< Previous18 SCENARI L’effetto della pandemia sul canale horeca indurrà nuove strategie distributive La ridotta domanda di forniture da parte di bar e ristoranti potrebbe determinare una vera e propria migrazione delle aziende alimentari fornitrici del canale horeca verso il grocery, con una proliferazione di referenze e un aumento della massa di prodotti canalizzati Loris Tirelli www.amagi.it Se riuscissimo ipoteticamente a viag- giare nel tempo, tornando indietro di 10 o 15 anni, sarebbe abbastan- za facile per il management di una catena di supermercati identificare un concorrente. Il competitor avrebbe lo stesso formato della stessa dimensio- ne e si troverebbe in prossimità con un assortimento pressoché simile. Naturalmente, se continuassimo que- sto viaggio temporale, avvicinandoci al presente vedremmo la comparsa dei drugstore, degli specializzati e dei cosiddetti category killer. I trend di- stributivi sono in continua evoluzione e lo saranno anche in futuro. Oggi quasi tutti i grocery retailer sem- brano volersi specializzare nel settore food, spingendosi anche nei sostituti della ristorazione. Infatti, questa riflet- te da sempre i ritmi convulsi dell’arte, delle mode e dei costumi alimentari. In Italia ci sono 392.000 attività legate alla somministrazione di pasti o alimenti pronti registrate presso le Camere di Commercio. Tra queste, circa 180.000 ristoranti, 150.000 bar e oltre 3.000 mense, attività di ban- queting e imprese che si occupano di forniture di pasti. Nel 2019, la spesa per i consumi fuori casa degli italiani è stata pari a 85 miliardi di euro. Durante la pandemia di Coronavirus, tuttavia, si sono verificati cambiamenti senza precedenti, sia nell’offerta sia nella domanda di alimenti e bevande, a casa e fuori casa. Infatti, si stima che il Covid-19 abbia causato una perdita di 28 miliardi per il settore dei servizi Promotion 4 /2020 Serie storica dei consumi alimentari “in casa” e “fuori casa” dal 1995 al luglio 2020, con una previsione per fine 2020 e 2021* 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 201 1 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 In casa Fuori casa Fonte: dati Istat * stima elaborata da Amagi LORIS_TIRELLI_PM189_2a.indd 18LORIS_TIRELLI_PM189_2a.indd 1802/10/20 15:2702/10/20 15:2719 SCENARI di ristorazione in senso allargato. Il canale dell’asporto, che prima incide- va per il 20% sui ricavi, è aumentato fino al 40%, ma con un calo, nei primi 6 mesi del 2020, pari alla metà del fatturato dei ristoranti nella loro eterogeneità (questo perlomeno è ciò che sostengono vari osservatori set- toriali). Nel tentativo di contrastare le terribili conseguenze della pandemia, anche sul piano economico, molte aziende hanno accelerato la riduzione dei costi e, nello stesso tempo, avviato programmi di efficienza per aumenta- re il final value per la clientela. Il valore dei prodotti trasformati dalla ristorazione, considerando l’incidenza della materia prima sul valore finale del servizio attorno al 30%, si può sti- mare in 28-30 miliardi nel 2019, e la perdita attesa per il 2020, per effetto del Covid-19, potrebbe essere anche di circa 10-11 miliardi di bevande e alimentari semipreparati o da trasfor- mare nel canale horeca. Il consumo di alimenti e bevande in ristoranti e bar è attualmente vinco- lato a esigenze più funzionali (scuola, lavoro, spostamenti ecc.) e forte- mente limitato nella sua potenzialità, venendo a mancare la componente edonistica. Il futuro, peraltro, non si prospetta migliore. Di conseguenza le aziende del settore sono alla continua ricerca di un bilanciamento tra custo- mer care e problemi operativi. Non solo. I retailer e tutti gli operatori della loro filiera cercano di reagire a questo terrificante scenario, adattando e innovando i propri prodotti e servizi, in modo da trarre vantaggio da questa