< Previous28 to femminile controllata da Ascena Retail Group, che già a maggio ha annunciato la cessata attività di tutti i suoi 650 punti di vendita. Bed Bath & Beyond ha iniziato a chiuderne 60 di punti, mentre Abercrombie & Fitch ha intrapreso un ulteriore ridimensiona- mento della rete. A luglio ha dichia- rato il ricorso al Chapter 11 anche Barneys New York, cui è seguito l’an- nuncio di A.C. Moore di chiusura dei suoi 165 negozi specializzati in articoli per le arti e l’artigianato. Delle ultime settimane la notizia che Macy’s, Pier 1 e Lucky’s Market ristruttureranno la rete con centinaia di chiusure, mentre Bose e Papyrus hanno deciso di uscire dal canale fisico diretto. Intanto in Gran Bretagna, altro paese soggetto a una vera rivoluzione nel settore della distribuzione, dopo House of Fraser, Lk Bennett, Hardy Amies, Mahabis e Blue Inc e dopo la crisi di BetterBathrooms, ha rischiato il fallimento anche BathStore. Più recen- te la notizia della chiusura dei magaz- zini Beales, mentre Asda annuncia licenziamenti soprattutto in sede, ma anche per quanto riguarda gli addetti di alcuni reparti serviti del fresco che vengono eliminati. Tesco nel frattempo si ritira da Male- sia e Thailandia, forse per concentrarsi maggiormente in patria, dove Aldi e Lidl sono gli unici distributori del largo consumo a continuare a cresce- re, nonostante un mercato a dir poco piatto. Ma i negozi di abbigliamento non soffrono solo nei mercati occidentali, se nelle Filippine il gruppo Robinsons Retail Holdings, operante in molteplici settori con quasi 4.000 punti di vendi- ta, dichiara l’intenzione di uscire pro- prio da questo settore, dove gestisce le catene Topshop e Dorothy Perkins. Non se la passa meglio la canadese Hudson’s Bay, che nel processo di razionalizzazione delle proprie attività ha di fatto già abbandonato l’Europa. Ovviamente, l’uscita di scena di molti player nel breve periodo rappresenta un’opportunità per i concorrenti più aggressivi e, in qualche misura, anche per gli altri. Che rischiano così di non rendersi conto in tempo di quanto sia indispensabile trasformarsi. Ciò non vuol dire solo adottare strumenti innovativi, magari digitali, quanto piut- tosto approfittare della loro adozione per elevare la cultura aziendale e migliorare i processi interni trasversali alle diverse funzioni, a cominciare da quello decisionale. Tra le altre conseguenze, segnalo un’abbondanza di spazi vuoti nei centri commerciali, dove hanno prosperato un tempo insegne senza un posizionamento forte e un ele- vato valore percepito da parte del L’e-tailer Birchbox ha fatto un accordo con Walgreens per inserire i propri corner di vendita presso un distributore fisico tradizionale. I RETAILER DIGITALI RILANCIANO I PUNTI DI VENDITA FISICI L’apertura di punti di vendita fisici da parte di retailer nativi digitali è un fenomeno che sta prendendo sempre più piede, in quanto consen- te a questi e-tailer di far conoscere e toccare con mano i propri prodotti a un pubblico più ampio: per esempio, per prende- re le misure nel caso di abbigliamento e calzature o integrare visite mediche specialistiche a prodotti o servizi per la salute ven- duti online, come le lenti a contatto o gli apparecchi per i denti. Oltre all’op- zione di aprire negozi propri, gli e-tailer hanno percorso anche quella degli accordi con distri- butori fisici consolidati per inserire propri corner di vendita o almeno le proprie linee di prodotto, come nel caso del servizio in subscription di articoli di bellezza Birchbox nei negozi di Walgreens. Che si tratti di negozi propri, corner o popup store, l’o- biettivo è quello di sfrut- tare un traffico di persone distanti dal profilo della propria clientela online e, ovviamente, aumentare così i volumi di vendita. L’uscita di scena di molti player nel breve periodo è un’opportunità per i concorrenti più aggressivi, ma non solo SCENARI Promotion GENNAIO FEBBRAIO2020 GENZINI_PM186_4a.indd 