< Previous18 SCENARI Promotion GENNAIO FEBBRAIO2020 La difficoltà di adottare una strategia univoca verso i concorrenti La presenza sullo stesso territorio di molteplici insegne concor- renti tra loro, come nell’esempio che riportiamo in tabella relativo a Coop, fa si ché vi sia un’inevitabile sovrapposizione di clientela. Partendo dal dato per cui il 31% dei clienti di Coop riconosce ad essa il miglior quoziente qualità/prezzo, il rimanente 69% indirizza il proprio goodwill su altre insegne. L’elenco in tabella si limita ai concorrenti che condividono almeno il 10% del parco clienti. Emerge che una metà del parco clienti di Coop frequenta anche Conad e un’altra metà (di diversa composizione rispetto alla prima) frequenta anche i discount Lidl e poi, scendendo, tante altre inse- gne tra cui localmente figura Esselunga. Si tratta di forme di concorrenza molto diverse tra loro che pongono difficoltà su quale strategia adottare. Il 31% dei clienti Coop attribuisce a Coop stessa il miglior q/p, il rimanente 69% indirizza il proprio goodwill su altre insegne Conad Lidl Eurospin Carrefour Esselunga Auchan Penny Market I clienti di Coop... ...che attribuiscono il miglior q/p a un’altra insegna Despar Md Pam Famila Bennet Aldi Decò Crai 16% 15% 13% 12% 11% 10% 10% 10% 51% 51% 41% 43% 30% 26% 16% 1% 1% 0,3% 1% 0,5% 1% 0,4% 1% 10% 9% 10% 4% 11% 4% 1% distanza”, ma date le circostanze “sono un cliente radicalmente diverso per le varie insegne menzionate”. Vedendole come dei centri d’attrazione, quali- tà, prezzi, servizi, sono variabili che aumentano solo la probabilità che io esca dall’orbita dell’una per entrare temporaneamente in quella di un’altra. Da qui nasce la complessità e la dram- maticità del gioco competitivo. L’entità d’una promozione tale da aumentare l’attrazione della clientela fluttuante e la probabilità dei suoi ac- quisti può costituire un’emorragia dei profitti estratti dalla clientela fidelizzata e avere un costo proibitivo. Insomma, detto ciò, forse il concetto di un rap- porto qualità/prezzo da intendersi in un’ottica puramente soggettiva e non quantificabile con osservazioni esterne alla mente dei consumatori dovrebbe TIRELLI_PM186_6a.indd 18TIRELLI_PM186_6a.indd 1803/03/20 16:0303/03/20 16:03PM_PUBB_VERIFICA.indd 1PM_PUBB_VERIFICA.indd 118/02/20 15:3318/02/20 15:3320 SCENARI Promotion GENNAIO FEBBRAIO2020 Un aspetto della crisi degli ipermercati Per comprendere le origini della crisi apparentemente irreversibile degli ipermercati, di cui si parla tanto, può essere interessante esa- minare il caso di Carrefour. Essendo stata antesignana del concetto “tutto sotto lo stesso tetto” risulta chiaro che l’insegna francese si trova ad avere un’arena competitiva amplissima di tanti soggetti diversi. Separando i 3 settori analizzati è possibile allora calcolare il grado di sovrapposizione della sua clientela. Una prima conclu- sione deriva dalla constatazione che oggi l’ipermercato si trova ad affrontare una situazione competitiva che lentamente, anno dopo anno, è strutturalmente cambiata rispetto ai tempi in cui l’ipermer- cato operava in un sistema distributivo deconcentrato e non spe- cializzato. Il progressivo aumento dell’efficienza della supply chain di tanti specialisti sempre più integrati in network internazionali ha fatto sì che fronteggiare l’attacco simultaneo, in tutte le categorie, di category killer e competitor più grandi ed efficienti sia divenuto enormemente difficile. L’ipermercato dovrebbe, quindi, eccellere in tutto e adattarsi all’ininterrotta caduta dei prezzi determinata dalla globalizzazione dei commerci, e