< PreviousI first party data sono un driver del marketing Una ricerca di Bcg evidenzia che l’utilizzo dei dati raccolti da siti e app di proprietà accresce i ricavi e migliora la customer experience Francesca Cannella L’utilizzo responsabile, efficiente e trasparente dei first party data – i dati sul comportamento dei consumatori che vengono generati mentre gli utenti navigano su siti web ed ecommerce, utilizzano app e partecipano a loyalty program, concorsi, giochi e sondaggi – permette alle aziende di aumentare vendite e ricavi e agli utenti/clienti di migliorare la customer experience. È quanto emerge da “Responsible marke- ting with first party data”, il report di Boston Consulting Group commissio- nato da Google e realizzato attraverso più di 70 interviste con responsabili d’aziende dei settori automotive, consumer products, telco e media, viaggi e tempo libero, servizi finanziari e retail in 7 paesi europei (Regno Uni- to, Germania, Francia, Spagna, Italia, Paesi Bassi, Svezia). I dati qualitativi, che sono stati incrociati con quelli di un’ulteriore analisi di Bcg sul livello di maturità del marketing digitale delle aziende (“European digital marketing maturity benchmarking”) evidenziano che le aziende che collegano tutte le proprie fonti di first party data possono raddoppiare le entrate incrementa- li provenienti dal posizionamento, comunicazione o divulgazione di un singolo annuncio e migliorare di 1,5 volte l’efficienza in termini di costi rispetto alle aziende che integrano parzialmente tali dati. Inoltre, grazie alla migliore comprensione del target le imprese sono in grado di accrescere il costo per azione (cpa, ossia l’indica- tore utilizzato per identificare il costo di una determinata azione dal singolo utente) di oltre il 25%. Tuttavia, men- tre 9 intervistati su 10 affermano che i first party data sono importanti per i programmi di marketing digitale, solo il 30% circa delle aziende utilizza metodi avanzati come la single-customer view, il life cycle marketing o la previsione dei consumer trend. Ciò è dovuto principalmente al fatto che la maggior parte delle aziende non ha raggiunto la piena maturità digitale: il 63%, infatti, appartiene alla categoria “emerging”, cioè si serve dei dati ma solo in modo parziale e senza integrazione dei canali; il 31% rientra nella categoria “con- nected” e integra i dati provenienti dai canali digitali, il 5% raggiunge un grado di maturità “nascent”, cioè utilizza per le proprie campagne principalmen- te dati esterni che sono collegati in maniera limitata ai processi di vendita, e solo l’1% è al livello “multimoment” e ottimizza tutti i dati del customer journey lungo i vari touchpoint. L’utilizzo più o meno efficace dei dati dipende anche dai settori produttivi: costruttori di automobili o produttori di beni di largo consumo, per esempio, non sono soliti avere interazioni dirette con i propri clienti e spesso si affidano ai propri partner nel retail per ottenere dati sulla propria clientela. Altri ostacoli all’utilizzo dei dati proprietari sono rappresentati dai silos interni – molte aziende usano i dati proprietari per attività specifiche, come la gestione del rischio (banche) o la previsione di abbandono (telco), ma non li rendono disponibili per un uso più ampio – e dal timore che la richiesta di consen- so o le iniziative e le comunicazioni mirate a ottenere informazioni possano allontanare i consumatori sensibili al tema della privacy. A tale proposito l’indagine sottolinea come sia impor- tante utilizzare i dati in modo respon- sabile e rendere visibili i propri sforzi ai clienti che, in cambio dei dati forniti, dovrebbero poter beneficiare di un’e- sperienza migliore, ottenere informa- zioni e servizi utili, ricevere assistenza e offerte personalizzate. Come le imprese con diverso grado di maturità digitale utilizzano i dati proprietari Casi d’usoEmergingConnectedMultimoment