28GENZINI_PM186_4a.indd 2803/03/20 16:0903/03/20 16:09PM_PUBB_VERIFICA.indd 2PM_PUBB_VERIFICA.indd 224/02/20 10:5624/02/20 10:5630 SCENARI Promotion GENNAIO FEBBRAIO2020 di vendita fisici da parte di retailer nativi digitali. Un fenomeno che sta tuttavia prendendo sempre più piede, in quanto consente a questi e-tailer di far conoscere e toccare con mano i propri prodotti a un pubblico più ampio, prendere le misure nel caso di abbigliamento e calzature, integrare visite mediche specialistiche a prodotti o servizi per la salute venduti online, come le lenti a contatto o gli appa- recchi per i denti, giusto per fare un esempio. Oltre all’opzione di aprire negozi pro- pri, gli e-tailer hanno percorso anche quella degli accordi con distributori fisici consolidati per inserire propri corner di vendita o almeno le pro- prie linee di prodotto, come nel caso del servizio in subscription di articoli di bellezza Birchbox nei negozi di Walgreens. Che si tratti di negozi propri, corner o popup store, l’obiettivo è quello di sfruttare un traffico di persone distanti dal profilo della propria clientela online e, ovviamente, aumentare così i volumi di vendita. Un altro aspetto per cui i protagonisti dell’ecommerce si sono accorti di aver bisogno di una presenza fisica è relativo sia alla consegna sia ai resi di prodotto. Poter contare su punti di distribuzione e raccolta rappresenta un servizio per il cliente, un costo inferiore rispetto alla consegna o ritiro da parte dell’e-tailer e un’opportunità per il distributore offline di creare del traffico con un’offerta più ampia di prodotti e servizi. La stessa Amazon, oltre ad avere una propria presenza di negozi fisici appartenenti ormai a molteplici for- mati e insegne come Whole Foods, Amazon Go, Amazon Four Stars, con differenti obiettivi e conseguenti posi- zionamenti, ha da anni realizzato una distribuzione capillare di locker presso I social network hanno sviluppato funzionalità che consentono l’acquisto senza bisogno di uscire dalla piattaforma pubblico e che necessitavano di un magnete commerciale, andato a sua volta in crisi, sia che si trattasse di un ipermercato (in Europa) oppure di un department store (negli Stati Uniti). Un eccesso di offerta ormai palpabile anche nei centri cittadini. In Gran Bretagna, oltre a essersi persi nella distribuzione 10.000 posti di lavoro in un solo anno, si stima per esempio che vi sia un 20% di spazi commerciali in eccesso. Ecco allora che la crisi del retail fisico si ripercuo- te anche sui proprietari degli immobili che, quando non perdono un contrat- to di affitto, devono fare comunque fronte a richieste di rinegoziazione al ribasso. Non basta infatti a riempire gli spazi vuoti una maggior presenza di risto- ranti, bar ed esercizi specializzati sul tempo libero o altri tipi di servizi. Né, almeno per ora, l’apertura di punti L’acquisizione di La Redoute da parte di Galeries Lafayette è un esempio di e-tailer puro oggetto di un’acquisizione da parte di un’azienda tradizionalmente offline. catene partner (in Italia, per esempio Pam e Unes) e, di recente, installato dei chioschi nei centri commerciali in India come ulteriori punti di contatto con il pubblico di quel paese. Come sappiamo, il largo consumo e l’alimentare in particolare hanno ancora una quota di mercato margi- nale realizzata dall’ecommerce. Che si abbasserebbe ulteriormente se si escludesse il click & collect, formula che non può prescindere da un punto di ricevimento fisico. Non va tuttavia sottostimata la concorrenza sempre più forte portata ai reparti e alle categorie dell’alimen- tare dei punti di vendita tradizionali, soprattutto ma non solo nelle aree metropolitane, anche da parte dei servizi di consegna a domicilio di piatti pronti: operatori del settore della ristorazione che si propongono solo attraverso questo canale, non disponendo nemmeno di locali dove la clientela possa recarsi a consumare ma, soprattutto, catene di ristoranti più