietà dei settori in cui tro-vano impiego le analisi di EXCELLE: retail, banche, assicurazioni, telecomunicazioni, automotive, utilities, no profit.Grazie alla profonda specializzazione negli ambiti degli analytics (advanced analytics e hr analytics) e del machine learning, EXCEL-LE è in grado anche di erogare servizi specifici di formazione. Lo fa tramite la propria “Accademia del dato”, che propone e realizza corsi e workshop aziendali teorici e pratici personalizzati per ma-nager e data scientist.EXCELLESede operativa: via Vittoria Colonna, 17 – 20149 Milanotel. 02 36578820 - www.excelle.itA CURA DELL’AZIENDAIL TUO PARTNER PER LA DATA INTELLIGENCELa comprensione del mercato è sempre più guidata dall’analisi dei dati, ma affinché le imprese siano in grado di acquisire informa-zioni sui consumatori, assumere decisioni e disegnare strategie che incrementino le revenue, occorre affidarsi a specialisti com-petenti. EXCELLE nasce nel 2012 a Milano con l’obiettivo di fornire una consulenza verticale nella data intelligence ad aziende di tutti i settori e dimensioni, istituzioni, istituti di ricerca, enti no profit e agenzie.EXCELLE interviene dove esiste uno schema di loyalty o di pro-filazione, che sia generato da una carta fedeltà o da una piatta-forma di ecommerce, sviluppando analisi basate su metodologie e tecniche che integrano canali tradizionali e digitali, dati interni aziendali (per esempio crm) e dati provenienti da ricerche di mer-cato. Impiegando i sistemi già in uso presso i clienti o mettendo a disposizione la propria infrastruttura tecnologica in modalità “Pay X use”, gli analisti e senior partner di EXCELLE forniscono analisi a valle dei processi e disegnano soluzioni: dall’analisi alla model-listica predittiva fino all’implementazione di attività di marketing.Partner di Sas (società specializzata in analytics da oltre 40 anni), EXCELLE è costituita da un team multidisciplinare con anni d’esperienza nelle migliori aziende italiane e internazionali e un solido know-how in ambito di business & customer intelligence, analytics, advanced & predictive analytics e machine learning.Nell’ambito dei loyalty program la forte expertise raggiunta in ogni disciplina della data intelligence fa sì che i servizi di EXCELLE coprano tutti gli aspetti di una campagna promozionale: profilazio-ne e segmentazione dei clienti, analisi del comportamento d’ac-quisto, analisi della customer retention e modelli predittivi di churn; identificazione target, analisi per incrementare la marginalità dei prodotti, sviluppo del conto economico della carta; misurazione delle campagne, reporting, dashboard, modelli di ottimizzazione, modelli predittivi sul cross/up selling e sul potenziale d’acquisto; identificazione di nuovi target strategici, sviluppo di modelli rfm, calcolo del customer life time value; modelli di forecasting, analisi del customer journey, analisi delle associazioni e delle sequenze di acquisto, sviluppo di modelli di next best action; valutazione degli investimenti in comunicazione, analisi sulla rete di vendita e sulle performance commerciali.I clienti acquisiti a oggi (tra cui Leroy Merlin, Bricocenter, Actio-nAid, Unicef, Airc, Banca Mediolanum, CheBanca!, Unicredit; e, ancora, Vodafone, Fater, Renault, Bantoa, Saldi Privati, Doxa, Si-mon Kucher & Partners) dimostrano la varietà dei settori in cui tro-vano impiego le analisi di EXCELLE: retail, banche, assicurazioni, telecomunicazioni, automotive, utilities, no profit.Grazie alla profonda specializzazione negli ambiti degli analytics (advanced analytics e hr analytics) e del machine learning, EXCEL-LE è in grado anche di erogare servizi specifici di formazione. Lo fa tramite la propria “Accademia del dato”, che propone e realizza corsi e workshop aziendali teorici e pratici personalizzati per ma-nager e data scientist.EXCELLESede operativa: via Vittoria Colonna, 17 – 20149 Milanotel. 