evoluzione. L’industria alimentare italiana, non troppo rapida in passato, ora dovrà esserlo molto di più. Da un lato si segnala una regressio- ne del fenomeno globalizzazione degli approvvigionamenti; dall’altro aumenta la pressione del commercio finale sulle supply chain alla ricerca di una maggior efficienza operativa che compensi i minori profitti attesi. Pur con l’aumento dei costi e della com- plessità, i servizi di delivery e quelli di asporto diventano delle opzioni accessibili da chi pratica la pura ven- dita al dettaglio, sebbene il contesto economico appaia molto incerto e in continua evoluzione. L’andamento pandemico, secondo Centro Studi Fipe, lascia presagire un calo di eventi e pranzi d’affari ancora a lungo. Soprattutto la mancanza dei turisti stranieri, la cui spesa vale circa 9 miliardi, inciderà pesantemente sul settore. Sia i prodotti alimentari a ele- vato contenuto di servizio sia i reparti self-service e “grab and go”, in futuro, saranno dunque trasformati profonda- mente dal grocery retail (peraltro già in una fase di cambiamento costante e di riadattamento alle esigenze della clientela ispirati dal modello ameri- cano del “grocerant”). A causa della pandemia di Covid-19, infatti, si può stimare che la perdita annua di 10-11 miliardi menzionata in precedenza potrebbe giustificare una vera e pro- pria strategia migratoria delle aziende alimentari fornitrici del canale horeca verso il grocery, con una proliferazio- ne di referenze e un aumento della massa di prodotti canalizzati. Se è vero che la ristorazione è sempre stata il fulcro dell’innovazione, allora questa pandemia diverrà un ulteriore propulsore dell’innovazione alimen- tare o, come propongono Amagi e Promotion Magazine, della “Food Evolvation”. È già possibile notare che, per esempio, certi prodotti destinati specificatamente alla ristora- zione (per formato, confezionamento, peculiarità) come alcuni tipi di salse, farine, cereali, salumi, spezie, prodotti ittici o surgelati hanno cominciato a fare il loro ingresso nella gdo. Promotion 4 /2020 NUOVI CANALI PER LO SPECK DI PETTO D’ANATRA I prodotti da horeca, preparati da abili chef e spiegati adeguatamente dal maître, acquistano un valore aggiuntivo. Si deprezzano, al contrario, agli occhi della clientela allorché sono inseriti all’interno di un ipermercato “silenzioso”, mescolati a migliaia di altri prodotti. Per esempio, lo speck di petto d’anatra performa diversamente in un ristorante rispetto a un ipermercato. Il prodotto, in sé, è “povero d’immagine” e semplificato, perché viene poi impiattato e spiegato dal ristoratore. Se lo scenario della ristorazione rimanesse negativo anche nei prossimi anni, e lo rimarrà, molte aziende produttrici di petto d’anatra potrebbero decidere di venderlo tramite le catene generaliste. Questo mutamento di canale di vendita porta con sé altri cambiamenti: l’azienda produttrice dovrebbe aumentare il livello di servizio, acquistando macchine affettatrici e confezionatrici (in atmosfera modificata per mantenere la freschezza della carne); inoltre, sopporterebbe nuovi costi per un minimo di marketing e di forza vendita dedicata. LORIS_TIRELLI_PM189_2a.indd 19LORIS_TIRELLI_PM189_2a.indd 1902/10/20 15:2702/10/20 15:2720 SCENARI Promotion 4 /2020 Bar e ristoranti, vincolati dal distan- ziamento sociale, riscontrano una minor rotazione degli alimenti e delle bevande di grande formato. Di conse- guenza è molto probabile che acqui- stino una minore quantità di prodotti, con un impatto diretto sui cash and carry. A loro volta, logicamente, questi acquisteranno meno prodotti dall’industria, che quindi sarà obbli- gata a rimodulare la propria offerta, ridisegnando i formati di prodotto e inventandosi un package differente. Inoltre, al fine di servire la clientela mass-market, tramite la gdo saranno costrette a introdurre