o meno fast, che consegnano pranzi (soprattutto in ufficio) e cene sottraendo occasioni di consumo al retail tradizionale. Il quale, a sua volta, apre punti di ristoro all’interno dei propri punti di vendita e sviluppa sempre più l’area dei piatti pronti e take away. Per non parlare di quelle catene, so- prattutto di grandi magazzini di fascia medio-alta, che ormai hanno integrato il ristorante insieme alla palestra e al salone di bellezza tra le esperienze da far provare alla propria clientela, moltiplicando così i motivi di visita. Mentre aumenta l’uso delle app per GENZINI_PM186_4a.indd 30GENZINI_PM186_4a.indd 3003/03/20 16:0903/03/20 16:09ai15826259395_Bimar_genn_febb_2020_2.pdf 1 25/02/20 11:19PM_PUBB_VERIFICA.indd 2PM_PUBB_VERIFICA.indd 203/03/20 17:0803/03/20 17:0832 Intelligenza artificiale bot, app, strumenti di pagamento sono le aree in cui si registrano maggiori investimenti le ordinazioni delle consumazioni a domicilio, anche grazie all’ingresso di player come Uber, i colossi del settore cominciano a fondersi tra di loro, come nel caso di JustEat e TakeAway.com e altri, come DoorDash, che ampliano il servizio dai pasti alla spesa al super- mercato. Un altro fenomeno, che riguarda sempre più spesso gli e-tailer puri, è quello di essere oggetto di un’acquisi- zione da parte di aziende tradizional- mente offline. Ricordiamo per quanto riguarda il retail, il caso recente di La Redoute, comprata da Galeries La- fayette. Mentre, parlando di aziende di produzione, segnaliamo a titolo d’esempio l’acquisizione di Harry’s da parte di Edgewell Personal Care e di Persona da parte di Nestlé Health Science. Operazioni che testimo- niano gli sforzi delle aziende offline di diventare multicanale, passando anche a forme di vendita “Direct to Consumer” attraverso l’acquisto di know-how dall’esterno. Il fenomeno, tuttavia, potrebbe evidenziare anche la difficoltà da parte di molte startup di diventare profittevoli in tempi ragionevoli. O, almeno, la scarsa disponibilità da parte dei fondatori di dedicarvi più di tanti anni della pro- pria vita professionale. Un approccio molto diverso rispetto a quello degli imprenditori dei secoli scorsi, fieri di tramandarsi le aziende di generazione in generazione. Altro aspetto da considerare è l’innovazione digitale al servizio del retail. Sappiamo come on e offline influenzino le diverse fasi del processo d’acquisto del pubblico che, a secon- da del proprio profilo e delle proprie esigenze, raccoglie informazioni in uno dei due canali senza poi acquista- re necessariamente nello stesso. In questo contesto non si può ignora- re il ruolo giocato dai social network, LA CONCORRENZA A REPARTI E CATEGORIE DELL’ALIMENTARE Non va sottostimata la concorrenza sempre più forte portata ai reparti e alle categorie dell’alimen- tare dei punti di vendita tradizionali, soprattutto ma non solo nelle aree metropolitane, anche da parte dei servizi di conse- gna a domicilio di piatti pronti. Operatori del settore della ristorazione che operano solo attra- verso questo canale, non disponendo nemmeno di locali dove la clientela possa recarsi a consumare ma, soprattutto, catene di ristoranti più o meno fast, che consegnano pranzi e cene sottraendo occa- sioni di consumo al retail tradizionale. Il quale, a sua volta, apre punti di ristoro all’interno dei propri punti di vendita e sviluppa sempre più l’area dei piatti pronti e take away. Per non parlare di quelle catene, soprattutto di grandi magazzini di fascia medio-alta, che ormai hanno integrato il ristorante insieme alla palestra e al salone di bellezza tra le esperienze da far provare alla propria clientela, moltiplicando così i motivi di visita. a ragione sempre più social media, che non solo veicolano una quantità elevata della comunicazione mirata digitale, ma hanno sviluppato nel cor- so degli ultimi anni al proprio interno funzionalità “shoppable” per consenti- re agli utenti di completare il processo