Definizione del target Segmentazione del target Comprensione dell’efficacia della campagna Comprensione del comportamento del consumatore Business insights Life cycle marketing- Predictive scoring- Personalisation engine- Cross-channel lead management-- Single-customer view-- Previsione dei consumer trend-- Fonte: “European first-party data digital marketing study”, Bcg, 2019 18 SCENARI Promotion 3 /2020 SCENARI_BCG_PM188_6a.indd 18SCENARI_BCG_PM188_6a.indd 1806/07/20 11:1706/07/20 11:17PM_PUBB_VERIFICA.indd 2PM_PUBB_VERIFICA.indd 224/06/20 11:1424/06/20 11:14buzione organizzata (Coop e Conad, Selex, VéGé, Despar, Agorà Network, Sun, Crai, C3 e D.It), e rappresenta- vano a fine 2018 il 57% del mercato, mentre gli altri 10, che costituivano il 41% del mercato, rientrano nella gran- de distribuzione (Supermarkets Italiani, gli interessi italiani dei gruppi francesi Auchan e Carrefour, Gruppo Pam, Ca- nova 2007 – holding di Finiper-Unes – Bennet e i discount Eurospin Italia, Lidl Italia, Lillo-Md e Penny Market). La gdo italiana si conferma come uno tra i mercati più frammentati in Euro- pa: basti pensare che i primi 5 opera- tori si spartiscono poco più della metà del mercato nel nostro paese (51,8%), Promotion 3 /2020 20 Le catene discount si affermano come i grandi protagonisti della gdo italiana SCENARI Gli indicatori di performance e della struttura finanziaria della gdo italiana* Fonte: Mediobanca, maggio 2020 Un conto è la situazione contingente che ha sparigliato le carte, aprendo a un’infinità di possibili interpretazioni di cosa accadrà nel mercato da qui in poi, altro sono le analisi di lungo periodo che mostrano trend consolidati con i quali comunque bisogna fare i conti. Sotto quest’ultimo profilo è interes- sante leggere il lavoro pubblicato a maggio da Area Studi Mediobanca: “Osservatorio sulla gdo italiana e i mag- giori operatori stranieri”, che fotografa l’andamento dei principali gruppi dal 2014 al 2018. Per quanto riguarda la gdo italiana l’indagine esamina 20 tra i maggiori gruppi: 10 appartengono alla distri- Società Var. % media annua fatturato (14-18) Var % fatturato (17-18) Var % dipendenti (14-18) Roi (2018)Roe (2018) Rotazione magazzino (2018, gg) Dilazione fornitori (2018, gg) Rapporto debito/ patrimonio netto Lidl8,89,143,513,519,0196872,0 Crai8,11,421,810,514,22870139,1 Eurospin8,07,765,523,922,417676,8 Agorà7,97,522,112,513,3226525,5 VéGé7,25,335,011,915,2437342,6 D.it5,80,040,24,55,8278090,2 Despar5,82,317,45,55,3336759,2 Lillo-Md5,77,113,017,031,922108179,7 C34,10,516,09,88,6477328,5 Selex4,13,87,97,77,0327349,0 Conad3,52,8-17,36,68,0155837,8 Supermarkets Italiani 3,01,811,59,411,7208159,1 Sun2,72,212,38,47,6347254,4 Canova 2007 (Iper-Unes) 1,70,78,85,63,22872135,4 Carrefour0,2-4,5-6,1-6,4-10,3317474,5 Pam0,21,92,33,12,83810069,7 Coop-0,2-4,0-4,40,0-4,62663192,9 Bennet-1,82,9-7,73,93,7408326,2 Auchan-4,1-2,8-12,7-13,0-2,4359382,6 Penny Marketn.c.3,5n.c.-25,2-22,8236830,2 Media semplice (esclusa Penny Market) 3,72,414,27,18,529,275,875,0 * Analisi di 20 tra i maggiori operatori Secondo un’analisi dell’Area Studi Mediobanca, nel periodo 2014-2018 i discounter mostrano grandi performance, nelle vendite e negli indicatori finanziari. Su buoni livelli la distribuzione organizzata, in sofferenza la grande distribuzione Christian Carosi SCENARI_MEDIOBANCA_PM188_5a.indd 20SCENARI_MEDIOBANCA_PM188_5a.indd 2006/07/20 11:5106/07/20 11:51PM_PUBB_VERIFICA.indd 2PM_PUBB_VERIFICA.indd 224/06/20 11:1224/06/20 11:1222 SCENARI Promotion 3 /2020 mentre in paesi come la Germania, la Francia e il Regno Unito detengo- no una quota compresa tra il 75% e l’80%, che certo non aiuta nell’ottimiz- zare le risorse e migliorare l’efficienza, riducendo la possibilità di recuperare l’adeguamento dei listini da parte dei fornitori attraverso i prezzi di vendita. L’analisi evidenzia che nel 2018 il fatturato aggregato dei 20 