< PreviousCresce l’investimento in innovazione digitale Da una ricerca della School of Management del Polimi emerge che l’adozione di modelli partecipativi stimola la crescita digitale delle imprese Francesca Cannella Le imprese italiane hanno aumenta- to negli ultimi 4 anni gli investimenti nell’area dell’innovazione digitale e pre- vedono nel prossimo anno di accresce- re il budget destinato all’information te- chnology in media tra il 2,8% e il 2,9%. A trainare la crescita degli investimenti digitali sono le grandi e grandissime imprese, che prevedono un incremen- to nel 45% dei casi, specialmente nei settori big data analytics (42%), infor- mation security, compliance e risk ma- nagement (36%), sistemi erp (29%) e crm (29%); invece, solo il 23% delle pmi destinerà maggiori risorse all’ict e lo farà soprattutto per potenziare le aree dell’erp (37%), del crm (28%), del mobile business (24%) e del data cen- ter, information management e virtua- lizzazione (24%). Sull’impatto del digitale come driver di crescita e innovazione indaga “Innova- zione digitale 2020. Imprese e startup insieme verso l’open company”, la sur- vey (pubblicata a dicembre) condotta dagli Osservatori Digital Transforma- tion Academy e Startup Intelligence della School of Management del Poli- tecnico di Milano in collaborazione con PoliHub su un campione di 800 chief innovation officer, chief information officer, imprenditori e c-level di grandi, grandissime e piccole e medie imprese. La ricerca evidenzia che per favorire il processo d’innovazione le grandi azien- de, fino a questo momento, hanno intrapreso azioni mirate a sviluppare attitudini di change management nel- la leadership (43%), iniziative di for- mazione (40%) e di action learning (30%) rivolte ai dipendenti, contest e hackathon interni (26%), mentre solo in misura minore hanno avviato colla- borazioni con startup (10%). Vi è poi una serie di imprese che adottano strategie e soluzioni di open innovation, il nuovo modello organiz- zativo che prevede la collaborazione e lo scambio con enti esterni all’azienda, come per esempio startup, università e aziende non concorrenti, per accedere a nuove tecnologie, testare innovazioni e prodotti con tempi e budget definiti e arricchire così la propria offerta sul mercato. Nel gruppo delle aziende più lungimiranti e aperte alle prospettive del nuovo modello partecipativo figura solo il 28% delle pmi, di cui il 4% col- labora con startup, mentre il 73% delle grandi aziende ha già avviato iniziative di open innovation e, tra esse, il 24% collabora da più di tre anni con startup. Tra le iniziative “open” maggiormen- te intraprese vi sono le collaborazioni con università e centri di ricerca (64%), startup intelligence (49%) e aziende consolidate (39%), con l’obiettivo d’in- corporare al proprio interno stimoli acquisiti dall’esterno (la cosiddetta in- bound open innovation); seguono l’or- ganizzazione di call4ideas, call4startup e contest (32%), di hackathon, data- thon, appathon (27%) e le fusioni e acquisizioni (25%); meno diffuse, ma in crescita rispetto allo scorso anno, vi sono poi le iniziative outbound open innovation finalizzate a esportare sti- moli d’innovazione interna (25%), tra cui lo sviluppo di modelli di business a piattaforma, joint venture con altre realtà e licensing di prodotti; infine vi è l’impiego di format quali corporate incubator e accelerator (18%) e corpo- rate venture capital (11%) e del crowd- sourcing (9%). L’ INNOVATION MANAGER ENTRA NELLE AZIENDE Si occupa di valutare e scegliere nuove oppor- tunità d’innovazione per l’azienda, gestire i progetti avviati e il relativo budget, favorire il cambiamento culturale, introdurre nuo- vi modelli organizzativi. È l’innovation manager, un nuovo ruolo aziendale già presente nel 31% delle grandi imprese interpel- late dalla ricerca della School of Management del Politecnico di Milano, su cui sta scommettendo anche il ministero del- lo Sviluppo economico (Mise), che ha introdotto un albo dedicato a tale professione e un voucher a fondo perduto per le pmi mediante lo stanzia- mento di 75 milioni di euro. L’indagine evidenzia però che solo il 32% delle pmi è a conoscenza dell’e- sistenza del voucher e che, tra esse, soltanto l’11% ha intenzione di usufruirne. 