02 36578820 - www.excelle.it40ENGAGEMENT&LOYALTYPromotion NOVEMBRE DICEMBRE2018dati sui clienti. Non vi è né crm né cem senza informazioni individuali di cliente. In questo ambito, tuttavia, se dieci anni fa aveva senso distinguere tra chi manteneva regolarmente un database clienti e chi no, oggi tutte le imprese hanno un database (o quasi: l’89% delle aziende del campione, ma si va dal 73% dell’industria al 100% dei servizi, gdo 91%, retail non food 95%) e la differenza si sposta su fronti più avanzati. Quante e quali tipologie di dati di cliente sono mantenute in database? Qual è la capacità dell’azienda d’in-tegrare tali informazioni tra più fonti e di condividerle tra funzioni e livelli gerarchici nell’organizzazione? Non si tratta di condizioni sufficienti, dalle quali si possa dedurre che l’azienda vi fa leva per realizzare strategie di loyalty, ma sono buone approssima-zioni dell’importanza rivestita dalla fidelizzazione per l’azienda, e restano comunque condizioni necessarie: senza una vista almeno parzialmente integrata del cliente tra più canali oggi non si possono cogliere i benefici del-la loyalty se non in minima parte. Cosa emerge dalla nostra indagine su questo fronte? In media i database clienti in Italia sono alimentati con sei tipologie di dati. Se i dati demografici, geodemografici e transazionali sono i più diffusi, le aziende faticano a integrare il comportamento offline dei clienti con quello online: solo il 38% profila i clienti con i dati delle visite al sito web e di navigazione online, e il 26% con informazioni relative ai social media usati dal cliente. Se consideriamo che dall’indagine 2016 emergeva che le aziende che raccoglievano sistematicamente i dati dal sito web dalle pagine social dell’azienda erano il 50%, si capisce che il passaggio dal possesso dei dati all’estrazione di insight non è auto-matico. Su questo fronte le aziende potranno essere aiutate dai fornitori di servizi, per esempio quelli legati al social engagement, che dall’indagine di quest’anno risulta si diffonderan-no come fornitori in ambito loyalty. Solo il 66% registra in database la partecipazione del cliente a iniziative di loyalty, dato in linea con quello relativo all’impiego dei tassi di parte-cipazione alle azioni di loyalty come misura di efficacia (63%). La capacità d’integrare le informazioni di cliente si misura negli studi scientifi-ci di marketing attraverso un’apposita scala che valuta una serie di aspetti (scala “information integration” a 4 item adattata da Jayachandran), che vanno dalla capacità d’integrare le informazioni di cliente provenienti dalle diverse funzioni aziendali che in-teragiscono con i clienti (per esempio marketing, vendite e customer servi-ce), alla capacità d’integrare le infor-mazioni che provengono dai diversi touchpoint (per esempio telefono, posta, email, web e contatto persona-le), fino a quella d’integrare i dati di fonti interne con quelli provenienti da fonti esterne. Poiché abbiamo rilevato questo dato anche due anni fa, si può fare una considerazione. Nel giro di due anni – tra il 2016 e il 2018 – la capacità d’integrare dati tra funzioni e tra touchpoint ha fatto progressi (un salto di circa 10 punti percentuali), ma il miglioramento generale è dovu-to solamente al salto del retail (food e non food insieme). Rimane invariata e scarsa la capacità d’integrare le fonti esterne con i dati in database. In media, le aziende che si posizio-nano a un livello molto buono per la costruzione di un profilo integrato del cliente non sono oggi più di una su cinque, come detto sopra. Se consideriamo che gli intervistati mettono al primo posto per importan-L’evoluzione degli investimenti in loyalty nel retail (comprensivo di food e non food)L’evoluzione delle attività di loyalty “micro” nel retail (comprensivo di food e non food)L’utilizzo di database clienti per settori Totale campione 62% 4%53%31%30%12%61%36%20%69%43%2011 Retail non food Industria 2011 2012 Servizi 2012 2018Gdo 2018CMYCMMYCYCMYKCMYCMMYCYCMYK42ENGAGEMENT&LOYALTYPromotion NOVEMBRE DICEMBRE2018za, tra tutte le azioni da intraprendere in direzione dell’omnicanalità, la rea-lizzazione di una id digitale di cliente che consenta di seguirlo trasversal-mente sui diversi canali e touchpoint (punteggio 5,1 in una scala da 1 a 7), forse vedremo presto aumentare il numero di aziende che può dire di avere uno sguardo a 360 gradi sui propri clienti. Tale id digitale di cliente nell’indagine 2017 era già stata realiz-zata solo dal 29% delle aziende. Certo è che lo sforzo da fare è sensi-bile, poiché i clienti oggi sono