operatori considerati si è assestato a 84,3 mi- liardi di euro (al netto d’Iva), facendo segnare un incremento dell’1,9% sul 2017. Si tratta della minore crescita dal 2015. L’aggregato complessivo è stato poi disarticolato in tre raggruppamenti: distribuzione organizzata (Coop e Conad sono considerati a parte in quanto aderenti alla Lega delle coope- rative), grande distribuzione e discount. La distribuzione organizzata ha toccato nel 2018 vendite aggregate pari a 28,1 miliardi, rappresentative del 33,3% del totale. La dinamica del fatturato è assai vivace con una crescita cumulata del 23,2% rispetto al 2014, e un incre- mento del 3,5% nel 2018. L’analisi dell’ultimo anno propone margini in diminuzione per il mon (- 1,5%) e in crescita per il risultato corrente (+ 2,9%). Il roi tocca il proprio massi- mo con il 9,5% del 2016, per poi ripie- gare al 9,3% del 2017 e all’8,9% nel 2018. La struttura finanziaria appare solida e in lieve miglioramento. La grande distribuzione si è assestata nel 2018 su un giro d’affari di 22,5 miliardi, pari al 26,7% del totale. La tendenza delle vendite è in incremento dal 2014 (+ 1,3%), ma cedente rispet- to al 2017 (- 0,4%). Il canale discount ha chiuso il 2018 con ricavi pari a 14 miliardi (16,5% del totale), in forte crescita sia sul 2014 (+ 35,3%) sia sull’anno precedente (+ 8,1%). Anche per i margini incrementi importanti sul 2017: + 10% il mon, + 11,3% il risultato corrente, + 12,6% il risultato ante imposte, + 13,1% l’utile netto. La capacità reddituale di questo segmento è attestata dal fatto che esso cumula il 34% degli utili aggregati, pur rappre- sentando il 15,4% in termini di fattura- to, e il 13,2% in termini occupazionali, e vanta una redditività del capitale (roi) stabilmente attorno al 20%, circa otto volte quella segnata dalla gran- de distribuzione e più che doppia di quella della distribuzione organizzata. Anche la struttura finanziaria presenta fattori distintivi e positivi: i debiti finan- ziari rappresentano nel 2018 appena il 43,4% dei mezzi propri (erano il 55,5% nel 2014). Coop e Conad as- sommano un giro d’affari nel 2018 di 19,8 miliardi, pari al 23,5% del totale, con vendite in calo dell’1,2% nel 2018, interrompendo il lieve trend positivo registrato fino al 2017. Però Conad ha realizzato dal 2014 una crescita media annua del 3,5% (+ 2,8% nel 2018), mentre Coop ha registrato una flessione media dello 0,2% (- 4% nel solo 2018). I risultati di Coop hanno influenzato in negativo tutti i margini e il risultato netto del 2018. In parti- colare il mon resta negativo, il risultato corrente si riduce del 43,2%, mentre il risultato netto passa per la prima volta in perdita. Il roi si è sostanzialmente ri- dotto a un terzo, cadendo dal 3,3% del 2014 all’1,1% del 2018. La struttura finanziaria, pur in miglioramento, vede nel 2018 il rapporto tra debiti finanziari e mezzi propri fissarsi al 150%. Scendendo nel dettaglio dei singoli operatori, i maggiori incrementi delle vendite nel 2018 sono stati ottenuti dalle catene discount Lidl Italia (+ 9,1%), Eurospin (+ 7,7%) e Lillo-Md (+ 7,1%), oltre che da Agorà Network (+ 7,5%), mentre il gruppo più reddi- tizio in base al roi è risultato Eurospin (23,9%), che precede Lillo-Md (17%) e Lidl (13,5%); seguono, sempre in doppia cifra, Agorà Network (12,5%), VéGé (11,9%) e Crai (10,5%). Per quanto riguarda le variazioni medie annue del fatturato dal 2014, è ancora prima Lidl Italia (+ 8,8%), seguita da Crai (+ 8,1%) ed Eurospin (+ 8%). È invece Supermarkets Italiani a dete- nere il primato quanto a utili netti cumulati nel periodo 2014-2018: con 1.302 milioni precede Eurospin (924 milioni), Conad (850 milioni) e Selex (714 milioni). Se si rapportano gli utili cumulati nel periodo alla consistenza dei mezzi propri iniziali, i discount non hanno concorrenti: il gruppo Lillo-Md ha accumulato utili pari a 3,2 volte il patrimonio netto iniziale, Lidl