dei contenuti di marketing per agevolare la messa in assortimento di referenze completa- mente nuove. Si tenga però conto del fatto che ciò che le industrie alimen- tari indirizzano al canale “fuori casa” è molto più specialistico di quello che offrono al canale grocery che, simile a un grande ecosistema, richiederebbe una maggior ampiezza degli assorti- menti e una razionalizzazione delle referenze. Esistono però elementi distintivi tra un supermercato e un ristorante. Nel primo i clienti sono liberi di scegliere alimentari e bevande. Il contenuto informativo è veicolato dalla pubblici- tà, dal package e dalle promozioni. In un ristorante, invece, cibi e bevande fanno parte di un’offerta prestabilita scritta nel menu. Il contenuto infor- mativo è veicolato dal personale di servizio e, quindi, per le specialità da canale horeca nella gdo occorrerà un maggior investimento in comunica- zione e marketing. In un contesto d’imperante silent-sel- ling, qualsiasi tipo di prodotto, senza un’adeguata descrizione o una buona narrazione, difficilmente riesce a “vendersi da solo”. Tutto ciò, conside- rando inoltre che attualmente c’è una sovrabbondanza di nuove referenze per supermercati e ipermercati e questo nonostante diversi distributori negli anni recenti abbiano teorizzato il prosciugamento degli assortimenti, rifiutando per preconcetto le logiche della coda lunga. Purtroppo, la cul- tura per sfruttare la piega presa dagli avvenimenti è carente. Nelle insegne italiane si è sempre parlato molto di prezzi e non di prodotto. Non si è avvertita la necessità di figure come lo scout e l’innovation manager. Si può concludere che la Food Evolvation indotta dalla pandemia è fortemente asimmetrica, perché le marche già presenti in ipermercati e supermercati stanno godendo della crescita dei consumi in casa, mentre quelle specializzate nell’horeca sof- frono per contrappasso. Entrare con un’offerta ridisegnata nel mercato di massa non è banale ed è anzi molto complesso per almeno due ragioni: questo mercato non è l’ambiente adatto a prodotti specialistici, per i quali è necessario un supporto di comunicazione e valorizzazione, e ri- chiede un processo di adattamento e trasformazione culturale non solo per le aziende produttrici, ma soprattutto per gli operatori della gdo. Coloro che prima operavano soltanto nel settore del “consumo fuori casa” saranno indotti a ripensare la propria attività, anche con iniziative dirette verso i consumatori finali e i canali molto selettivi della gdo. Se è vero che la ristorazione è sempre stata il laboratorio dell’innovazione, allora si può ipotizzare che solo la parte più creativa e audace del grocery retail sarà influenzata dalla proliferazione di nuovi prodotti trascinati dalla Food Evolvation. Sarà pertanto un periodo di eccezionale interesse per chi (fuori dalla tragedia in atto) potrà studiare l’evoluzione dei consumi e dei costu- mi alimentari. PRODOTTI DI QUALITÀ ALLA RICERCA DI NUOVI CLIENTI Prima dell’emergenza il 70% delle vendite italiane di vino era canalizzato tramite la gdo e il 30% era veicolato dal canale horeca, ma a un prezzo medio ovviamente più alto; oggi la crisi pandemica ha obbligato molte aziende vinicole a proporre alle catene generaliste i loro vini a un prezzo decisamente inferiore rispetto a quello che stabilivano nel 2019. L’intasatura della pipeline ha bloccato molti vini di alta qualità nelle cantine e obbligato diverse aziende vinicole all’utilizzo del “pegno rotativo”. È quindi probabile che il Covid-19 costringerà queste imprese a rivolgersi anche agli “excess inventory bargainer”. Lo stesso fenomeno si verifica anche per i tagli di carni pregiate provenienti da tutto il mondo. Nel settore delle birre, riducendosi le richieste di locali e birrerie, i grossisti potrebbero accentuare la migrazione verso i mass market, ma