d’acquisto senza uscire dalla piattafor- ma. Con tutto quello che comporta in termini di integrazione anche da parte dei servizi di pagamento, altro settore in forte e costante evoluzione. Per non parlare poi dei progressi compiuti in termini di misurabilità del ritorno sugli investimenti quando comuni- cazione e vendite avvengono sulla medesima piattaforma. Intelligenza artificiale, bot, app, stru- menti di pagamento rappresentano aree nelle quali si continuano a regi- strare forti investimenti da parte delle aziende, così come del mondo della finanza. A testimonianza del fatto che si tratta di strumenti indispensabili alle aziende per affrontare le sfide di oggi e di domani sul fronte della clientela. Parte di tali soluzioni innovative, tutta- via, concorrono insieme alla robotica per i magazzini e allo sviluppo di droni e auto a guida autonoma per la consegna alla creazione delle soluzio- ni logistiche più efficienti per elevare l’asticella del livello di servizio offerto ai clienti in un contesto di sostenibilità dei bilanci aziendali. Insomma, per i retailer e per i profes- sionisti che operano al loro servizio si tratta di anni entusiasmanti in termini di innovazione e diventa impossibile continuare ad avere successo senza osservare costantemente cosa avviene oltre la siepe del proprio giardino. SCENARI Promotion GENNAIO FEBBRAIO2020 GENZINI_PM186_4a.indd 32GENZINI_PM186_4a.indd 3203/03/20 16:0903/03/20 16:09international@promosfera.com / info@promosfera.it www.promosfera.it Var vill du planera din nästa kampanj? Var vill du planera din nästa kampanj? Vuoi fare un concorso all’estero? Vuoi fare un concorso all’estero? Promosfera al tuo fianco ovunque nel mondo. Promosfera al tuo fianco ovunque nel mondo. PM_PUBB_VERIFICA.indd 3PM_PUBB_VERIFICA.indd 304/02/20 15:2304/02/20 15:23La sostenibilità è (anche) questione di etichetta L’ultima edizione dell’Osservatorio Immagino evidenzia che i pack dei prodotti del largo consumo riportano sempre più spesso claim e indicazioni green Francesca Cannella “Ricliclabile”, “cruelty free”, “bio”, “Km0”: a leggere le etichette dei pro- dotti (alimentari e non) che gli italiani mettono nel carrello della spesa sem- brerebbe che i nostri connazionali si- ano sempre più attenti al tema della sostenibilità. A dirlo è la sesta edizione dell’Osservatorio Immagino, l’indagine semestrale elaborata da Gs1 Italy nel semestre gennaio-giugno 2019, da cui risulta che il valore dei prodotti che ri- portano indicazioni eco friendly nell’e- tichetta o sulla confezione è cresciuto del + 3,4% rispetto allo stesso semestre del 2018. La ricerca incrocia l’analisi delle indica- zioni presenti sulle etichette di 106.000 prodotti (nei comparti drogheria alimen- tare, bevande, freschi, freddi, ortofrutta, cura della persona e della casa, petcare) con le rilevazioni Nielsen sul venduto per individuare i fenomeni emergenti nel largo consumo. I trend rilevati a fine giugno 2019 sono italianità, free from, rich-in, intolleranze; lifestyle, loghi e cer- tificazioni; ingredienti benèfici, texture, cura della persona e casa green. La novità della sesta edizione è rappre- sentata però da un dossier sulla sosteni- bilità, elaborato a partire dall’analisi di un paniere green, composto da 19.182 prodotti venduti nei canali ipermercato e supermercato, che ha generato un giro d’affari pari quasi a 7 miliardi di euro. Il dossier mette a fuoco 4 categorie della sostenibilità cui le aziende fanno riferimento nelle etichette e nei claim presenti sui prodotti. La prima nonché principale per percentuale di sell out è “Management sostenibile delle risor- se” (8%), cresciuta del 3,9% rispetto al 2018 e nella quale predominano richia- mi e certificazioni come “Sostenibilità” (3,8% di vendite in valore), “Sustainable cleaning” (2,9%), “Riduzione impatto ambientale” (0,8%); e ancora “Con ma- teriale riciclato” (0,5%), “Senza fosfati, biodegradabile, vegetale” (0,5%); e per finire “Riduzione