il tutto senza potersi garantire un aumento della fedeltà del proprio parco clienti altamente condiviso con altri: un compito tutt’altro che facile. Carrefour (6,948) Conad - Leclerc (4,293) Auchan/Simply (4,173) Lidl (3,913) Coop (3,734) Eurospin (2,895) Esselunga (2,815) Iper/Unes (1,198) 62% 60% 56% 54% 42% 41% 17% 100% Carrefour (6,948) Oviesse (3,794) H&M (3,594) Zara (2,935) Conbipel (1,797) Primark (0,938) Carrefour (6,948) Mediaworld (5,451) Unieuro (4,512) Online (4,512) Euronics (4,093) Expert (2,176) 55% 52% 42% 26% 14% 100% 78% 65% 65% 59% 31% 100% Grado di sovrapposizione delle famiglie condivise tra Carrefour e la concorrenza nei diversi settori Grocery Abbigliamento e accessori Elettronica ed elettrodomestici risultare chiaro. Pur esistendo gruppi di clienti fideliz- zati a un nome, va preso atto che esi- ste un vasto insieme di clienti nomadi che si spostano da un’insegna all’altra, senza una predilezione specifica. An- cor più importante è tenere presente che il feasible set delle insegne per ogni famiglia è condizionato dalla geografia, cioè dalla raggiungibilità dei vari punti di vendita collocati all’inter- no di un’isocrona più o meno ampia, diversa per ogni famiglia, a seconda del luogo in cui abita. A conti fatti, ogni famiglia frequenta più insegne per tante proprie “buone ragioni” che afferiscono alla vicinanza, alla casualità, alla ricerca di specifici prodotti/servizi ecc. Dunque, non a tutte le insegne frequentate può essere riconosciuto un identico rapporto q/p. (nella parentesi il numero di famiglie in milioni) TIRELLI_PM186_6a.indd 20TIRELLI_PM186_6a.indd 2003/03/20 16:0303/03/20 16:03PM_PUBB_VERIFICA.indd 1PM_PUBB_VERIFICA.indd 131/01/20 13:1431/01/20 13:1422 SCENARI Promotion GENNAIO FEBBRAIO2020 Solo una tra esse potrà fregiarsi di questo riconoscimento. Questo spiega le percentuali del goodwill, a prima vista ritenute piuttosto basse, ma an- che l’eccezionalità dei risultati ottenuti da Esselunga e Tosano, e anche da Lando. Un altro aspetto fondamentale per giudicare la natura del dato di goo- dwill assoluto e di quello relativo è, dunque, l’analisi della sovrapposizione del parco famiglie sia a livello naziona- le sia a livello di area. Come ribadito più volte, non è detto che i clienti che frequentano altre insegne rispetto a quella di riferimento lo facciano spinti da un miglior rapporto qualità/prez- zo. Prendiamo come esempio, scelto per maggiore semplicità, il caso di Coop, un’azienda ai primi posti come goodwill assoluto e che, date le sue di- mensioni, è un leader di mercato. Dai dati raccolti emerge come metà del suo parco clienti frequenta anche Co- nad e un’altra metà (di diversa compo- adeguatamente alla “polarizzazione” delle preferenze della sua clientela. Da una parte la specializzazione di Esse- lunga, dall’altra il richiamo dei prezzi bassi dei discount. Sono considerazio- ni queste che si estendono, in diversa misura, a tutti gli attori sul mercato e che colpiscono in modo particolar- mente forte gli ipermercati, costretti a competere in un’arena popolata da tanti soggetti diversi. Sembrerebbe valere, quindi, con le debite eccezioni, una regola: più si aumenta di dimensioni, più decresce il goodwill relativo, ovvero la piena soddisfazione del proprio parco clienti. Ne discende un principio: l’arte e la tecnica del commercio di beni di largo consumo si fondano su un chiaro posizionamento e, qualora si cerchi- no punti di eccellenza, sulla cura del dettaglio (Retail is detail!). Concludiamo, entrando nel merito di due grandi comparti non alimentari, l’elettronica e l’abbigliamento, per