probabilmente la moltitudine di birrifici artigianali sarà falcidiata da un vuoto di fatturato letale e difficilmente troverà riparo nei supermercati e ipermercati. LORIS_TIRELLI_PM189_2a.indd 20LORIS_TIRELLI_PM189_2a.indd 2002/10/20 15:2702/10/20 15:27Un mondo di idee per fidelizzare e premiare i tuoi migliori clienti. La fedeltà è una scelta di valore! I piccoli elettrodomestici dai grandi risultati! www.girmi.it Per informazioni chiama il nostro ufficio commerciale di Trevidea s.r.l. 0541.75.64.20 scrivi a: commerciale@trevidea.it e richiedi il nuovo catalogo con oltre 100 articoli selezionati con cura per la cucina e la casa. PM_PUBB_VERIFICA.indd 1PM_PUBB_VERIFICA.indd 109/04/20 17:0909/04/20 17:09Le etichette parlano sempre più italiano Per l’Osservatorio Immagino la bandiera tricolore e i claim relativi all’italianità sono gli elementi più utilizzati sui pack dei prodotti alimentari Francesca Cannella I “bollini” e i marchi che forniscono informazioni e garanzie continuano a guadagnare spazio sulle etichette dei prodotti di largo consumo. Lo evi- denzia la settima edizione dell’Osser- vatorio Immagino Nielsen Gs1 Italy, che incrocia le informazioni riportate sulle etichette dei circa 112.000 pro- dotti digitalizzati a dicembre 2019 dal servizio Immagino Gs1 Italy (alimen- tari, cura della persona e della casa, petcare) con le rilevazioni Nielsen sul venduto; prodotti che nel 2019 hanno sviluppato circa 36 miliardi di euro di vendite, pari all’82% del fatturato tota- le di ipermercati e supermercati. Il logo più presente on pack è sempre quello della bandiera del paese di ori- gine: nel 2019 i prodotti con questo logo sono aumentati dello 0,7% rispet- to al 2018, arrivando a rappresentare il 13,4% del database dell’Osservato- rio Immagino, e hanno fatto registrare una crescita dello 0,5% in termini di vendite, che hanno raggiunto un’inci- denza del 14,6% sul giro d’affari com- plessivo dei prodotti dell’Osservatorio. Al secondo posto vi sono i prodot- ti con i loghi relativi all’ambito della csr (corporate social responsibility), che rappresentano il 7,4% del totale dell’Osservatorio e hanno un’inciden- za sulle vendite del 10,6%; al terzo posto i prodotti con la dicitura “Eu organic” (6,8% del totale e incidenza sulle vendite del 3,1%) e in ultima po- sizione i prodotti con il marchio Ce (2,1% del totale e incidenza sulle ven- dite dell’1,6%). I prodotti che richiamano on pack la loro italianità sono aumentati dello 0,4%, superando quota 20.000, pari al 25,4% dei circa 80.000 prodotti alimentari rilevati dall’Osservatorio Immagino, e hanno generato 7,4 mi- liardi di euro di sell out nel 2019 (+ 2,1% rispetto al 2018), pari al 25,2% dei ricavi totali del food. Il richiamo più diffuso all’italianità è la bandiera tricolore, che si trova sul 14,8% dei prodotti (principalmente affettati, pa- sta di semola, sughi e salse surgelati, vegetali surgelati e preparati avicuni- coli); al secondo posto per presenza sulle etichette c’è il claim “Prodotto in Italia” (9,1%), seguito da “100% italia- no” (6,6%), mentre in termini d’inci- denza sulle vendite, “Prodotto in Italia” (5,7%) viene dopo “100% italiano” (9,5%). Hanno incidenze più basse i prodotti sui quali sono presenti le de- nominazioni di origine e le indicazioni geografiche riconosciute dall’Unione europea: doc (2%), dop (1,2%), igp (1,2%) e docg (1%). Il paniere dei pro- dotti più performanti è rappresentato da quelli dop (+ 7,1% di sell out ri- spetto al 2018), grazie soprattutto al contribuito della categoria del formag- gio tipo grana. L’apprezzamento per le materie prime di grande qualità e la tradizione culina- ria del nostro territorio hanno contri- buito alla diffusione dei prodotti che richiamano l’italianità sulle confezioni. Altro fattore importante è stato l’en- trata in vigore, tra il 2016 e il 2019, di