esposti a molti touchpoint: da un altro studio dell’Osservatorio in collaborazione con Nielsen è emerso che in tre mesi i consumatori sono esposti in media a 10 touchpoint nella gdo, 7 nelle banche e 8 nella telefonia. Sebbene non siano più l’elemento principale rivelatore di un’azienda orientata alla fidelizzazione, gli stru-menti utilizzati per fidelizzare sono una componente necessaria della strategia di loyalty. Abbiamo chiesto alle aziende d’indicare i più efficaci tra quelli da esse utilizzati e i più citati sono i programmi fedeltà, sia a punti (30%) sia nella versione sconti/ca-shback (29%), mentre nessuno trova particolarmente efficaci i loyalty pro-gram che non utilizzano i punti. Stes-so successo del programma loyalty è riscosso dai coupon: è lo strumento più efficace per il 29% delle aziende. Si comprende meglio quanto sopra alla luce della penetrazione presso i consumatori delle diverse iniziative: non è un caso che le aziende trovino più efficaci coupon e programmi fe-deltà, che risultano i touchpoint della loyalty che raggiungono le percentuali più elevate di clienti. Dal citato studio dell’Osservatorio realizzato in collabo-razione con Nielsen nel 2016, risulta che in tre mesi il 59% degli italiani è esposto al programma fedeltà dei supermercati dove fa acquisti e il 55% ai buoni sconto. Non è un confronto in laboratorio che le aziende hanno in mente quando pensano all’efficacia dei vari strumenti di loyalty, ma il risultato della maggiore penetrazione sulla clientela di alcuni rispetto ad altri. Questo risultato trascina anche la scelta delle metriche: l’adesione alle iniziative di loyalty e i tassi di redemption sono le misure collegate ai due strumenti più diffusi e ritenuti più efficaci, il programma loyalty e i buoni sconto. Emerge anche qualche altra nota interessante. Nessuna azienda o quasi trova efficace la presenza in sé e per sé di una carta di pagamento, che andrebbe arricchita di altri servizi, reward e privilegi, probabilmente. Inoltre, nessuno colloca i tradizionali strumenti cartacei come il direct mai-ling cartaceo e il customer magazine tra i più efficaci, e la bolla delle app e di Facebook che avevamo registrato 5 anni fa si è sgonfiata. Le caratteristiche del settore d’ap-partenenza influenzano l’indicazione dello strumento più efficace. Per l’industria sono i coupon (43%), gli eventi (29%) e le dem (25%) i tre strumenti più efficaci. Nel settore servizi primeggiano le dem (44%), se-guite dagli eventi (31%), e dalle azioni LE METRICHEUno dei segni più concreti dell’importanza che le aziende assegnano alla fi delizzazione è legato alle metriche utilizzate per misurare l’effi cacia delle proprie strategie in questo campo. Oggi solo la metà (52%) delle aziende realizza misure sistematiche di effi cacia delle strategie di loyalty, e la pratica della misurazione dell’effi cacia nei vari settori ha una diff usione molto eteroge-nea, con valori non dissimili da quelli registrati in passato. Sorprende il fatto che per mi-surare l’effi cacia della strategia di loyalty la maggior parte degli intervistati utilizza me-triche che con la fedeltà hanno poco a che fare: il fatturato è lo strumento più diff uso (79% tra le aziende che misurano), mentre una delle misure più semplici – il tasso di retention – è calcolato solo dal 53% delle imprese. Non stupisce allora che approcci più avanzati, ben-ché noti da decenni, come il cltv (customer lifetime value) e l’analisi rfm (recency/frequen-cy/monetary) siano usati da meno di una impresa su 3. La soluzione per la gestione dellacustomer loyaltyFIDELITY CARDGdo ServiziRetail non food IndustriaLa misurazione della loyalty per settori Totale campione 52% 53%31%61%69%Loyalty Activator 2.0 è un applicativo per creare e gestire programmi di fidelizzazione flessibili, basati su regole di accumulo sofisticate e facilmente configurabiliLoyalty Activator 2.0 può gestire indifferentemente accumulo di punti/crediti e/o applicazione di sconti e la tracciatura del customer journey sia attraverso i canali fisici (casse punto vendita, chiosco, pos) sia digitali (mobile app, totem, portale e-commerce, social network) per una gestione della clientela fidelizzata IN e OUT punto di vendita - dall’in-formazione alla