18 SCENARI Promotion NOVEMBRE DICEMBRE2019SCENARI La “teoria delle catastrofi” si sviluppa nell’arduo campo della topologia diffe- renziale e, in parole molto povere, razionalizza i cambiamenti repentini di stato dopo una lenta, progressiva sequenza di variazioni infinitesimali. Insomma, spiega ciò che la saggezza popolare colse nelle massime espe- rienziali “dell’ultima goccia che fa traboccare il vaso” o “della pagliuzza che spezza la schiena all’asino”. Nel retailing i fenomeni sono lenti, impercettibili, ma, saltuariamente, pro- ducono anch’essi quelle rotture dello status quo che alimentano la rotazione della famosa wheel of retail, favoren- do nuovi player e schiacciando quelli più inefficienti. Non a caso, negli Usa oggi si parla di “retail apocalypse”, dato che storiche e prestigiose insegne sono finite o rischiano di finire, ina- spettatamente e inconsapevolmente, nel Chapter 11 della legge fallimen- tare statunitense. Anche in Italia si avvertono segnali preoccupanti che invitano a meditare. Dunque, riprendendo l’esempio riportato nell’articolo pubblicato sul precedente numero di questa rivista relativo all’insediamento di nuove in- segne nella realtà di una middletown dell’hinterland milanese, possiamo cogliere anche quest’aspetto, ovvero il lento mutare dei rapporti di forza tra concorrenti. Purtroppo, nonostante la dovizia di convegni ed esternazioni di esperti, non si è mai prestato attenzio- ne alla necessità di adottare il cosid- detto “individualismo metodologico” nell’analizzare fenomeni come quelli di nostro interesse. Mi riferisco alla consapevolezza che il risultato finale di un processo globale, quale il mutare della “domanda del mercato”, altro non è che la somma infinitesimale di microeffetti che scaturiscono da psi- cologie, abitudini, fenomeni cognitivi (tra loro tutti diversi) di ogni cliente coinvolto dal sistema. Ciascun cliente ha infatti le sue “buone ragioni” per scegliere in un certo modo e, solo in questo senso, va ritenuto “razionale”. Il livellamento sta- tistico del tutto, che conduce a pochi numeri di sintesi, è il più delle volte un piacevole inganno. Un esempio è l’idea metafisica per cui cambiando il livello dei prezzi a scaffale di una serie di prodotti si dovrebbe avere una reazione generalizzata, uniforme e prevedibile da parte di un ampio pubblico di consumatori. Se così fosse, i discount, insensibili alle forsennate promozioni dei supermercati classici, non avrebbero raggiunto i livelli di Nel nostro paese l’offerta di ogni insegna è più o meno analoga a quella dei concorrenti e il sistema distributivo non è ancora gerarchicamente strutturato tra chi segue logiche del prezzo e chi si propone come specialista nella qualità e nel servizio Daniele Tirelli www.danieletirelli.it (Amagi) Promotion NOVEMBRE DICEMBRE2019 Per i clienti è difficile capire quali siano i punti di vendita realmente più vantaggiosi IL CAPITALE UMANO Il mutamento graduale delle scelte individuali, indotto dai primi outsider che stanno cambiando le regole del gioco, preme sempre più forte sullo status quo e prelude a un radicale riassetto dell’arena competitiva. 20Loyalty Activator 2.0 è un applicativo per creare e gestire programmi di fi delizzazione fl essibili, basati su regole di accumulo sofi sticate e facilmente confi gurabili Loyalty Activator 2.0 può gestire indifferentemente accumulo di punti/crediti e/o applicazione di sconti e la tracciatura del customer journey sia attraverso i canali fi sici (casse punto vendita, chiosco, pos) sia digitali (mobile app, totem, portale e-commerce, social network) per una gestione della clientela fi delizzata IN e OUT punto di vendita - dall’in- formazione alla transazione. 