nuove norme che hanno introdotto l’obbligo di indicare l’origine (degli in- gredienti e dell’ultima trasformazione) oltre che per carni, frutta e verdura fresche, uova, miele, olio extravergine e prodotti ittici, anche per il latte e i prodotti lattiero-caseari, il riso, la pasta e le conserve di pomodoro. CRESCONO LE REGIONI IN ETICHETTA Anno dopo anno si sta estendendo l’offerta di prodotti che richiamano in etichetta il nome della regione: nel 2019 rappre- sentava il 10,8% del pa- niere food dell’Osserva- torio Immagino, per un giro d’affari superiore ai 2,4 miliardi di euro (8,1% delle vendite totali). Il Trentino-Alto Adige si conferma la regione con la più alta incidenza sulle vendite (1,1%), ma avan- zano alle sue spalle Pie- monte, Toscana e Sicilia, che negli ultimi due anni hanno fatto registrare performance di vendita molto più alte. Nel 2019 è stato il Molise a realizzare la maggior crescita del sell out (+ 30,7%), mentre nel 2018 era stata la Calabria (+ 30,1%). 22 SCENARI Promotion 4 /2020 SCENARI_OSSERV_IMMAGINO_PM189_3a.indd 22SCENARI_OSSERV_IMMAGINO_PM189_3a.indd 2202/10/20 14:4702/10/20 14:47Il futuro è digitale. Ce lo ha dimostrato il lungo lockdown e l’incredibile salto in avanti fatto nell’uso della tecnologia per informarsi, fare acquisti, restare in contatto, lavorare, persino muoversi grazie a virtual tour. E in questo futuro digitale anche il packaging si trasforma e diventa smart, sfruttando la tecnologia della realtà aumentata e la diffusione capillare degli smartphone, un accessorio di cui non siamo più in grado di fare a meno e che utilizziamo almeno 120 volte al giorno. Si tratta di una vera rivoluzione perché permette ai brand di creare valore e di avere un canale di comunicazione sempre aperto e interattivo con i propri consumatori attraverso un ow- ned media finora poco sfruttato. La confezione non è più solo una protezione fisica del prodotto ma diventa uno strumento digitale interattivo per coinvolgere il consumatore, informare, veicolare valori e key message, fidelizzare e premiare, profilare, promuovere l’up selling e il cross selling. Tutto attraverso lo smartphone dell’utente, senza necessità di toccare la confezio- ne. In modalità contacless retail, come è già stata ribattezzata la nuova esperienza di acquisto nell’era del Covid. Inoltre, se l’efficacia di una campagna si misura in metriche, la realtà aumentata offre una serie di report di dettaglio su ogni interazione, sul tempo di permanenza, sulle condivisioni, sull’orario, sulle ripetizioni dell’esperienza. Molti brand, come Kellogg’s, Nestlé, Coca Cola, hanno intuito il valore inestimabile che il connected pack rappresenta e stanno già cavalcando questa opportunità. Secondo lo studio di Rese- arch and Markets, il mercato dello smart packaging è destinato a crescere del 6,7% all’anno entro il 2025, generando un valore, solo nel Nord America, di 39,52 miliardi di dollari. Ciò riflette la richiesta dei consumatori che sono sempre più attenti all’esperienza generale offerta da un brand: l’80% la ritiene importante quanto il prodotto (Sales Force, 2018) e il 78% vorrebbe più informazioni rispetto a quelle che trova sulla confezione (Digimarc Harris Poll, 2016). Trasformare il pack in un portale digitale è semplice. Da oggi infatti non è più necessario scaricare un’app perché è possibile attivare un contenuto di realtà aumentata utilizzando il web. Basta inserire un QR code sulla confezione e all’utente non resterà che scansionarlo con il proprio device per accedere im- mediatamente all’esperienza di realtà aumentata, per avere tutti i contenuti del brand esattamente nel momento in cui si trova ad interagire con il prodotto, durante l’acquisto o il consumo. Il contenuto può essere modificato in tempo reale per adattarsi a cambi di strategie, promozioni, iniziative stagionali senza la