transazione. Loyalty Activator 2.0 può essere installato in data-center ICTeam o in azienda.Hanno già scelto Loyalty Activator 2.0The easy way to know your customerLa soluzione per la gestione dellacustomer loyaltyICTeam S.p.A. GRASSOBBIO (BG) Via Azzano San Paolo, 139 tel. 035 4232111ROMA Via Mar della Cina, 304 Tel 06 70399218 richiedi info a: loyalty@icteam.itFIDELITY CARD44ENGAGEMENT&LOYALTYPromotion NOVEMBRE DICEMBRE2018Gdo Retail non food ServiziIndustriadi crm non promozionali (25%), affini alle dem. Ci stupisce che nessuno in questo comparto, che comprende le banche e la telefonia, ritenga l’app molto efficace. La gdo considera decisamente più efficaci i programmi fedeltà (40%) e i coupon (35%); ogni altro strumento è molto distante. Infi-ne, il retail non food pone anch’esso al primo posto il programma fedeltà (37%), che è seguito dalle dem (26%) e solo dopo dai coupon (23%). Soffermandoci sul tema del program-ma fedeltà, nel 2017 l’Osservatorio ha condotto un’analisi sui top 100 brand e retailer mondiali, dal quale è emerso che il 63% aveva un program-ma fedeltà (83% nel retail e 37% nell’industria). In Italia, l’anno scorso abbiamo registrato praticamente la stessa diffusione dello strumento (62%), che quest’anno si conferma (63%), anche nel dettaglio dei settori. Oggi la penetrazione dello strumento è: 41% nell’industria, 65% nei servizi, 70% nel retail non food e infine 72% nella gdo. Alla luce di quanto detto sopra sulle tipologie di dati di cliente disponibili e sulla capacità d’integrarli, non stupiscono le differenze che i programmi esteri best in class mo-programma su tre nel 2017 premiava i clienti per l’indicazione della modali-tà di contatto preferita. Ma il perimetro della personalizzazio-ne non è solo il programma loyalty, bensì tutta l’experience del cliente. La quasi totalità delle imprese (95%) ha in programma cambiamenti il pros-simo anno nella propria strategia di loyalty: tutti gli intervistati dei servizi, e quasi tutti nella gdo e retail non food, mentre il 12% dell’industria non farà modifiche. In particolare quasi un’azienda su due (46%) interverrà sul fronte della customer experience nella direzione di più personalizzazione e riconosci-mento del cliente tra touchpoint (in primis servizi e retail non food), e una su tre (38%) investirà per disporre di migliori insight di cliente (in primis gdo e industria). Questo è confer-mato dall’intenzione di rivolgersi, in misura superiore al passato, a forni-tori di strumenti di analytics, di cui parleremo in un articolo dedicato nel prossimo numero. Tra i settori emergono le seguenti os-servazioni: l’industria sente il bisogno di migliorare un po’ su tutto; nella gdo chiaramente sono sentiti i temi dell’insight e della strategia di loyalty; nel retail non food sono sentiti a pari merito la customer experience e la strategia di loyalty, mentre i servizi decisamente vedono come prioritario il cambiamento in ambito customer experience. Peraltro, gli studi confermano che migliorare la customer experience sui touchpoint paga: nel nostro lavoro con Nielsen del 2016 abbiamo riscon-trato che un miglioramento di un punto nella positività dell’esperienza porta a un aumento di oltre il 10% dell’intenzione di rimanere fedele e fare passaparola positivo nei consu-matori italiani. La diffusione del programma fedeltà in Italia per settori Totale campione 63% 65%41%70%72%strano rispetto ai programmi italiani: premiano i clienti anche per compor-tamenti non d’acquisto, per esempio per condivisioni e commenti sui social (nel programmi loyalty italiani accade solo nel 27% dei casi, dato 2017); raccolgono dati sui clienti al di là delle transazioni per un’insight più ricca, per esempio premiando la partecipa-zione a survey (lo faceva solo il 57% dei programmi fedeltà italiani nel 2017); personalizzano l’esperienza del cliente popolando il touchpoint sulla base delle sue attività precedenti. Ricordiamo su questo punto che uno studio dell’Osservatorio del 2015 sul panel Nielsen aveva mostrato che la percezione di personalizzazione del programma loyalty era fortemente correlata con la fedeltà al programma stesso. In altre parole, è necessario lavorare sulla personalizzazione del programma fedeltà per continuare a tenervi ingaggiati