i sizione rispetto alla prima) frequenta anche i discount Eurospin e Lidl e poi scendendo tante altre insegne. Tra esse, localmente vi figura Esselunga. La natura di un grosso e rilevante pro- blema (generalizzabile anche ad altri) è la necessità di Coop di rispondere Francesco Scarcelli, brands purchasing manager wines, beers and spirits di Coop Italia prima classificata per miglior q/p reparto vini. C’è differenza tra consumer experience e shopper experience Un’esperienza consiste essenzialmente nella raccolta d’informazioni e nella loro elaborazione e poi nella sedimentazione del ricordo dopo un’azione, una sperimentazione. L’esperienza di consumo di un brand è un fenomeno che si ripete sistematicamente nel tempo, producendo la cosiddetta fedeltà alla marca. Vi è fedeltà quando un consumatore è insensibile alle sollecitazioni psicologiche di altre alternative. Rara- mente, nella realtà, la reiterazione del consumo si basa su un’effettiva, simultanea comparazione di due o più marche. Per fare un esempio immediato, il piacere gustativo derivante dal consumare la pasta X si confronta nella mente con il ricordo delle sensazioni legate al consu- mo (più o meno lontano nel tempo, più o meno decontestualizzato) della pasta Y. Solo in particolari circostanze può aver luogo il “declick” che fa scattare il cambiamento; e tutto ciò per il consiglio di un amico, una suggestione televisiva, un pranzo fuori casa ecc. In breve, tranne il caso del lancio di nuovi prodotti, non si tratta di un’esperienza esplorativa, ma piuttosto di un’esperienza conservativa, rafforzativa delle abitudini e delle convinzioni di un individuo che si relaziona ripetutamente con il suo oggetto di consumo. La shopper experience viceversa ha una natura esplorativa, di scoperta, in quanto l’offerta varia (poco o tanto, ma potremmo dire, in prospettiva, sempre più velocemente) nel tempo, grazie alle tecniche di gestione degli assortimenti. Si pensi, a tal proposito, alle logiche stagionali e alle campagne promozionali. Di conseguenza e riassumendo, in questo secondo caso non vige il principio dell’aggre- gazione statistica delle preferenze del cliente verso un’insegna. Per aggregare occorre che siano rispettate, almeno a grandi linee, delle precondizioni di similitudine. È invece innegabile che non esiste alcu- na similitudine tra i carrelli della spesa di qualsiasi supermercato. Ciò detto, appare ancor meno sostenibile la riconducibilità di una spesa familiare alla sola convenienza di prezzo (relativo), in un senso mate- maticamente compiuto. Dal nostro rifiuto di adottare una metodologia quantitativa basata su osservazioni oggettive dell’universo distributivo, deriva lo spostamento del focus dallo studio dei prodotti a quello della clientela. In quanto tale, il nostro approccio non può che essere sog- gettivo, o per meglio dire, ispirato all’“individualismo metodologico”. I fenomeni legati agli acquisti di beni di consumo vanno analizzati, quindi, come un insieme di azioni individuali, motivate da una razio- nalità anch’essa individuale che, in quanto tale, non è percepibile e non è misurabile dall’“esterno”, ovvero in modo, appunto, oggettivo e condivisibile. TIRELLI_PM186_6a.indd 22TIRELLI_PM186_6a.indd 2203/03/20 16:0303/03/20 16:03DESENZANO DEL GARDA (BS) SAREZZO (BS) www.promotica.it La fortuna è cieca ma, per un concorso a premi davvero vincente, è necessario vederci lungo: occorrono esperienza, competenza e creatività. Promotica sviluppa la tua idea di concorso e ti suggerisce la giusta meccanica per la migliore redemption, selezionando premi di appeal, supportandoti nella parte legale e fiscale e gestendo le consegne dei premi. Affidati a Promotica per i tuoi Concorsi a Premio Concorsi d’Autore SCOPRI DI PIÙ sull’evento SCOPRI DI PIÙ sui ristoranti stellati PUOI VINCERE SUBITO 100 CENE DI GALA per 2 persone presso Palazzo Corsini, nel cuore di Firenze 300 CENE STELLATE per 2 persone in uno dei sette ristoranti stellati selezionati per te. 