necessità di intervenire nuovamente sul pack. Questo consente di costruire percorsi continuativi di engagement ottimizzando i costi di produzione della confezione e di fornire esperienze sempre nuove che mantengano l’attenzione e l’interesse nel tempo. A cura dell’azienda di Paola Fiorio, responsabile marketing di Viewtoo Viewtoo - via Fratelli Bressan, 2 - 20126 Milano - +39 02 89761181 - www.viewtoo.it - info@viewtoo.it www.viewtoo.it info@viewtoo.it Il connected packaging cambierà la nostra esperienza di acquisto? PRED_VIEWTOO_PM189_2a.indd 3PRED_VIEWTOO_PM189_2a.indd 302/10/20 12:3102/10/20 12:31Investimenti sui media destinati a salire nel 2021 Secondo il Centro studi Una ci sarà un’inversione di tendenza dopo la grave crisi subita quest’anno dal mercato pubblicitario Christian Carosi Nonostante uno scenario di calo a due cifre nel campo degli investimenti pubblicitari per tutto il 2020 a causa della pandemia, la crisi del mercato della pubblicità e le incertezze, le prospettive per il 2021 lasciano ben sperare. Ottimismo e voglia di ripresa infatti prevarranno sul lungo periodo secondo l’analisi di mercato elaborata dal Centro studi Una, Aziende della Comunicazione Unite. Lo studio parte dal dato del 2019, con investimenti pubblicitari stimati intorno a 8,8 miliardi di euro, che nel 2020 si prevede scenderanno a 7,2 miliardi, con una diminuzione del 17,4%. Secondo il Centro studi Una però l’anno prossimo ci sarà un’inver- sione di tendenza e il mercato tornerà a salire (+12%), per giungere a un valore complessivo di 8,1 miliardi di euro. Tutti i mezzi saranno colpiti dall’effetto a lungo termine della pandemia, ma alla fine del 2020 a soffrire maggiormente sarà il cinema (-53,8%), date le chiusure imposte alle sale cinematografiche e allo stop delle produzioni causa Covid-19. Seguono l’Out of Home (-34,4%) e la stampa, suddivisa tra quotidiani (-27,4%) e periodici (-26,3%); su- biscono un contraccolpo più conte- nuto, ma comunque rilevante, radio (-20,1%), tv (-18%) e digital (-12,1%). Per il 2021 il Centro studi Una stima una ripresa più cospicua per alcu- ni dei settori maggiormente colpiti nel 2020, in particolare il cinema (+39,4%, sempre anno su anno) e l’Out of Home (+33,6%). Bene anche digital (+12,7%), tv (+12,4%) e radio (11,1%), mentre risulta più complessa la situazione del mercato editoriale per il quale si ipotizza una ripresa più lenta, con i quotidiani a +1,8% e i periodici a +1.1%. L’inversione di tendenza prevista da Una per il 2021 è confermata dai dati di “media inflation” (un dato d’infla- zione anno su anno, calcolato tenen- do presente anche il livello di audien- ce che ogni inserzione è in grado di generare) che considerano l’aumento o la diminuzione del prezzo degli spazi pubblicitari e che sono frutto dell’elaborazione dei centri media as- sociati a Una con GroupM e Publicis Media. I mesi del lockdown hanno decisamente inciso sul prezzo degli spazi pubblicitari sia per tv (-35,7% ad aprile) sia per digital (-15% per il di- splay e -12,5% per il video, durante il lockdown), ma Una prevede che torni al segno positivo già a partire dall’au- tunno, raggiungendo dati simili al periodo pre-Covid, se non in crescita. “Quest’anno, a seguito di una crisi che ha cambiato radicalmente tante delle certezze e dei modelli strutturali sui quali si fondava il nostro mercato – dichiara Emanuele Nenna, presidente di Una – risulta ancora più fondamen- tale riuscire a comprendere i dati per poter tracciare e anticipare le decisio- ni e soprattutto per riuscire a determi- nare le stime degli investimenti per la prossima stagione. Lo studio che presentiamo è frutto di un importante lavoro di squadra, che include attori che non fanno parte di Una, chiaro segno di quanto il comparto della comunicazione sia oggi rilevante per il tessuto econo- mico, qualcosa cui guardare