i clienti. Vi sono ampi margini di miglioramen-to, se solo il 66% delle aziende tiene traccia della partecipazione dei clienti alle iniziative di loyalty, il 56% ha in database le preferenze dei clienti per il canale con cui ricevere le comu-nicazioni del programma e solo un international@promosfera.com / info@promosfera.itwww.promosfera.itVuoi fare un concorso all’estero?Promosfera, al tuo fianco ovunque nel mondo.international@promosfera.com / info@promosfera.itwww.promosfera.itVuoi fare un concorso all’estero?PrPrP omosromosrfefef rarar , al tuo fiancoa, al tuo fiancoa ovunque nel mondo.Vuoi fare un concorso all’estero?Promosfera, al tuo fianco ovunque nel mondo.Negli ultimi anni, in molti eventi e convegni nazionali e internazionali viene affrontato il tema dell’omnica-nalità, soprattutto dalla prospettiva delle imprese. Se le sfide principali per l’azienda che vuole intraprendere un percorso verso l’omnicanalità sono di tipo tecnologico e organizzativo, non bisogna però dimenticarsi che inve-stire nel passaggio da multicanalità a omnicanalità ha senso solo se l’effetto di questa trasformazione sul cliente è significativo ed evidente. Quest’anno l’Osservatorio Fedeltà dell’Università di Parma ha deciso di studiare l’omnicanalità assumendo proprio la prospettiva del cliente. La ricerca è stata condotta nel settore abbigliamento perché le insegne in questo ambito hanno già sviluppato alcuni servizi d’integrazione tra canali, pertanto è possibile studiarne l’impatto sulla fedeltà della clientela. I risultati sono stati poi espansi da Nielsen all’u-niverso dei quasi 53 milioni di indi-vidui di età maggiore di 14 anni. Gli obiettivi? Cercare di capire se il cliente si accorge e percepisce l’omnicanalità. Questo, come premessa per rispon-dere a una domanda che si pongono molte aziende: integrare i canali online e offline per creare un’esperienza senza cuciture ha un impatto positivo sulla fedeltà dei clienti (e quindi sulla loro spesa)? E se l’impatto è positivo, l’effetto è maggiore o minore rispetto a quello delle leve classiche dell’instore marketing? L’ultimo obiettivo dello Secondo una ricerca dell’Osservatorio Fedeltà dell’Università di Parma in collaborazione con Nielsen rapporto qualità/prezzo e assortimento sono ancora le leve che fidelizzano maggiormente il cliente, ma un approccio omnicanale è positivamente apprezzato Marco IevaDocente di crm e customer analytics Università di ParmaPromotion NOVEMBRE DICEMBRE201846La fedeltà è garantita ancora dalle leve classiche più che dall’omnicanalità ENGAGEMENT&LOYALTY I punteggi ottenuti dalle 10 migliori insegne di abbigliamento per omnicanalità percepitaapprezzamento leve classiche e relativa fedeltà espressa dai clientiScala da 0 a 100 punti Fonte: elaborazioni Osservatorio Fedeltà su Nielsen Consumer Panel 2018 (metodologia Cawi) OMNICANALITÀ PERCEPITA APPREZZAMENTO LEVE CLASSICHE FEDELTÀ ESPRESSA DAI CLIENTIIl 68% degli italiani acquista abbigliamento perlopiù presso insegne attive sia con il negozio fisico sia con l’ecommerce A 73 B 72 C 64 D 63 E 63 F 63 G 62 H 60 I 60 L 58 A 75 M 74 B 74 F 73 N 72 I 71 D 71 E 71 O 71 C 70 A 83M 86B 85C 82D 82F 80E 78G 78H 77I 77N 77O 76L 75È interessante notare che alcune insegne presenti nella classifi ca top 10 per omnicanalità non sono incluse nella classifi ca delle top 10 per gradimento delle leve classiche, e viceversa. Pertanto il numero di insegne coinvolte è maggiore di 10, come risulta evidente anche nella colonna della fedeltà espressa dai clienti.ENGAGEMENT&LOYALTYstudio è infatti quello di stimare se i servizi di cucitura tra canali sono più o meno efficaci delle leve classiche instore, ovvero assortimento, rapporto qualità/prezzo, servizi del negozio, per-sonale di vendita, servizi post vendita e atmosfera del negozio. Gli interrogativi sono rilevanti, soprattutto considerando gli sforzi e gli investimenti necessari per la transizione, da parte delle aziende, verso l’omnicanalità. Il primo risultato della ricerca ci dice che il 68% degli italiani acquista abbi-gliamento prevalentemente presso una catena multichannel, ovvero un’insegna che mette a disposizione dei clienti sia il negozio fisico sia il sito web per gli acquisti. Proprio su questi clienti ci siamo