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Si ri- sparmia rispetto alle tradizionali Coop ed Esselunga? Boh! Molte marche esposte non si possono confrontare e, ovviamente, neppure le private label e neanche le specialità locali e quelle al banco. Dunque, tutto il discorso si sta spostando sul terreno impalpabile del- la qualità percepita, del servizio, della simpatia, dell’ambiente, della comodi- tà ecc. Su tutto, fuorché sui prezzi. La cosa strana è che i retailer italiani predicano ossessivamente la rilevanza strategica del prezzo, ma rifiutano di tradurla in veri strumenti di controllo reciproco, come per esempio il “saving catcher” di Walmart o la “liste des vos courses” di Super U. Il primo strumen- to nasce dalla rilevazione sistematica dei prezzi comparabili dei concor- renti in ogni location e dal sistema di rimborso automatico sulla Walmart Credit Card dei clienti delle varie differenze negative di prezzo rispetto a quelli del “gigante di Bentonville”. In questo modo la retaliation di Walmart azzera ogni differenziale competitivo a proprio sfavore, ribadendo il proprio ruolo di “price setter” da non sfida- re. Il secondo strumento, molto più semplice, consiste nel memorizzare e rendere disponibile per ogni posses- sore di una card familiare di Super U il tracciato delle spese fatte. Questo evita la fatica di tenere gli scontrini e di sommarli (pratica adottata solo da una minoranza veramente ristretta di clienti) per controllare l’effettivo risparmio complessivo. Si tratta di una soluzione adottata, peraltro, anche da Amazon. Tuttavia, questi esempi non sembrano interessare le insegne italiane. Da un lato c’è chi sembra ineluttabil- mente legato alle promozioni hi-lo e chi ritiene (sbagliando) che il diminu- ire l’asimmetria informativa a sfavore dei propri clienti possa renderlo più vulnerabile agli attacchi della con- correnza. Dall’altro, c’è chi, come Unes-U2, ha adottato la politica dell’e- dlp (every day low price), ma non si è dotato degli strumenti che potrebbero dimostrare (analogamente a Super U) come, nel medio periodo, i propri prezzi stabili risultino più convenienti delle promozioni profonde ma sal- tuarie degli altri, evitando peraltro di condizionare la scelta del cliente. Il risultato è che nel nostro paese l’offerta di ogni insegna è più o meno analoga a quella dei concorrenti. Il sistema distributivo non è ancora ge- rarchicamente strutturato tra chi segue logiche del prezzo e chi si propone come specialista nella qualità e nel servizio. Ne discende pertanto un’inefficienza complessiva che va a scapito delle scelte della clientela, ma anche di una concorrenza basata su distinzioni più chiare. In conclusione, nella nostra middle- town, così come in altre situazioni analoghe, il mutamento graduale delle scelte individuali, indotto dai primi outsider che stanno cambiando le regole del gioco, preme sempre più forte sullo status quo e prelude a un radicale, abbastanza imminente, rias- setto dell’arena competitiva che varrà la pena di seguire attentamente. LA RILEVANZA STRATEGICA DEL PREZZO MISURATO I retailer italiani predicano la rilevanza strategica del prezzo, ma rifiutano di tradurla in veri strumenti di controllo reciproco, come per esempio il “sa- ving catcher” di Walmart. La soluzione consiste nel mettere in grado ogni cliente, dotato di un’ap- plicazione scaricabile sul proprio smartphone da sa- vingscatcher.walmart.com, di sottoporre ad analisi il proprio scontrino, atti- vando un confronto con i prezzi pagati in Walmart rispetto a quelli praticati dai concorrenti in zona (con alcune limitazioni). La rilevazione sistematica dei prezzi comparabili dei concorrenti in ogni location e il sistema di rimborso automatico sulla Walmart Credit Card dei clienti delle varie differen- ze negative di prezzo ri- spetto a quelli del “gigante di Bentonville” azzera ogni differenziale competitivo a proprio sfavore, ribadendo