e su cui investire”. Stima della variazione degli investimenti pubblicitari Fonte: Centro studi Una Cinema Out of Home Quotidiani Periodici Radio Tv Digital -53,8% 39,4% -34,4% 33,6% -27,4% 12,7% -26,3% 12,4% -20,1% 11,1% -12,1% 1,1% -18% 1,8% Nel 2020 rispetto al 2019 Nel 2021 rispetto al 2020 Totale -17,4% Totale +12% 24 SCENARI Promotion 4 /2020 SCENARI_UNA_PM189_3a.indd 24SCENARI_UNA_PM189_3a.indd 2402/10/20 14:4802/10/20 14:48ai159377429413__BRANDLOYALTY_maggio_giugno_2020.pdf 1 03/07/20 13:04PM_PUBB_VERIFICA.indd 2PM_PUBB_VERIFICA.indd 203/07/20 13:0603/07/20 13:0626 SCENARI Promotion 4 /2020 26 La pandemia sta accentuando la disruption della distribuzione L’odierna catastrofe, qual è l’inaspettata e fulminea diffusione del virus, sta generando un grande e caotico dinamismo, e coloro che sono preparati o pronti ad approfittare della situazione distruggeranno progressivamente l’efficacia del know how delle imprese consolidate Daniele Tirelli www.danieletirelli.it (Amagi) Lo scorporo e la dissoluzione di un’a- zienda come Auchan, le sofferenze dei centri commerciali, il trasferimento di goodwill dalle insegne leader verso i discount Aldi, Lidl ed Eurospin in par- ticolare (e ciò anche in categorie che sembravano loro proibite come l’orto- frutta, viste le ricerche collaterali al no- stro Cx Store Award), la penetrazione dilagante di Amazon e dei suoi epigo- ni: sono alcuni dei fatti che inducono a chiederci cosa stia succedendo nella distribuzione al dettaglio. Tutto questo non solo e non tanto come fatturati (attenzione alla schiavitù delle me- triche!), quanto come attitudini e predi- sposizioni di larghe fasce di clienti delle classi medie, influenzate dai “grappoli” di innovazioni nell’attività commercia- le. A complicare ulteriormente il tutto, aggiungiamoci la persistente pandemia e l’enorme, spaventosa, crescente bolla finanziaria di cui tutti sembrano voler ignorare l’incombente presenza. Pertanto, concentriamoci pure sull’im- minente campagna natalizia, ma soffermiamoci anche a riflettere sulle prospettive a 5 o, meglio, a 10 anni del mondo dei consumi. E poniamo- ci anche l’abituale domanda: com’è possibile che grandi aziende, eccellenti nelle procedure e nei metodi che le hanno rese forti e dominanti, possa- no trovarsi in difficoltà spesso gravi? Come presupposto al ragionamento economico-predittivo serve, allora, una buona dose di cinismo, molto più degli auspici e dei pensieri “in positivo”. Nei primi anni ’30, quando si prese atto che ci si trovava di fronte a una grande depressione, Joseph A. Schu- mpeter, economista celebre, abile cavallerizzo e seduttore impenitente, dal suo rifugio privilegiato e sicuro di L’uso individuale del tempo e dello spazio si riconfigura trovando soluzioni diverse, a loro modo più efficienti, dato l’obbligo di convivere con la pandemia. IL CAPITALE UMANO TIRELLI_PM189_3a.indd 26TIRELLI_PM189_3a.indd 2602/10/20 14:5002/10/20 14:5027 SCENARI Promotion 4 /2020 professore di Harvard ebbe a mani- festare il suo rinnovato, entusiastico interesse per quel fenomeno che egli interpretava come un lavacro rivitaliz- zante di un capitalismo debilitato dalla speculazione finanziaria. Schumpeter condivideva (posizionandosi a 180 gradi rispetto a Karl Marx) la visione drammatica di un sistema complesso che non poteva convergere e rimanere in uno stato di generale equilibrio. Egli lo concepiva piuttosto come il risultato di un perenne processo evolutivo, con i foschi tratti darwiniani di una dura selezione, determinata dall’ambiziosa creatività di imprenditori “eroici”, dalle ricadute tecnologiche del pensiero scientifico e dalla fortuna mischiata all’incertezza. Dalle catastrofi (parola il cui etimo è κατά “giù” e στρέϕω “voltare” o rivoltare o ribaltare) del sistema sarebbero scaturite tragiche sparizioni di attività obsolete e svi- luppi