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Le strategie basate sull’assistenza e il servizio ipotizzate per un decennio si sono rivelate autolesioniste, in quanto complementari al commercio “gelido” Le classifiche di gradimento nei settori non food Nel comparto dell’elettronica di consumo ed elettrodomestici la nostra rilevazione conferma un dato che ormai non sorprende più. Dal punto di vista meramente numerico troviamo, come goodwill assoluto le “vendite online” una definizione composita che totalizza un 37% di riconoscimenti per il miglior rapporto q/p e un goodwill relativo di ben il 73,6%. Tra le insegne vere e proprie invece troviamo, al primo posto, il grup- po Mediaworld con un 23,6% di attribuzioni del migliore rapporto q/p e un 39% di goodwill relativo. È evidente infatti che la scelta del punto di vendita di prodotti tecnologici si configura oggi molto diversamente dalle logiche del grocery. La diversità si spiega con la bassa frequenza degli acquisti e soprattutto con la comodità della spesa online, nonché dalla pro- fondità assortimentale che viene offerta dall’ecommerce. Inoltre, ne discende che il dato si conferma negli stessi termini anche a livello delle subaree geografiche, ribadendo la leadership di Mediaworld. Nell’abbigliamento e accessori la diversificazione delle insegne e la particolare targettizzazione della clientela offre la visione di un’arena competitiva estremamente frazionata, sebbene si comincino ad avvertire i primi segnali di una progressiva concentrazione attorno a catene nazionali e multinazionali. Ovviamente anche il concetto di fedeltà all’insegna assume un’accezione particolare e molto diversa da quella del settore grocery. Due catene in particolare hanno raggiunto un parco clienti di oltre 10 milioni di famiglie (anche se in questo caso la distinzione tra cliente individuale e familiare diventa molto più ambigua). Comunque, mantenendo come riferimento le famiglie, spicca il dato di Oviesse che, ovunque in Italia, risulta essere l’insegna più apprezzata sia per quanto riguarda il comparto dei capispalla sia per la maglieria e altro. Il suo goodwill assoluto è del 13,2%, ma anche il goodwill relativo si distacca (assieme all’esordiente Primark) dalle altre, con un 31,8%. In conclusione, il settore dell’abbigliamento sembra essere co- munque soggetto, per sue particolari caratteristiche, a un notevole dinamismo che vedrà nelle prossime rilevazioni muovere apprez- zabilmente la classifica, in funzione delle innovazioni commerciali e distributive che si preannunciano. di Amazon e del commercio online. Per quanto attiene ad abbigliamento e accessori, a essere problematico è invece il termine prezzo. Per quanti sforzi siano stati dedicati dall’economia teorica, l’utilizzo dei cosiddetti “hedo- nic prices” non sono riusciti a divenire strumenti adattabili all’operatività. Trovandosi di fronte all’indecifrabile componente estetica di un contenu- to moda incorporato nel prodotto, diventa difficile rapportare la qualità riconosciuta a un prezzo monetario. Quali meccanismi psicologici portano un consumatore a pagare un prezzo doppio o triplo per un bene che a poca distanza di tempo verrà venduto in saldo? Senza entrare nella