il proprio ruolo di “price setter” da non sfidare. international@promosfera.com / info@promosfera.it www.promosfera.it24 SCENARI Se è vero che in molti auspicano la fine dei flyer e delle loyalty, ciò è dovuto principalmente alla complessità di verifica degli investimenti promoziona- li. Ci sono casi come Unes in Italia, o Costco negli Usa che ne rifiutano l’uso. Un’altra, per ora piccola e misconosciu- ta realtà che veleggia controcorrente, è la catena di supermercati russa Mere sbarcata in Germania per condividere con i colossi Aldi e Lidl la sovrappo- sizione del target. Nel noto schema della “wheel of retail”, la nuova insegna russa si colloca, infatti, nella prima fase con una strategia penetrativa semplice: profilo basso, margini bassi e prezzi bassissimi. Mere addirittura si vanta di avere i prezzi più bassi di tutta la Ger- mania e non propone alcuna promo- zione, nel senso letterale del termine, all’interno dei suoi punti di vendita. La promozione, caso mai, è il prezzo stesso, in apparenza, “irrazionalmente” basso. Infatti, a rigor di logica, qualsiasi promozione non è forse la dimostra- zione che il regular price non è il più basso possibile? Per il momento sul territorio tedesco sono stati aperti due punti di vendita Mere e uno a marchio TS-Markt (tutti appartenenti alla catena russa Torgser- vis), ma l’espansione è continua dato che è stata pianificata l’apertura di circa 100 filiali principalmente nella Germania Orientale. Se a tutto questo aggiungiamo che attualmente la società russa sta cercando altri spazi commer- ciali anche in Polonia, dopo il successo delle aperture in Romania, si compren- de facilmente la dinamica estremamen- te aggressiva di questo discount. La prima filiale tedesca è stata inaugurata a Lipsia-Portitz il 29 gennaio 2019 in un ex punto di vendita Aldi (da qui l’ironi- co soprannome di “Aldi Russo” per la particolare clientela che lo frequentava) e la scelta non è casuale. In seguito alla riunificazione tedesca, Lipsia, come numerose altre città della Germania dell’Est, ha dovuto sopportare, nel bre- ve periodo, una forte crisi economica e una progressiva riduzione del numero di abitanti. Negli ultimi due decenni tuttavia la situazione è migliorata, dato che la disoccupazione è diminuita e vi è una grande disponibilità di vasti edi- fici a uso commerciale. La condizione di essere una delle città meno costose d’Europa l’ha resa pertanto particolar- mente appetibile per gli investimenti di numerose grandi aziende, come di- mostrano gli stabilimenti Bmw, Porsche e Amazon. Si aggiunga che più di un milione di rifugiati economici sono fug- Viaggio all’interno di un punto di vendita Mere della catena siberiana Torgservis che con una strategia tutta incentrata sull’estremo ribasso dei costi di gestione e prodotti sempre più economici sbarca sul mercato europeo Loris Tirelli www.amagi.it Promotion NOVEMBRE DICEMBRE2019 24 La sfida al ribasso della distribuzione russa ai colossi dell’hard discount tedesco L’arte russa della miniaturizzazione nel caso della catena discount Mere si applica ai costi ridotti fino ai minimi termini, riproponendo il mistero dell’efficacia delle promozioni, con le loro complesse relazioni tra prezzi, advertising, incentivazioni e logiche di marca.26 SCENARI Promotion NOVEMBRE DICEMBRE2019 giti in Germania solamente nel 2015 e che a Lipsia vi è una popolazione sorprendentemente ampia di immigrati russi e dell’Europa orientale. Si possono comprendere dunque le ragioni che hanno spinto Mere a insediarsi proprio in questa città e a ricercare location nell’ex stato comunista dove il potere di spesa è ancora relativamente basso. Data la sua posizione periferica e la sua scarsa attrattività, probabilmente sono stato il primo italiano a visitarne la sede, immediatamente colpito dall’a- spetto estetico del punto di vendita: il termine “arredamento” per Mere è un eufemismo. Il layout di circa 1200 mq è shabby e minimalista, ma i clienti non