sprechi” (0,4%), “Ri- duzione emissioni Co2” (0,3%), “Eco- label” (0,1%) e “Meno plastica” (0,1%). Al secondo posto è “Agricoltura e alle- vamenti sostenibili” (6,3%), che è l’area che registra anche il maggiore trend di crescita (+ 5,7% di sell out dal 2018). Sulle confezioni dei prodotti spiccano, in questo caso, i claim “Biologico/Eu Organic” (3,1% vendite in valore), quel- li relativi alla filiera e tracciabilità (1,7%) – sia essa corta, certificata o garantita – “Senza Ogm” (1,6%) e, riferendosi ai soli prodotti per la cura della persona, “Biologico” (1,4%); vi sono poi meno frequenti le indicazioni “100% ingre- dienti naturali” (0,6%) e “Senza antibio- tici” (0,2%). La terza categoria, “Responsabilità so- ciale” (6% e in crescita dell’1,4%), ri- guarda l’impegno delle aziende nel ga- rantire condizioni lavorative sostenibili e la salvaguardia delle foreste. Com- prende i claim: “Fsc” (5,6% di vendite in valore) – certificazione del Forest Stewardship Council –, “Utz” (0,3%) – certificazione Universal Trade Zone – e “Fairtrade” (0,1%). All’ultimo posto della classifica, ma in crescita del 2,3%, si colloca l’area tematica del “Rispetto degli animali” (1,2%), con i claim “Friend of the sea” (1,1% vendite in valore) e “Cruelty free” (0,2%), che riguardano le attività dei brand che non effettuano test sugli animali e rispettano i protocolli per una pesca sostenibile. LE INFORMAZIONI SUL RICICLO DEL PACK Anche se la raccolta dif- ferenziata è diventata una consuetudine per i cittadi- ni, non sempre le aziende e i brand comunicano la riciclabilità o meno dei materiali usati per il packaging (e le eventuali istruzioni per il corret- to smaltimento): solo il 25,4% dei 106.000 prodot- ti confezionati analizzati dall’Osservatorio Immagi- no, infatti, specifica in eti- chetta o sulla confezione se e come riciclare il pack. Le categorie merceologi- che in cui viene comuni- cata maggiormente la ri- ciclabilità sono l’ortofrutta (43,7%), il freddo (41,5%) e la drogheria alimentare (31,8%). Risulta invece bassa (tra il 15% e l’11%) la percentuale dei prodotti che indicano la possibilità di riciclo nell’area delle bevande (principalmente in vetro), petcare e cura della persona e della casa. 34 SCENARI Promotion GENNAIO FEBBRAIO2020 SCENARI_OSSERV_IMMAGINO_2a.indd 34SCENARI_OSSERV_IMMAGINO_2a.indd 3403/03/20 15:3503/03/20 15:35PM_PUBB_VERIFICA.indd 2PM_PUBB_VERIFICA.indd 226/02/20 09:3326/02/20 09:3336 SCENARI Promotion GENNAIO FEBBRAIO2020 36 36 Dopo la disoccupazione (56%) e le tasse (39%), è l’ambiente (37%) il tema che i consumatori italiani vorrebbero vedere affrontato dalla politica, mentre lo smalti- mento dei rifiuti non riciclabili è al quinto posto (35%) tra le tematiche ambientali percepite come più preoccupanti, dopo il riscaldamento climatico (56%), l’inquina- mento delle acque (54%), l’inquinamento atmosferico (39%) e la deforestazione (39%) e prima delle catastrofi naturali (25%), delle microplastiche (24%), del buco dell’ozono (13%) e del consumo delle risorse del sottosuolo (11%). Secondo i dati dell’Osservatorio Packaging del largo consumo, realizzato da Nomisma in collaborazione con Spinlife-Università di Padova, gli italiani hanno a cuore il green packaging: il 43% valuta l’impatto ambien- tale del packaging dei prodotti alimentari, il 54% evita di comprare prodotti con troppo imballaggio, il 13% rinuncia ad acquistare un prodotto se confezionato nella plastica e il 59% sarebbe anche disposto a spendere di più nel caso di una confezione ecososte- nibile. Dal punto di vista dei cittadini, che sono già abituati a mettere in campo azioni concrete per salvaguardare l’ambiente – per esempio l’83% dichiara di praticare la raccolta differenziata, il 78% riduce i consumi energetici e il 77% diminuisce i consumi idrici – lo sforzo delle aziende e dei retailer per ridurre l’impatto ambientale del packaging è non ancora adeguato (35% per l’industria e 28% per le insegne della