ed Euro- spin, rispettivamente a 1,7 e 1,5 volte. Infine, un altro primato significativo per Esselunga, che con circa 15.800 euro di ricavi per metro quadrato si afferma come il retailer più efficiente a livello internazionale. Le vendite della gdo italiana nel 2018* 33+27+24+16+A33,3% 26,7% 23,5% 16,5% Distribuzione organizzata 28,1 mld Grande distribuzione 22,5 mld Coop e Conad 19,8 mld Discount 14 mld Fonte: Mediobanca, maggio 2020* Analisi di 20 tra i maggiori operatori SCENARI_MEDIOBANCA_PM188_5a.indd 22SCENARI_MEDIOBANCA_PM188_5a.indd 2206/07/20 11:5206/07/20 11:521SCEGLI LA CASSA 2SCEGLI IL CINTURINO 3CREA IL TUO #IAMTHEWATCH #IAMTHEWATCH è l’evoluzione dell’orologio digitale, trasformabile e super colorato, che dà voce alla tua personalità. PM_PUBB_VERIFICA.indd 2PM_PUBB_VERIFICA.indd 216/06/20 11:0916/06/20 11:0924 IL PUNTASPILLI di Marilde Motta TITOLARE di AD PERSONAM contatti@adpersonam.eu www.adpersonam.eu SCENARI Tutti i touchpoint possono essere considerati un fonda- mentale strumento di relazione e d’esperienza fra le persone e le marche, tutti sono funzionali alla costruzione e al consolida- mento del loyalty sentiment. Diventa quindi imprescindibile avere un quadro preciso di tutti i punti di contatto così da coordinarli, uniformarli e trasfor- marli in soluzioni proattive. Sebbene gli acquisti non siano l’unica attività di interscambio fra le persone, le aziende e i loro prodotti, è certo che sono gli atti più frequenti. Un sistema pratico per classificare i touchpoint è annoverare tutti quelli che si riferiscono a prima dell’atto di acquisto, durante e dopo. Per esempio, le interazioni a monte dei potenziali acquisti possono essere filtrate dal sito aziendale quando si cercano informazioni, dai sistemi di confronti di prezzi e di offerte online, dalla campagna pubblicitaria che ci “inse- gue” con il programmatic adv. Un touchpoint che condiziona fortemente l’esito di acquisto è il packaging, che oggi è in grado di facilitare una relazione attiva. Basta infatti inquadrare la confezione con lo smartphone e il marchio prende vita, porta l’acquirente dentro al contesto che esso rappresenta, aggiungendo intratteni- mento attraverso il gaming e formazione con tutorial. Ci può anche essere fasci- nazione quando è l’heritage dell’azienda a essere messo in mostra (con una visita virtuale al museo aziendale). I touchpoint collocati a monte dell’acquisto vengono destinati a sollecitare una prova, a suscitare interesse, a completare l’informa- zione, a orientare una scelta, a rassicurare. Mentre si fruisce del prodotto, o servizio, entrano in azione altri punti di contatto; per esempio il contesto reale dove avviene l’utilizzo. Il luogo “contagia” la percezione dell’espe- rienza, la può ingigantire positivamente o accentuare un aspetto poco piacevole. Nel- la fase di fruizione, sotto verifica non sono solo le prestazioni del prodotto, ma anche la loro coerenza con i messaggi e gli stili proposti dal brand. È sempre più frequente l’abitudine della condivisione online, nelle social platform, dell’esperienza che si sta facendo: in questo contesto i micro influen- cer diventano un touchpoint persuasivo. Dopo l’acquisto e l’uso del prodotto, quel che le aziende spesso trascurano (ma per i consumatori è vitale) è il punto di contatto per eccellenza: il customer service. Ancora oggi non è adeguatamente progettato il sistema di comunicazione a due vie di cui dotare i vari touchpoint. È il solo modo per tenere sotto controllo il loyalty senti- ment verso la marca. Se a ogni passaggio di contatto ed esperienza si riesce ad avere un riscontro e ad abilitare una forma di rice- zione e dialogo (oggi il digitale lo consente facilmente) diventa possibile far sentire il cliente importante, assistito, seguito con competenza e passione. Per costruire e mantenere il loyalty senti- ment bisogna allargare la visione a tutti i touchpoint