focalizzati nella nostra indagine, visto che volevamo valutare l’efficacia dell’integrare canali online e offline. In particolare, abbiamo intervistato i clien-ti delle 34 principali catene di abbiglia-mento in Italia e costruito degli indici di omnicanalità, di gradimento delle leve classiche e di fedeltà che assumo-no valori da 0 a 100. Le insegne a cui i rispondenti si sono riferiti sono, per esempio, Ovs, Benetton, Stradivarius, Zara, H&M e tante altre. Il ranking omnicanalità ci dice che solo due insegne hanno un punteggio netta-mente più elevato delle altre. La distan-za tra la prima e la trentaquattresima insegna è di ben 20 punti. Inoltre, i vari aspetti dell’omnicanalità non sono tutti integrati allo stesso modo tra online e offline: prodotti e comunicazione pro-mozionale risultano, secondo i clienti, maggiormente integrati, mentre tutti gli altri aspetti hanno punteggi nettamente più bassi. Per quanto riguarda le leve classiche, la situazione è abbastanza diversa. È interessante notare che alcu-ne insegne presenti nella classifica top 10 per omnicanalità non sono incluse nella classifica delle top 10 per gradi-mento delle leve classiche, e viceversa. Inoltre, troviamo una forte sovrapposi-zione competitiva sul gradimento delle leve classiche dello store tra le diverse 47Promotion NOVEMBRE DICEMBRE2018I criteri di misurazione adottati nella ricercaIl primo passo della nostra ricerca è stato capire come misurare l’omnicanalità. A questo scopo ci è stato di aiu-to il monitoraggio degli studi accademici internazionali che effettuiamo regolarmente: proprio qualche mese fa è stata sviluppata e pubblicata una misura di omnicanalità che rileva come il cliente percepisce l’integrazione tra canali online e offline su 6 aspetti: i prodotti, l’accesso crosscanale alle informazioni, la storia del cliente, il custo-mer service, l’acquisto e il pagamento, la comunicazione promozionale. La misura racchiude una serie di affermazioni su situazioni molto concrete che il cliente è chiamato a valutare rispetto ai 6 citati aspetti. Ecco di seguito alcuni esempi di cosa viene misurato per ciascun ambito: 1. prodotti: i prezzi e le descrizioni dei prodotti sono allineati tra punti di contatto online e punto di vendita? 2. accesso crosscanale alle informazioni: c’è la possibilità, attraverso per esempio un catalogo virtuale, di accedere alle informazioni sui prodotti nel punto di vendita senza interagire con il personale di vendita? 3. storia del cliente: c’è la possibilità per il cliente di poter accedere in qualsiasi momento ai suoi acquisti fatti online e offline o di visualiz-zare pagine web o annunci personalizzati rispetto alla storia degli acquisti svolti su tutti i canali? 4. customer service: il cliente può avere assistenza online per un acquisto fatto offline e viceversa? 5. acquisto e pagamento: il cliente può usufruire del “click and collect”, quindi acquistare online un prodotto che ritira nel punto di ven-dita, o può redimere online un coupon fisico ricevuto in store? 6. comunicazione promozio-nale: vi è coerenza delle pro-mozioni tra canali diversi e sono disponibili servizi come lo store locator che servono a promuovere il punto di ven-dita fisico sul canale online e viceversa? Il secondo passo della nostra indagine è stato quello di misurare il gradimento delle leve classiche del punto di vendita fisico. Nello specifico, la misura usata ha previsto di rilevare il gradimento, da parte dei clienti, delle seguenti leve: novità e varietà dell’assortimento, rapporto qualità/prezzo, personale del negozio, servizio post vendita, atmosfera del negozio, vivibi-lità del negozio. L’ultimo passo è stato quello di misurare la fedeltà della clientela, rilevata come inten-zione di riacquistare presso l’azienda e di fare passapa-rola positivo presso amici e parenti. Con queste misure di omnicanalità, leve classiche e fedeltà, abbiamo condotto una ricerca in collaborazione con Nielsen. La ricerca ha previsto la somministrazio-ne di un questionario con metodologia Cawi sul Panel Consumer Nielsen volto a indagare il percepito degli shopper di capi d’abbiglia-mento (esclusi accessori e calzature) sul negozio preva-lente frequentato negli ultimi 6 mesi per i propri acquisti. (M. I.) Next >