gdo) o appena sufficiente (62% per l’indu- stria e 68% per le insegne della gdo); solo il 4% pensa che l’impegno della gdo sia appropriato, una percentuale che scende al 3% in riferimento all’industria. Per ridurre l’impatto ambientale dei pack le aziende e le insegne della grande distri- buzione dovrebbero impegnarsi soprattutto nella scelta di materiali sostenibili che non danneggino l’ambiente (29%), convertire almeno una parte delle confezioni di pla- stica in materiali più sostenibili (20%), uti- lizzare materiali compostabili e plant-based (15%), impiegare materiali riciclati (14%), investire nella ricerca e sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche (13%) e ridurre gli sprechi di energia durante il processo produttivo (8%). Un tema particolarmente sentito dai giovani under 30, disposti a ridurre al minimo i propri sprechi (82%) e propensi a scegliere aziende di cui condivi- dono i valori impegnate nella salvaguardia dell’ambiente (70%). Cresce la sensibilità per il packaging ecologico I consumatori sono sempre più abituati a utilizzare i canali digitali come chat- bot, machine learning e mobile mes- saging per svolgere attività di routine, ma quando si tratta di gestire problemi complessi o fare acquisti importanti non hanno ancora piena fiducia nell’intelli- genza artificiale e preferiscono comu- nicare con personale in carne e ossa competente e qualificato: nel comprare un bene costoso ed emotivamente coinvolgente come un anello di fidan- zamento o una macchina, infatti, il 47% degli utenti globali di internet preferisce interagire con un mix d’intelligenza umana e artificiale, il 45% esclusiva- mente con persone fisiche e l’8% con le sole applicazioni d’intelligenza artificiale. Lo evidenzia il white paper “Il futuro del customer management: augmented humanity”, realizzato dalla School of Management del Politecnico di Mila- no in collaborazione con Comdata, provider internazionale di soluzioni nel settore customer operation, incrociando i dati di una serie di ricerche internazio- nali (Capgemini, Forrester, Accenture, McKinsey, per citarne alcune). L’analisi, che fa il punto sulle sfide da affrontare da parte delle imprese che vogliono rendere più efficaci i propri servizi di customer care, e quindi creare valore nel lungo periodo e migliorare la relazione con i clienti, parte dalla con- siderazione che i consumer, in generale, sono sempre più orientati a soluzioni che rendono fluida, semplice e perso- nalizzata l’experience; la digitalizzazione da questo punto di vista ha permesso d’introdurre strumenti che migliorano Intelligent automation sì ma con l’apporto umano È questo il futuro del customer management secondo un white paper della School of Management del Polimi Francesca Cannella le performance e l’efficienza dei servizi di assistenza, ma a fare la differenza nel settore del customer management è e sarà l’augmented humanity, ovvero l’ap- porto umano e le doti dell’empatia sup- portati, “aumentati”, ma non sostituiti dagli algoritmi d’intelligenza artificiale. Nella prospettiva di augmented humani- ty, in particolare, sarà centrale per le aziende e per le società che offrono servizi di customer management in outsoucing (le Bpo, Business process outsourcer) il tema della formazione e aggiornamento delle figure professionali che si occupano della relazione con i clienti e l’introduzione di risorse con maggiori e differenti skill. Con chi preferiscono interagire gli utenti di internet quando fanno acquisti importanti Con un mix di persone fisiche e intelligenza artificiale Con le sole persone fisiche Con la sola intelligenza artificiale 47+45+8+A47% 45% 8% Fonte: Capgemini, “The secret to winning customers’ hearts with artificial intelligence”, 2018 SCENARI_POLI_PM186_3a.indd 36SCENARI_POLI_PM186_3a.indd 3603/03/20 15:4303/03/20 15:43Crediamo nel valore delle relazioni, creiamo relazioni di valore. 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