e intervenire con promozioni puntuali e pertinenti a essi. Un touchpoint capace di condizionare fortemente l’esito di acquisto è il packaging, che oggi è in grado di facilitare una relazione attiva, grazie all’interazione con lo smartphone capace di portare l’acquirente dentro al contesto del marchio, aggiungendo intrattenimento e formazione. Il loyalty sentiment si arricchisce con l’uso integrato dei touchpoint Promotion 3 /2020 OPI_MOTTA_PM188_3a.indd 24OPI_MOTTA_PM188_3a.indd 2403/07/20 19:2203/07/20 19:22international@promosfera.com / info@promosfera.it www.promosfera.it Agenzia specializzata in promozioni italiane e internazionali www.promosfera.it Vuoi organizzare un corcorso ma non sai come orientarti? 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Ma che ne è di tutti i dibattiti sulla sostenibilità? Si sa: da sempre chiodo scacchia chiodo. Tuttavia le cose non sem- brano essere andate proprio così. In molti hanno avuto la sensazione che il lockdown abbia prodotto effetti positivi sull’ambiente: l’aria appariva più pulita, la natura pulsante. Il fermo forzato in Italia ha fatto registrare una riduzione delle emissioni di CO2 e le immagini di fiumi e mari limpidi, della fauna libera di circolare in luoghi insoliti, hanno avuto ampio spazio sui social e nei media, diventando spesso virali, segno di un forte interesse. D’altro canto, la pan- demia ha rimesso al centro la necessità di avere prodotti sicuri, di preservare oggetti e cibo da contaminazioni tramite l’adozione di mascherine, guanti e confezionamenti che inducono tranquillità. In assoluto oggi la grande maggioranza della popolazione globale dichiara di essere aperta all’adozione di comportamenti più sostenibili e chiede alle aziende di essere at- tente al tema. In Italia, il 72% degli abitanti ritiene che, nel lungo periodo, il cambia- mento climatico produrrà una crisi ben più grave di quella generata dal Covid-19 e il 63% è a favore di una ripresa economica fortemente green. Il Covid-19 e le sue con- seguenze economico-sanitarie non sono ac- cettate come modi di eludere la questione. Il 71% degli italiani afferma che il Governo perderà il proprio consenso se non aderirà alla lotta al cambiamento climatico al più presto e il 66% non voterà chi non affronta in maniera seria tale problema. È evidente che anche le aziende debbano continuare senza timidezze nella direzione intrapresa, ascoltando il consumatore che, auspicando una generale presa in carico dei problemi, le mette al primo posto. L’85% degli italiani afferma infatti che, in seguito a questa crisi, cercherà di acquistare prodotti più salutari e a minor impatto ambientale; il 75% in futuro farà i propri acquisti più vicino a casa, a chilometro zero, anche per sostenere le attività locali; il 58% presterà maggiore attenzione al packaging, cercando di evitare prodotti con confezioni spropor- zionate. Infine, un italiano su due cercherà di ridurre l’utilizzo dell’automobile, incre- mentando il proprio uso dei mezzi pubblici e della bicicletta o spostandosi a piedi. È forse questo il momento, l’occasione data, in cui sarà possibile ripensare effettiva- mente alle strategie globali, nazionali, locali, aziendali e individuali in ambito ambienta- le-economico-sociale che possano segnare un cambio di rotta rispetto a quanto fatto fino a ora? La pandemia rappresenta dun- que, nella sua tragicità, una spinta verso un mondo più sostenibile: l’80% dei manager delle grandi multinazionali, intervistati nel Reputation Council di Ipsos, ritengono che questa tendenza sarà irreversibile. E forse tanto dolore non sarà stato vano. Finita l’emergenza torna a spirare il vento della sostenibilità OPI_ALEMANNO_PM188_3a.indd 26OPI_ALEMANNO_PM188_3a.indd 2603/07/20 19:2203/07/20 19:22reloy.it We connect brands with loyalty solutions reloy@reloy.it PM_PUBB_VERIFICA.indd 2PM_PUBB_VERIFICA.indd 204/05/20 22:3004/05/20 22:30Next >