di produzioni nuove per nuove esigenze insoddisfatte. Certamente ciò comprendeva un’inevitabile sofferenza che la politica economica può rendere acuta e breve o, viceversa, più tenue ma prolungata. Nel medio-lungo periodo Schumpeter ebbe ragione. Le conseguenze della de- pressione furono molteplici: la nascita del marketing moderno, l’applicazione di nuove tecnologie, ma soprattutto nuovi processi e organizzazioni indu- striali, nonché lo sviluppo impetuoso della moderna distribuzione. L’odierna catastrofe, qual è l’inaspet- tata e fulminea diffusione del virus, porterà conseguenze irreversibili e non tutte negative. Ciò detto, sebbene io sia restio a usare il termine “disruption” parlando dei trend e delle vicende aziendali legati ai consumi, un campo nel quale sono probabilmente un po’ meno ignorante che in altri, lo utiliz- zerò lo stesso. Questo termine, molto spesso usato e anche abusato, non si traduce con “distruzione” (destruction), ma con “creazione di disordine, alte- razione di un equilibrio preesistente”, cioè una situazione indefinibile, ma pur ricca di cambiamenti meritevoli di una riflessione più teorica che cronachistica. Dunque, guardando ai fatti documen- tati dello scenario del largo consumo, la prima vera scoperta, conveniamolo, è di non essere intellettualmente attrez- zati a interpretare l’odierna situazione, maledettamente complessa. I ricorsi a metafore e paragoni storici – la Guerra Mondiale, la crisi del ’29 ecc. – inge- nuamente suggestivi, sono fuorvianti, se non deleteri. Anche le relative prescrizioni terapeutiche che ne discen- dono sono assolutamente eccentriche rispetto alla natura del problema. Il fatto è che la cultura economica della nostra business community è intrisa di un logoro keynesismo. Tutto e sempre viene interpretato come una mancanza di redditi. Ironicamente, oggi accade proprio il contrario, a essere tarpata è l’offerta: dalle proiezioni cinemato- grafiche alle visite dagli estetisti, dagli eventi sportivi ai soggiorni turistici, fino ai percorsi ferroviari e autostradali e via elencando, tutte situazioni che non hanno più i clienti di prima. La paura e la prudenza inducono alla rinuncia. L’uso individuale del tempo e dello spazio si riconfigura trovando soluzioni diverse, a loro modo più efficienti, dato l’obbligo di convivere con la pandemia. Il largo consumo è ovviamente meno colpito di altri comparti e, tuttavia, non è esente dagli effetti della disruption. In sintesi, è in atto un’esondazione merceologica che trasforma i mercati LE CATASTROFI RIVITALIZZANTI DI SCHUMPETER Di fronte alla grande depressione economica dei primi anni ’30 Joseph A. Schumpeter ebbe a manifestare il suo rinnovato, entusiastico interesse per quel fenomeno che egli interpretava come un lavacro rivitalizzante di un capitalismo debilitato dalla speculazione finanziaria. Schumpeter condivideva (posizionandosi a 180 gradi rispetto a Karl Marx), la visione drammatica di un sistema complesso che non poteva convergere e rimanere in uno stato di “generale equilibrio”. Egli lo concepiva piuttosto come il risultato di un perenne processo evolutivo, con i foschi tratti darwiniani di una dura selezione, determinata dalla ambiziosa creatività di imprenditori “eroici”, dalle ricadute tecnologiche del pensiero scientifico e dalla fortuna mischiata all’incertezza. Dalle catastrofi del sistema sarebbero scaturite tragiche sparizioni di attività obsolete e sviluppi di produzioni nuove per nuove esigenze insoddisfatte. Certamente ciò comprendeva un’inevitabile sofferenza che la politica economica può rendere acuta e breve o, viceversa, più tenue ma prolungata. I capisaldi delle nuove strategie di sopravvivenza e di sviluppo sono stati la gestione delle risorse umane e la logistica TIRELLI_PM189_3a.indd 27TIRELLI_PM189_3a.indd 2702/10/20 14:5002/10/20 14:50Next >