complessità del fenomeno moda, va ribadito che la vaghezza del concetto astratto di rapporto qualità/prezzo si accentua enormemente. Non resta dunque che affidarsi alla rilevazione delle opinioni, astenendosi da ogni giudizio nel meri- to della loro fondatezza. Nella mente di chi acquista il senso di un rapporto q/p è chiaro e cogente, ma all’osserva- tore che guarda e giudica esso risulta inesorabilmente sfuggente. Quale sia la differente qualità di diverse marche di jeans sdruciti e scoloriti e cosa ne giustifichi prezzi anch’essi differenziati resta un problema irrisolto, anche e soprattutto per sociologi ed esperti di settore. Nella foto di sinistra Giulia Staffieri, customer & digital director di Mediaworld che si è classificata prima per miglior q/p nel comparto Eldom. Nella foto di destra Monica Gagliardi, direttore marketing ed ecommerce di Oviesse che si è classificata prima per miglior q/p in assoluto e anche nel reparto “capispalla” e “maglieria”. TIRELLI_PM186_6a.indd 24TIRELLI_PM186_6a.indd 2403/03/20 16:3303/03/20 16:33PM_PUBB_VERIFICA.indd 2PM_PUBB_VERIFICA.indd 202/03/20 13:0902/03/20 13:09SCENARI Ormai si tratta di una conferma: la tanto evocata apocalisse del retail nel 2019 ha cominciato a manifestarsi in misura massiccia. Tra le più colpite le catene di negozi specializzati nell’abbi- gliamento, nelle calzature e accessori, nelle forniture per ufficio, nel settore dell’elettronica e dei giochi digitali, negli articoli di cartoleria e, ovviamen- te, i department store. A ben vedere, il primo segnale dav- vero forte era giunto con il crollo di Toys’R’Us nel corso del 2018. In quel caso, tuttavia, più che le difficoltà del mercato specifico, pare abbiano inciso le scelte di natura finanziaria dell’ultima proprietà. Lo scorso anno, invece, chi è stato costretto a tirare giù la saracinesca in modo definitivo lo ha fatto soprattutto per l’incapacità di competere sia con l’ecommerce sia con quei distributori, nati brick & mor- tar ma trasformatisi in breve in player multichannel (quali retailer capaci di vendere attraverso molteplici canali on e offline), in grado di sfruttare a loro volta l’innovazione digitale per diventare omnichannel, ossia distribu- tori che interagiscono con la propria clientela attraverso tutti i touchpoint a disposizione, digitali e non. Dopo il ricorso al Chapter 11 (cor- rispondente americano della nostra amministrazione controllata) da parte di Payless e Gymboree, ad aprile negli Stati Uniti gli analisti hanno indivi- duato una serie di insegne alle quali era stata assegnata una probabilità di fallimento che arrivava fino al 50%. Alcune stanno reagendo, altre sono capitolate. Oltre a Sears, snellita di centinaia di punti di vendita e sempre in fase di ristrutturazione, parliamo di Dressbarn, catena di abbigliamen- Gli ultimi tempi possono essere ben definiti tumultuosi per quanto riguarda l’evoluzione/rivoluzione in corso nel retail on e offline, il marketing e le loro intersezioni con il mondo digitale. Proviamo a fare una carrellata di quello che sta succedendo, propedeutica a successivi approfondimenti Filippo Genzini www.admirabilia.it Promotion GENNAIO FEBBRAIO2020 La trasformazione del retail provoca crisi e abbandoni ma anche nuove opportunità OLTRE LA SIEPE I department store sono tra le forme della distribuzione moderna più colpite dai cambiamenti in atto. 26 GENZINI_PM186_4a.indd 26GENZINI_PM186_4a.indd 2603/03/20 16:0903/03/20 16:09 Publishing & Collectible - Premium & Gift - Loyalty & Special Promotion PM_PUBB_VERIFICA.indd 2PM_PUBB_VERIFICA.indd 204/03/20 12:0204/03/20 12:02Next >