badano al look del negozio e prelevano i prodotti, scartando diretta- mente i fardelli sui pallet. Gli alimentari rappresentano circa il 70% dell’offerta, ma sono presenti anche prodotti tessili, farmaceutici e per la pulizia della casa. L’illuminazione, con tubolari indu- striali al neon appesi in file parallele, è essenziale e tipica di un magazzino. Il pavimento è pulito e costituito da pia- strelle grigie a buon mercato e, sebbene nuovo, sembra già notevolmente con- sumato. L’interno prevede espositori e celle refrigerate solo per l’alimentare fresco. Le marche presenti sono tipiche dei paesi dell’Est Europa (per esempio il latte Madeta della Repubblica Ceca o i succhi di frutta Hello della Slovacchia) e vengono vendute, generalmente, in grandi formati (persino il formaggio grattugiato). I wurstel e gli altri insaccati arrivano a pesare anche 3 kg. Le coto- lette sono imbustate in grandi confezio- ni trasparenti prive di marchi e con un semplice adesivo per le informazioni nutrizionali e relative agli ingredienti. Si nota, infine, l’offerta per smaltire scorte eccedenti di alcuni prodotti a scadenza ravvicinata. Insomma “less is more” è il principio guida di Mere. Ovviamente, i suoi prezzi sono percepiti come im- battibili, ma Mere si concede ulteriori sconti di prezzo per rimarcare ancora di più il concept. Basti pensare al fatto che la politica di pricing praticata da Mere ha attratto così tanti clienti nella prima settimana di inaugurazione, da indurre la catena a chiudere due giorni per poter rifornire il negozio. Mere è riuscito a stupire Lipsia e a irritare an- che Aldi con label che hanno meravi- gliato e sbalordito i primi visitatori per l’offerta di prodotti a meno di 1 euro. Alcuni esempi: un Bierwurst (salsiccia affumicata della Baviera, dal sapore agliaceo e dal colore rosso scuro) da 2,6 kg a 8,47 euro. Un litro di latte Madeta a 0,49 euro. Succo d’arancia in tetrapak a 0,22 euro. Burro Kerrygold a 0,92 euro contro i 2 euro di Aldi e Lidl. Wurstel di pollo Hummlinger 500 gr a 0,85 euro. A queste condizioni la clientela, composta in parte da pen- sionati, è disposta ad accettare anche il rovescio della medaglia, cioè un investimento maggiore di tempo alla barriera casse che, nei giorni di punta, può richiedere anche un’ora di attesa. La pubblicità rivela l’ossimoro dell’ap- proccio del discount russo: una comu- nicazione silente. Il tutto è caratteriz- zato dalla mancanza di orientamento e segnaletica all’interno del punto di vendita per far parlare solo i prezzi. Se si escludono le sporadiche scritte “Aktion” che rimarcano la convenienza dei prodotti, si può affermare che Mere comunica molto poco e lascia che sia il cliente a percepire i vantaggi di con- venienza. Persino le shopping bag sono interamente gialle e prive di logo. In conclusione, l’insegna russa lavora, nel senso letterale della parola, al limite del buon gusto convenzionale, ma non di quello della sua affezionata clientela, riproponendo il mistero dell’efficacia delle promozioni, con le loro com- plesse relazioni tra prezzi, advertising, incentivazioni e logiche di marca. I FONDAMENTI STRATEGICI DI MERE-TORGSERVIS Massimo risparmio sotto ogni profilo, dalla scelta dei luoghi in cui collocare i punti di vendita all’arre- damento, inclusi i carrelli della spesa con tracce di ruggine, probabilmente già usati e riciclati. I costi di gestione (compreso il costo del lavoro) risultano quindi ridotti al massimo così come i margini di profitto, con l’unico scopo di ridurre il più possibile il prezzo al pubblico dei prodotti proposti, gra- zie anche a una politica distributiva che fa leva sui seguenti aspetti: acqui- sto diretto da fornitori (principalmente dell’Est); prodotti non di marche celebri o scartati dai cir- cuiti Edeka, Rewe o Aldi per errori di produzione; merce con shelf-life breve e anche con piccoli difetti (per esempio il burro che non si è mantenuto nella forma cuboide, le lattine ammaccate ecc.)Next >